“Buonasera. Oggi mi sembra di rivivere una serata di 14 anni fa.”

Con queste parole, David Zard, ha aperto il suo discorso al termine della serata, la quale non è stata che l’inizio di una tourné che toccherà numerose città italiane per concludersi (temporaneamente) nella magica cornice dell’Arena di Verona il 4 settembre.
Effettivamente, per chi è grande abbastanza da ricordare la presentazione al Gran Teatro nel 2002, le emozioni che sono riaffiorate sono sempre le stesse, anzi, sono addirittura aumentate. Con il debutto di questo nuovo tour 2016 targato Zard le aspettative del pubblico sono state largamente ripagate, sia dal cast, che dai ballerini, ma anche dai tecnici, dai costumisti, coreografi… insomma, da tutti.

Teatro: Notre Dame de Paris torna con coppia Ponce-Di Tonno
Foto di Massimo Percossi

La giornata di ieri (3 marzo 2016) è stata però molto lunga ed è giusto ripercorrerla al meglio. Già dal primo pomeriggio gli artisti e tutto lo staff si sono ritrovati in teatro per provare e perfezionare i brani e le scene che avrebbero dovuto portare in scena da lì a poche ore. Finalmente circa alle ore 20:00, con un leggero ritardo dovuto alle interviste delle varie reti televisive a Riccardo Cocciante e David Zard nel foyer del teatro, si sono aperte le porte e il pubblico è potuto entrare all’interno del LinearCiak. In attesa che facessero accomodare il pubblico molte persone si sono dirette verso i due punti ai lati del bar nei quali è stato possibile trovare una grande varietà di gadgets riguardanti NDdP: dalle calamite, agli zaini, t-shirt, cover per smartphone, dvd e cd della serata in Arena del 2002 fino al libro di sala ben strutturato e curato in ogni sua parte.
Una volta entrato (ora non posso che parlare in prima persona, ma quello che ho provato penso sia stato condiviso da gran parte del pubblico) l’emozione è salita alle stelle. Solo alla vista del tulle illuminato di quell’azzurro ormai familiare e delle due pile di bancali poste ai lati del palco, il tutto accompagnato dalle basi musicali dello spettacolo, la sensazione che per prima è emersa è stata quella di sentirsi nuovamente a casa dopo vari anni (per chi 4, per chi come il sottoscritto 14, ecc) di lontananza. Attendere l’inizio dello spettacolo immaginando quello che stava succedendo dietro al “sipario”, cercando di prevedere cosa sarebbe successo da lì a poco e ricordando tutte le immagini legate a quest’opera scolpite nella memoria, ha creato la giusta dose di ansia, nervosismo ed emozione utile a godersi al meglio lo spettacolo.
Finalmente alle 21:00 le luci si sono abbassate e la sala, ormai gremita di spettatori, è stata travolta da quella magica melodia che ricorre in tutta l’opera, ma che si presenta proprio sottoforma di Ouverture. Nel mentre, uno scroscio di applausi ha accolto quei due personaggi tanto attesi che in penombra si sono sistemati sui rispettivi bancali. Da quel momento in poi le voci, i personaggi, i brani, i movimenti, le coreografie, i costumi, il trucco, le luci e la scenografia hanno saputo concatenarsi dando vita a una vera e propria sinfonia di emozioni.

IL CAST

Frollo
Foto di Melitaea 

Frollo – Vittorio Matteucci: Troppe sarebbero le parole necessarie a descrivere un così maturo, esperto ed emozionante Professionista. Già amato dal pubblico per la sue varie interpretazioni, da Scarpia a Dracula, dall’Innominato a Conte Capuleti, con la ripresa del ruolo del perfido arcidiacono ha saputo dimostrare nuovamente come il passare degli anni non abbia influito sulle sue capacità interpretative e vocali. Vittorio ha saputo portare in scena un Frollo che oltre ad essere dal punto di vista filologico più vicino al personaggio del romanzo, è ancora più consapevole della situazione in cui si trova ad agire, un Frollo maggiormente consumato dall’amore per Esmeralda e un Frollo in grado di dosare in giuste quantità sia la cattiveria che il lato più umano e debole. Rispetto a come siamo soliti ricordarlo, Vittorio è quindi cresciuto interiormente e questo rende giustizia al personaggio che interpreta. Particolarmente apprezzati dal pubblico sono stati i due brani cardine del personaggio Mi distruggerai e Un prete innamorato e quell’ormai celebre “Ti amo” sulle note di Visita di Frollo ad Esmeralda che tutti aspettavamo e che per quella manciata di secondi è riuscito a pietrificare ogni singola persona presente nel teatro. Il tutto ovviamente seguito da un emozionatissimo applauso che ha ricompensato tutti gli sforzi di questo magnifico interprete.

Clop
Foto di Giovanni Daniotti

Clopin – Leonardo di Minno: Dalla barba folta del Principe Escalus ai lunghi dread del “re dei gitani”. Così è cambiato il look di un grande e talentuoso artista, che ieri sera ha dato vita all’agguerrito e allo stesso tempo carismatico Clopin. Col suo timbro di voce riconoscibile tra mille e con la sua potenza, Leonardo ha saputo donare al personaggio quella particolarità che lo distingue e lo distinguerà dai vari Clopin della storia di Notre Dame. Ha saputo bilanciare equamente l’aggressività e la rabbia interiore del clandestino richiedente asilo, del condannato rinchiuso in prigione e del ribelle contro gli uomini di Febo alla protettività, al carisma e alla spensieratezza del mentore di Esmeralda, del capo della Corte dei Miracoli e dell’uomo prossimo a morire. L’interpretazione vocale ottima ha contribuito anche a farmi apprezzare in particolare la dimostrazione di un lato più “umano” del personaggio che spesso, in altre interpretazioni nel corso degli anni, non è del tutto stato trasmesso al pubblico. Anche in questo caso i brani più applauditi sono stati I clandestini, La Corte dei Miracoli e Condannati, nonostante dal mio punto di vista meritavano ugualmente anche Esmeralda lo sai ed Esmeralda io muoio, brano in cui ho potuto percepire tutta l’essenza del personaggio nonostante la brevità dell’inciso musicale. Di certo è stato chiaro sin dal primo momento come Leonardo sia maturato ancor di più dal suo Clopin del decennale e questo va tutto a suo favore e a favore della perfetta riuscita dello spettacolo.

Febo
Foto di Giovanni Daniotti

Febo – Graziano Galatone: Un nome, una garanzia. Non ci si poteva aspettare di meglio da un interprete del calibro di Graziano, sia sul piano vocale che sul piano della pura interpretazione scenica. Rivederlo in scena dopo tanti anni è stato come fare un salto indietro nel tempo e nella memoria. Si percepiva sin dall’inizio dello spettacolo la voglia del pubblico di rivederlo vestire quella maglia di ferro, di risentire quel capitano dal cuore spezzato in due che non solo ha conquistato le due protagoniste dell’opera grazie al suo fascino e alla sua voce, ma anche migliaia di spettatrici (e spettatori) che hanno avuto la fortuna di vederlo esibirsi su quel palco. Dal punto di vista musicale, oltre al masterpiece Cuore in me, Graziano ha interpretato egregiamente Bella e Io ritorno a te, conquistandosi gli applausi e il consenso del pubblico. Dal punto di vista dell’interpretazione egli ha saputo rendere giustizia al luogo comune che solitamente fa associare Febo al personaggio sleale, cinico e “libertino”, portando in scena anche un capitano distrutto da un amore per due donne; quindi un Febo più soldato, ma pur sempre “umano” e meno “automa da guerra”.

Quas
Foto di Melitaea

Quasimodo – Giò di Tonno: “È là, è lui, ma lui chi è?” Semplice, una delle più particolari e migliori voci che si siano mai sentite. Giò di Tonno rimane uno dei personaggi simbolo di questo spettacolo non solo per la sua interpretazione di Quasimodo nel primo tour italiano, ma per l’anima e la voce che ha conferito al personaggio. Per tutta la durata dello spettacolo si è percepito questo feeling che intercorre tra interprete e personaggio ed è risultato talmente naturale nei movimenti, nel canto e nella recitazione da riuscire a trasportare completamente il pubblico anche nei momenti e nelle scene più brevi. Un quasimodo che ha dato il meglio di sé in ogni sua scena, specialmente nel secondo atto, nel quale brani come Le campane, Ali in gabbia occhi selvaggi, Dio ma quanto è ingiusto il mondo e Balla mia Esmeralda hanno suscitato nel pubblico una fortissima emozione dovuta all’intensità con la quale Giò ha portato in scena la sofferenza di Quasimodo. Non è mancato poi, anche per lui, il momento più atteso dal pubblico ossia il “morir” sul finale dell’Opera. Il momento di silenzio che ha preceduto quell’espressione carica di sofferenza urlata al cielo è stato da pelle d’oca; quei pochi secondi carichi di tensione hanno impedito che anche il minimo suono potesse disturbare l’eterno sonno di Esmeralda e hanno permesso a Giò di concludere il brano con un’energia e un pathos senza precedenti. Inoltre è saltato subito all’occhio e all’orecchio come, rispetto agli anni precedenti, egli abbia saputo rinnovare il proprio personaggio donandogli nuove e interessanti sfumature.

Esme
Foto di Giovanni Daniotti

Esmeralda – Lola Ponce: La Zingara che ha fatto innamorare il pubblico italiano, nonostante le numerose aspettative e alcuni dubbi maturati prima dello spettacolo nell’ambiente degli spettatori e fans, non ci ha delusi, nemmeno a distanza di svariati anni; ne è la dimostrazione il caloroso applauso del pubblico che già dal suo ingresso dopo l’Intervento di Frollo l’ha accolta e accompagnata nella sua danza ipnotizzante. Lola, che in questi anni ha vissuto vari momenti speciali tra i quali l’essere diventata mamma e di conseguenza essere cresciuta e maturata come donna, una volta sul palco è riuscita a rievocare quell’animo innocente e allegro che tanto la fa avvicinare al personaggio di Esmeralda descritto nel romanzo di Hugo. La sua spensieratezza, i suoi movimenti, i suoi sorrisi e il suo porgersi al pubblico hanno ulteriormente messo in evidenza la sensibilità e la gioia con le quali si rapporta al proprio personaggio. Vocalmente, nonostante una quasi impercettibile sbavatura nel secondo atto, ha dimostrato di aver lavorato duramente per perfezionarsi; molto pulite le note sul registro grave e gradevolissimi i suoi falsetti nelle note acute. Formidabile in brani come Zingara, Ave Maria pagana e Vivere per amare e molto delicata nei duetti La mia casa è la tua e Ali in gabbia occhi selvaggi. È stato magico rivederla conquistarsi l’amore del pubblico con un’interpretazione che, anche grazie al suo spirito argentino, rende la sua Esmeralda unica in tutto e per tutto.

Fior
Foto di Melitaea

Fiordaliso – Tania Tuccinardi: La rivelazione di questo tour è sicuramente lei, Tania Tuccinardi. Già dai video della presentazione del cast in conferenza stampa tutti, compreso me, avevamo percepito un enorme talento in questa ragazza ed è effettivamente così. Nel corso della serata è stata una continua sorpresa, a partire dal suo primo ingresso che per qualche secondo ha distolto l’attenzione da Esmeralda e Clopin che sulla destra del palco cantavano Esmeralda lo sai. L’ingresso silenzioso di Fiordaliso è stato evidenziato in primis dall’inaspettato color rosso dei suoi capelli che ha spezzato (se così si può dire) una tradizione ormai consolidata; infatti, per chi non conoscesse l’opera, uno dei caratteri fisici del personaggio è sempre stato il color biondo dei capelli. A parte questo piccolo particolare puramente esteriore, Tania ha chiaramente fatto capire a tutti come la parte di Fiordaliso sembri esserle stata cucita addosso. La tessitura vocale del personaggio si sposa perfettamente con le qualità vocali di questa interprete che in passato, sempre con Cocciante, ha già interpretato Giulietta in Giulietta e Romeo. La cavalcatura è stato sicuramente il pezzo in cui meglio ha potuto esibire le sue doti canore e attoriali che fanno di lei una grande artista e una valida Fiordaliso che non ha nulla da invidiare alle precedenti interpreti. Ripeto, una vera e propria rivelazione.

Gringo
Foto di Giovanni Daniotti

Gringoire – Matteo Setti: Ad aprire le porte della cattedrale è stato di nuovo lui, il Poeta per antonomasia, Matteo Setti. Anche dopo aver superato le 600 repliche si è dimostrato all’altezza del ruolo che ricopre, nonostante la posta in gioco fosse molto alta. Sul palco è apparso un Gringoire carico di emozioni e energia derivanti anche da numerose esperienze che lo hanno reso ancora più unico e maturo. Un Gringoire che nonostante lo stesso trucco, lo stesso abito, quell’iconico cappotto blu è mutato nei gesti, nei movimenti e soprattutto nell’interpretazione. Matteo ha riletto e reinterpretato i brani e il personaggio da una diversa prospettiva, quella dell’interiorità e della consapevolezza. Lo ha dimostrato chiaramente ne Il tempo delle cattedrali, Luna, ma anche in pezzi corali molto più movimentati come La festa dei folli e Liberi. La sua gestualità delicata e suggestiva ha acquistato una sfumatura ancor più ammaliante e ha saputo accompagnare una voce potente e intensa. La parte che più ha saputo emozionarmi, come del resto 14 anni fa, è rimasta ancora quel “ma qui ruggisce il cuore della bestia umana, non vedi che Quasimodo è pazzo”, eseguita con una tale carica emotiva da far commuovere me in primis, ma anche numerosi altri spettatori. L’emozione di rivivere la storia accompagnati dalla narrazione di Gringoire/Matteo è ancora oggi impagabile.

BalleriniSpese queste parole sul cast (anche se ne servirebbero altrettante) è giusto dire qualcosa sul corpo di ballo, che, come ha ricordato Zard nel discorso finale, è composto interamente da ballerini italiani. A parte qualche volto noto, la maggior parte di loro si è trovata per la prima volta a debuttare in un contesto particolare segnato dall’emozione di migliaia di spettatori di assistere a una prima impeccabile. Che dire, hanno saputo essere all’altezza di questo colosso . Nonostante adrenalina e agitazione fossero alle stelle, ballerini, breakers e acrobati hanno saputo emozionare tutto il pubblico, che ha potuto constatare come su quel palco ci fosse l’eccellenza della danza italiana. Il pubblico ha particolarmente apprezzato la loro esibizioni su brani come La festa dei folli, La Corte dei Miracoli, Le campane, Liberi e L’attacco a Notre Dame, nel quale una delle transenne ha rischiato di cadere dal palco ma è stata magistralmente salvata e recuperata da un ragazzo del corpo di ballo.
Concluso lo spettacolo, Matteo Setti ha introdotto sul palco David Zard il quale dopo aver ringraziato tutti, compreso lo staff tecnico (che ha svolto un lavoro egregio), ha introdotto a sua volta Nicolas Talar, figlio del produttore Charles Talar, suo figlio Clemente Zard (produttore esecutivo), Martino Müller (coreografo), Gilles Maheu (regista) e, infine, Riccardo Cocciante (compositore). Riccardo ha voluto, come al suo solito, lanciare un messaggio importante a tutto il pubblico cantando a cappella il ritornello di Vivere per amare, per poi lasciare nuovamente lo spazio a Matteo per il reprise de Il tempo delle cattedrali.
Una serata così magica non poteva che concludersi con le parole “oggi è il giorno che verrà”, quel giorno che tutti aspettavano e che finalmente è arrivato.

Nicola Avanzini

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