Abbiamo incontrato Susanna Branchini, soprano di fama internazionale, impegnata in questi giorni nel ruolo di Abigaille in “Nabucco” all’Arena di Verona. Le abbiamo chiesto della sua esperienza, del suo amore per i ruoli di forte temperamento che la portano ad eccellere e dei suoi traguardi futuri.
Come descriveresti la tua voce?
Potrei rispondere alla domanda da un punto di vista puramente teorico e glissare così una domanda tra le più difficili della mia vita! Da un punto di vista tecnico, la mia è voce di soprano tra lo spinto e il drammatico di agilità. Non amo le classificazioni, ma ultimamente c’è troppa confusione!! Soprani leggeri che cantano ruoli da soprano spinto (e mai il contrario)…soprani che cantano da mezzosoprani…Troppa confusione! Con questo non voglio escludere la possibilità di sperimentare, ma con la consapevolezza che si tratta di un esperimento, magari da non ripetere… Non riesco invece a dare una descrizione emozionale della mia voce, sarebbe un pò come chiedere di guardarmi allo specchio e descrivere quello che vedo…non amo specchiarmi…è un mio limite!!!! D’altro canto si dice che la voce sia lo specchio dell’anima… Torna tutto! Poi c’è da dire anche che chi canta non conoscerà mai il suono della propria voce…è crudele…ma è così. Mi ascolto per necessità (cioè quando studio) ma sono troppo attenta a correggere quello che non va…
Come ti sei avvicinata al canto lirico?
È tutta “colpa” di mia madre! O meglio: ho sempre saputo che mi sarei esibita su un palcoscenico; da piccolina avevo studiato pianoforte e danza classica, e sovente mi toccava esibirmi nei consueti saggi di fine anno che nella maggioranza dei casi si svolgevano in piccoli teatri della mia città,Roma. L’innamoramento per il teatro (per il suo profumo, la polvere, l’adrenalina che si respira dietro le quinte, i preparativi, trucco e parrucco) risale davvero a tanti anni fa, ma ignoravo ancora esattamente quale sarebbe stato il mio “campo d’azione”. Qui entra in ballo LEI, mia madre. Donna caraibica con una tradizione musicale alle spalle, suonava perfettamente pianoforte ed aveva studiato canto lirico ai tempi dell’università in Canada. Figlia di medico che suonava il violino e di un giudice,mia nonna, che suonava il mandolino… Dunque era piuttosto scontato che anche la sottoscritta avrebbe seguito le orme di famiglia…Da parte mia, amavo molto canticchiare in casa, ma essendo molto timida, cercavo il modo di non farmi sentire da nessuno, ma il suo orecchio sempre vigile arrivava ovunque! Quando un giorno mi sentì riprodurre per gioco la famosa e temutissima aria della Regina della Notte nell’esatta tonalità (con tanto di fa sovracuto), venne allo scoperto e mi supplicò di farmi sentire da una insegnante di canto (lei mi avrebbe accompagnata) ,e se caso entrare in un coro. Il suo più grande desiderio era che la musica, sotto qualunque forma, facesse parte della mia vita…. Così tutto cominciò. L’accontentai, anche per non sentire più quella che allora giudicavo una petulante richiesta. Il giorno della famosa audizione davanti a quella che sarebbe stata la mia prima insegnante di canto, ebbi la possibilità di assistere a tutte le altre lezioni della giornata prima che toccasse a me, e fu in quelle ore che capii cosa avrei fatto nella vita….
Verdi è sicuramente il compositore che canti di più…cosa ti rende congeniale la scrittura di Verdi e i suoi personaggi?
Credo si tratti di un caso di empatia….Ricordo che quando cominciai a studiare canto, ripeto, grazie alla mia prima insegnante avevo la possibilità di ascoltare le lezioni degli altri allievi, mi fu data la chance di tuffarmi, giorno dopo giorno, in quest’oceano di musica e conoscere arie (per me allora) totalmente sconosciute e formarmi a poco a poco un gusto personale. Ero assolutamente estranea al mondo della lirica, tutto al più conoscevo Luis Miguel, Eros Ramazzotti (idoli dei miei tempi) ma di opera proprio niente! Mi vennero i brividi quando ascoltai la prima volta “Tacea la notte placida”, avevo l’impressione che il brano lievitasse, si espandesse e attraversasse il mio corpo…Io, principiante, ero ovviamente relegata ai tre mitici volumi del Parisotti…. Ma già sognavo un Trovatore…Lo stesso effetto quando sentii la prima volta “Pace mio Dio”. Per non parlare del primo incontro con “La luce langue” dal Macbeth…. Fu un’emozione grandissima! Sentii vibrarmi l’anima! È quello che mi succede con Verdi: mi cattura, mi soffoca e mi trascina. La sua musica è travolgente pure nella semplicità delle sue armonie. È qualcosa di grandioso, coinvolgente. Unico! E i suoi personaggi! Hanno una forza magnetica…Onestamente prediligo le caratterizzazioni forti, Odabella,Lady Macbeth e il nuovo amore, Abigaille. Adoro le sfide e poi si sposano perfettamente col mio temperamento, ma riesco a trovarmi a mio agio anche con personaggi più notturni e malinconici come le varie Leonore, Elisabetta di Valois, Amelia….Come spiegare tale magia?…È un’elettrizzante combinazione sinergica tra personaggio e vocalità. Attraverso la voce riesco ad esprimere e ricreare un personaggio, tentando di aderire quanto più possibile alle indicazioni disegnate dal compositore, e attraverso il personaggio posso esprimere la mia emotività e sensibilità musicale. Tutto questo con Verdi riesce (quasi) del tutto naturale….
Hai già cantato sia allo Sferisterio di Macerata che all’Arena…quali sono le emozioni e le difficoltà di cantare in un teatro all’aperto?
Certo cantare in Arena è molto suggestivo… È uno spazio immenso, però nonostante questo, il suo fascino sta nel fatto che si crea comunque una situazione “intimista”: hai la sensazione di essere sola in questo magico ambiente. Le luci, la musica e il silenzio attento del pubblico. Lo stesso vale per lo Sferisterio, ma naturalmente in versione più “familiare”. Sono entrambi ambienti creati, o meglio adattati, ad ospitare spettacoli operistici e non necessitano fortunatamente di amplificazioni. Mi riferisco a quelle terribili cimici che ti incollano sulla guancia o sulla fronte che tendono ad appiattire ed omologare tutte le voci. Lo studio di anni ed anni alla ricerca del suono in maschera vanificato in un attimo. Diciamo che l’unica vera difficoltà è l’imprevedibilità metereologica (vento, pioggia e calura!!!!) e l’enorme superficie del palcoscenico che ne limita forse un po’ le scelte registiche.
Hai appena debuttato il ruolo di Abigaille in Arena…come ti sei preparata per questo difficile ruolo e qual è la tua personale visione del personaggio?
Per prima cosa ho cominciato lo studio del ruolo quasi due anni prima affrontandolo in maniera totalmente razionale: in maniera molto lucida ho scaglionato lo studio in ordine di difficoltà. E si sa che le pagine più ardue ed insidiose stanno nell’entrata di Abigaille “Prode guerrier”, nel primo concertato con quei salti spaventosi di dodicesima. Naturalmente recitativo, aria e cabaletta “Ben io t’invenni”. Appena ne avevo possibilità, cercavo di cantare l’aria il più possibile, per esempio nei concerti. In questo modo, frazionando il ruolo, ho imparato a conoscerlo, ad apprezzarlo e superandone le difficoltà ad innamorarmene perdutamente! Di sicuro risulta un personaggio d’impatto, temperamentoso, e gli addetti ai lavori possono supporne le difficoltà, ma soltanto chi lo canta può capirle davvero! Abigaille è una donna ferita abituata a mascherare le sue sofferenze attraverso l’aggressività, per non crollare. Difende le sue fragilità. È sempre stata manipolata dal padre, impostata per essere una guerriera rinunciando alla sua femminilità. Ma dietro la corazza, rimane pur donna, con le sue debolezze e il suo bisogno represso e disperato di amore. Quell’amore che le viene negato dal padre sin dalla nascita e anche dall’uomo per il quale avrebbe dato “regno e core….” Non è una donna crudele e spietata. È in cerca di amore e di tutte quelle attenzioni che le sono sempre state negate. Nella sua rabbia e frustrazione ci leggo molta solitudine. Abigaille non ambirebbe minimamente al potere se solo le fosse stato riconosciuto un briciolo di amore paterno; il suo è solo un pretesto per riversare sul padre tutta la sofferenza di una vita e lo fa nel solo modo che conosce, sguainando la spada. Abigaille finge distacco ed indifferenza. Ma più finge più ne soffre. Nel duetto con Nabucco finge di non essere toccata dalle preghiere del padre, ma in realtà ne è profondamente turbata. Ecco allora spiegata la sua trasformazione (che trasformazione non è) nel corso del dramma, da donna pugnace a donna sinceramente pentita nel quarto atto. Verdi non approfondisce particolarmente da un punto di vista psicologico questo passaggio, ma probabilmente non ce n’era bisogno perchè i “germi” di tale pentimento e quindi di una affettività repressa, sono già ampiamente “sparsi” negli atti precedenti la sua morte. La sua fermezza in realtà è sinonimo di vulnerabilità.
Recentemente sei stata Lady Macbeth a Parigi in un allestimento di Mario Martone. Come ti sei trovata a lavorare con un regista proveniente dalla prosa e dal cinema e in cosa è cambiato il tuo approccio al personaggio?
Non era la prima volta che lavoravo con un regista di prosa o cinema. È l’intelligenza del regista che conta e la sua ricettività nei confronti dei cantanti che sono “esseri particolari”. Mario Martone ha dimostrato grande sensibilità in questo senso, è sempre stato molto attento a quelle che potevano essere le nostre esigenze o necessità. È una persona con la quale si può dialogare, il che è fondamentale. Una persona preparata e pronto a mettersi in discussione. La differenza tra prosa-cinema e opera sono i tempi. La messa in scena di quel Macbeth prevedeva dei filmati che poi sarebbero stati proiettati su uno schermo gigante nel corso dell’opera. Beh….per girare venti secondi di video abbiamo impiegato una giornata intera (avremmo potuto rappresentare l’opera due volte!). Ma è stata una esperienza molto interessante e divertente. Tra l’altro è stato fatto un lavoro di altissima precisione, perché le scene del video dovevano incastrarsi perfettamente con la musica dal vivo ovviamente….So che in genere regista e attore discutono molto il copione, come dire o non dire una battuta. Noi cantanti in questo senso abbiamo i “minuti contati”…c’è poco da discutere….La musica è implacabile!
Forse questa l’unica vera differenza: il tempo e la sua gestione. Il fatto di avere di fronte un regista di cinema non ha cambiato nulla nel mio approccio al personaggio se non i cambiamenti naturali che la crescita del ruolo, attraverso l’esperienza, prevede. Più entro dentro al personaggio (che amo alla follia!) più scopro nuovi aspetti che mi erano sfuggiti. Chiaramente l’intervento di un bravo regista in questo senso è assolutamente propedeutico!
Quali sono i ruoli che vorresti debuttare in futuro?
Fanciulla del West, Manon Lescaut, Ballo in Maschera, Andrea Chenier…
Prossimi impegni
Scaramanticamente rimango un pò sul vago, ma i titoli saranno grosso modo questi: Nabucco, Gioconda, Macbeth e Trovatore…
In bocca al lupo a Susanna Branchini e grazie!
Francesco Lodola