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Maria Malibran

Uno degli arcani del mondo della lirica di oggi è : ma esistono ancora i divi le dive? Io dico di sì…..non potrebbe essere altrimenti. Qui vi propongo una carrellata di figure che hanno segnato (e segnano) la storia della musica, e vorrei cercare di capire insieme a voi come sono cambiate le figure dei divi dell’opera nelle varie epoche.

Il pubblico operistico che è uno dei più esaltati e scatenati nelle sue manifestazioni(soprattutto in Italia) sembra cogliere da sempre il termine divo, nella sua accezione latina, “divus”, con cui  venivano appellati dal popolo gli imperatori, in segno di devozione religiosa. Un po’ è quello che succede alle primedonne, che vengono spesso idolatrate e ritenute talmente soprannaturali da essere immuni da ogni difetto. Lo seppe bene Maria Malibran, fanciulla dalle sconfinate possibilità vocali: una carriera spesa nei più impervi ruoli sopranili, mezzosopranili e perfino (state leggendo bene..) di tenore.

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Enrico Caruso

Forse però la pagò con una vita spezzata alla giovane età di 28 anni, per una banale caduta da cavallo. Gioachino Rossini (anch’egli suo fervido ammiratore), la descrisse come una degli artisti più geniali della sua epoca, ma anche come una ragazza rovinata dalla natura, che le concesse abnormi capacità e la punì con una precoce fine.

Diversa fine ma stessa probabile punizione divina, toccò a Enrico Caruso, il quale morì a 48 anni per una infezione ai polmoni (organi fondamentali per il canto). Caruso è il capostipite di tutti i tenori moderni e anche dell’odierno star system, poiché fu il primo a credere nelle registrazioni discografiche e divenne il primo vero divo del disco. Nel 1907 la sua incisione di “Vesti la giubba” fu il primo disco di cui furono vendute più di un milione di copie. Caruso fu artista particolare, anche per una vocalità che sembrava in natura baritonale e che lui seppe plasmare sulle tessiture tenorili più disparate, abbracciando un repertorio sterminato e multistilistico. Era travolgente anche sulla scena: ricordiamo il famoso bacio appassionato con Lina Cavalieri, “la donna più bella del mondo”, che verrà portata sugli schermi cinematografici nelle sembianze di Gina Lollobrigida e che verrà soprannominata dal pubblico americano “The Kissing Primadonna”.

 

bc0040bb981f5a15bdecb7684be5d9d2Se pensiamo però alla parola DIVA, è inevitabile che il nostro pensiero corra a due donne che hanno segnato la vita musicale del Novecento: Renata Tebaldi e Maria Callas.
“La signorina” come amava essere chiamata la cantante italiana più osannata del suo tempo, divenne diva leggendaria dopo un incontro con Arturo Toscanini, il quale le diede la sua benedizione, regalandole quell’appellativo che ancora oggi risuona associato alla Tebaldi: “voce d’angelo”. La Tebaldi sedusse le platee di tutto il mondo con quella enorme e gloriosa voce di diamante. Tuttavia è sbagliato ridurre il soprano di Langhirano a “Miss sorriso”. Fu anche lei diva e fece anche lei le sue “litigate” per le proprie convinzioni. Nel 1963 riuscì a convincere Rudolf Bing, direttore del Metropolitan, a mettere in scena per lei “Adriana Lecouvreur”, titolo considerato di poco valore dalla critica americana. Fu proprio in quella occasione che la sua storica rivale commossa dalla sua interpretazione, la volle andare a salutare in camerino. Stiamo parlando di Maria Callas. Questa storica rivalità, che fa “scornare” ancora oggi i melomani, nacque in un periodo di grandi antagonismi: Coppi – Bartali, Lollobrigida – Loren e via dicendo….
13240085_1199663010046586_6692457674524695735_nLa Callas (o qualcun altro per lei) disse malignamente che paragonarla alla Tebaldi sarebbe stato come avvicinare lo champagne alla coca cola. Al di là della sottile perfidia, si trattava di avvicinare due personalità completamente diverse, sia nel canto che nella vita.
Se la Tebaldi fu la diva riservata che eccelleva nelle dolcezze, Maria Callas si pose ad erede della Malibran e della Pasta, riportanto in vita la vocalità del soprano drammatico d’agilità, capace di eccellere nelle agilità di forza e negli slanci drammatici e declamati. Ciò che però rese così moderna e attuale la Callas fu la ricerca del tutto nuova di dare aderenza fisica ai personaggi che interpretava e a creare intorno a sé quell’aura che contribuì a crearne il mito. Il leggendario dimagrimento, le travolgenti storie d’amore e una vita contraddistinta fin dall’infanzia da mille difficoltà affettive, la aiutarono a farla uscire dal recinto della lirica, per farla diventare diva universale.
E dopo di loro? Il vuoto? ASSOLUTAMENTE NO.

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Vittorio Grigolo

Disprezziamo le vedovanze perché la musica e con il tempo cambia anche il nostro modo di rapportarci ad essa. Finiamola con la solita storia che le voci e gli artisti mancano. GRANDE BUGIA.
C’è una generazione di artisti che incarnano oggi il divismo 2.0: tra le signore Angela Gheorghiu, Olga Peretyatko, Irina Lungu, Kristine Opolais, Sonya Yoncheva,  Pretty Yende, Joyce DiDonato, Diana Damrau, Eleonora Buratto, Nino Machaidze. Tra i signori Francesco Meli, Luca Salsi, Erwin Schrott, Ambrogio Maestri, Roberto Alagna, Piotr Beczala, Ludovic Tézier.
Non si può ovviamente parlare di tutti, per cui ne sceglieremo due tra i maschietti e due tra le femminucce.

Jonas Kaufmann e Vittorio Grigolo rappresentano i tenori più richiesti del momento. Hanno dalla loro parte una presenza scenica soggiogante che permette loro di recitare come veri attori, nel caso di Grigolo mettendoci anche troppa enfasi, talvolta.

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Jonas Kaufmann

Jonas Kaufmann è sicuramente interprete ancora più vario del tenore italiano (che sembra seguire le orme di Luciano Pavarotti), poichè la voce ha timbriche particolari, ombreggiate nel centro, ma squillanti e vincenti nell’acuto. Il fraseggio è sempre scaltrito alla perfezione e si adatta benissimo ai diversi stili: quello francese di Werther, di cui ha creato un ritratto paradigmatico, quello verdiano o lo stile della giovane scuola (il suo Maurizio di Sassonia ad esempio in “Adriana Lecouvreur” è incredibile). Sia Grigolo che Kaufmann sono cantanti moderni che hanno quel carisma, tutto tenorile, che fa impazzire le folle.

Tra le dame i nomi più glamour da fare sono due: la russa Anna Netrebko e l’italiana Carmen Giannattasio.

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Anna Netrebko

Anna Netrebko rappresenta la diva dell’antidivismo: tanto regale e superba sul palcoscenico, quanto stravagante e scatenata fuori, con look eccentrici e accessori multiformi. Straordinaria la sua storia da “Cenerentola dell’opera”, passata dal pulire i pavimenti del Teatro Mariinskji di San Pietroburgo a calcare le scene dei teatri più importanti del mondo. Una carriera esplosa grazie ad una personalità fuori dal comune : una vera macchina da guerra, capace di passare nel giro di poche settimane da Adina de “L’elisir d’amore” alla protagonista della Manon pucciniana. Come dimenticare il Gala da Baden Baden del 2007, dove nella prima parte il soprano russo cantò (avvolta in un vestito da Dea oro), un’ipnotica “Casta Diva” e nella seconda parte sulle note di “Meine Lippen, sie küssen so heiß” da la “Giuditta” di Lehar lanciò le sue louboutin in aria, per lanciarsi in una danza scatenata? INCREDIBILE. Tra l’altro ho avuto la grande gioia di conoscerla e sono rimasto sconvolto dalla sua semplicità e quasi una timidezza di fondo che non abbineresti mai una primadonna del genere.

carmen-giannattasio-in-antonio-riva.jpgCarmen Giannattasio dall’altra parte rappresenta la mediterraneità: una presenza scenica che per un critico del “The Telegraph”, ricorda la passionalità di Anna Magnani e una voce che è un concentrato di dolcezza e carnalità. Il regista turco-italiano Ferzan Ozpetek le ha cucito addosso una Traviata al San Carlo di Napoli, assolutamente memorabile,  che lei ha dipinto straordinariamente con le luci dei suoi occhi e dei suoi movimenti. Emozionalte il momento finale del II atto, quando si alzava con dignità e risaliva le scale nel fondo della scena come un “angelo caduto”. Mi ricordo quando la conobbi la prima volta dopo una recita all’Arena, aveva un cappello nero con una veletta che le copriva il suo viso da bambola. Aveva un fascino incredibile. Poi in un’altra occasione le feci un’intervista e mi disse che la lirica oggi deve andare di pari passo al cinema. E lei è una vera diva cinematografica, tale da diventare vera e propria musa dello stilista Antonio Riva e il volto della Maison Bulgari.

Però quello che vi voglio dire alla fine, è questo: che cos’è un divo?…..è un cantante che va alle feste mondane? è la damina con il barboncino nella borsa? NO, no e poi NO. Il divo è un “magnete” per il pubblico, una figura carismatica, che attraverso la musica e il canto crea quella vibrazione che fa “tremare” le pareti del teatro. E’ quella creatura che dà il 100% per dare la vita e i sentimenti a qualcun altro. L’artista è “l’umile ancella del genio creator”. Mai parole furono più azzeccate di queste. L’opera è un arte che nasce sul momento e in quel momento rimane. Il resto è solo un contorno….

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Francesco Lodola

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