La Traviata è l’opera che ispira probabilmente le interpretazioni più diverse, sicuramente per il tema sempre vivo, che è quello dell’amore e morte, ma anche quello della mercificazione del corpo di una giovane donna, che scopre di poter “esser amata, amando”. Da qui tutti i registi ne hanno dato una loro visione, più o meno plausibile e anche i soprani hanno ritratto più volti della stessa protagonista.
L’allestimento di De Ana (qui la recensione della recita del 5 luglio) è moderno nella sua tradizionalità e assicura sia il colpo d’occhio che l’intimità necessaria ad un’opera che è sostanzialmente un monologo della protagonista con i fantasmi della sua anima.
Sul podio abbiamo avuto il passaggio del testimone da Jader Bignamini a Fabio Mastrangelo. Una domanda ci sorge spontanea: perchè questo direttore non dirige quasi mai in Italia? Mastrangelo è bravissimo e assicura una lettura teatralmente avvincente, che non soffre cali di tensione. La visione del maestro barese di Traviata è come di una corsa verso il baratro e la morte e quindi sono il ritmo è spesso febbrile e nevrotico. Tra l’altro l’isteria era uno dei sintomi più comuni nei malati di tisi.
Nei ruoli di fianco ritroviamo Cristiano Olivieri (Giuseppe), Victor Garcia Sierra (domestico/commissionario), Romano dal Zovo (Marchese d’Obigny), Paolo Antognetti (Gastone di Letorières), Alessio Verna (Barone Douphol), Paolo Battaglia (Dottor Grenvil), Clarissa Leonardi (Flora Bervoix). Unica novità Teona Dvali (Annina complice e addolorata).
Dalibor Jenis è un ottimo Giorgio Germont, in possesso di una vocalità vilain che si addice adeguatamente a un personaggio autoritario, che impone la propria volontà a Violetta, attraverso la dialettica dei sensi di colpa e dei rimorsi, utilizzando toni melliflui.
Cristian Ricci è un Alfredo dalla vocalità timbricamente gradevole, che forse avrebbe modo di emergere in modo più deciso in un altro contesto, in un teatro chiuso, dalle dimensioni più contenute. Comunque si contraddistingue per una certa generosità e spontaneità d’accento.
Ekaterina Bakanova emerge su tutti con una prova sensazionale. E’ una Violetta coraggiosa nell’effetto vocale e negli accenti, che non si risparmia mai e arriva alla fine con una freschezza invidiabile. E’ una protagonista eterea, nervosa, ha una forza interiore che si sprigiona in ogni nota e in ogni movimento. Violetta è nella sua interpretazione un “angelo caduto dal cielo”, la reincarnazione della leggendaria Maria Taglioni, la prima grande ballerina romantica.
Foto Ennevi
Francesco Lodola