Il 6 settembre è andata in scena l’ultima recita di “Aida” all’Arena di Verona, che chiudeva il festival. Dello spettacolo di Franco Zeffirelli molto si è già detto e quindi è inutile ripetersi: suggestivo, funzionale, ma esagerato.
Il cast radunato per l’occasione è veramente di primo livello.
Sul podio ritroviamo Daniel Oren, in formissima, che ribadisce la sua arte nel dirigere l’opera italiana. Il rapporto tra buca e palcoscenico è perfetto, nulla sfugge al controllo. I cantanti vengono seguiti con un’attenzione straordinaria. Questo perchè Oren è un direttore che ama le voci e le stimola a dare sempre il meglio. Insomma una bacchetta straordinaria, sotto la quale l’orchestra e il coro sembrano ravvivarsi d’entusiasmo.
Alice Marini torna ad essere una precisa e sonora sacerdotessa. Antonello Ceron è un veterano dell’arena e del ruolo del messaggero, e ancora una volta ribadisce la sua solidità.
Carlo Cigni (Il Re) e Giorgio Giuseppini (Ramfis) sono due interpreti autorevoli e affidabili dei propri ruoli.
Alberto Mastromarino (Amonasro) è decisamente più in forma che alla recita del 27 agosto e ci regala un re etiope solido, dal fraseggio imponente che mai scaturisce nella volgarità e in accenti marcatamente veristi.
Ildiko Komlosi è una grande Amneris. E’ certamente una delle più affascinanti che mi sia capitato di ascoltare fino ad ora. La sua è una donna ferita, che per l’amore rinuncerebbe al suo titolo, alle sue ricchezze. E’ una ragazza che sa già di essere una perdente, fin dall’inizio, ma cerca di fare di tutto pur di avere l’amore dell’unico uomo che ama. Quella della Komlosi è anche una principessa estremamente femminile, non è una leonessa. Vocalmente è eccellente perchè tutta l’interiorità di Amneris viene rivelata al pubblico con una sensibilità del tutto particolare. Anche scenicamente la sua interpretazione è incredibile grazie ad una statuaria bellezza che ci riporta alla mente Elizabeth Taylor in “Cleopratra”.
E’ bellissimo assistere alla crescita e alla maturazione di un’interpretazione. E’ il caso di Dario Di Vietri, che è sicuramente stato il Radames più significativo di questa stagione areniana. Questo grazie appunto ad un’interpretazione che ad ogni recita accresceva in sicurezza e padronanza. La voce è sempre di timbro bellissimo, smalto brillante e volume assolutamente rimarchevole. Vorremmo però scegliere un momento della performance di questo tenore ed è la scena finale. Il recitativo “La fatal pietra” può diventare mortalmente noioso, ma Di Vietri fa qui un grandissimo lavoro di cesellatura e risulta emozionante e poeticissimo.

Hui He è l’Aida più insigne dei nostri giorni. La proiezione della voce è pazzesca ed è la dimostrazione che anche in uno spazio particolare e difficile come l’arena si possa interpretare e fare tutti i colori che si fanno al chiuso: basta avere un perfetto controllo della maschera come il suo. La sua interpretazione è un perfetto equilibrio tra tecnica e cuore. Questo il pubblico lo percepisce e per questo la premia alla fine dello spettacolo. Il soprano cinese è il personaggio, si immedesima nella sventurata schiava etiope a tal punto da far supporre l’adozione del metodo Stanislavskij.
Finalmente un’Arena quasi piena che ha accolto tutti con grande successo.
Francesco Lodola