Carmen è, dopo Aida, la regina delle opere areniane, e quella firmata da Franco Zeffirelli è una produzione intramontabile, perché scorre su binari teatrali ben assestati e scorrevoli. Sicuramente rispetto ad altri allestimenti areniani firmati da Zeffirelli (pensiamo a Il Trovatore o Turandot) ne andrebbe meglio curata la resa teatrale , importante in un’opera come Carmen, che rispetto ai due titoli sopraccitati richiede maggior dinamicità.
Rispetto alla prima (qui recensita) sul podio avevamo Julian Kovatchev, che rispetto a Xu Xhong, propone una lettura più vivace, ma non sempre priva di pesantezze e di tempi eccessivamente lenti. Avremo voluto un’oncia di più intima partecipazione.
Nei ruoli di fianco avevamo il buon Morales di Alessio Verna, lo Zuniga di Gianluca Breda, Gianfranco Montresor e Paolo Antognetti (Dancairo e Remendado) e le due sonore Frasquita e Mercedes (Madina Karbeli e Alice Marini).
Nel ruolo di Escamillo abbiamo ritrovato dopo l’eccellente Giorgio Germont, Gabriele Viviani, voce e interprete autorevole, che con abilità riesce a dominare una tessitura che richiede nitore sia nel registro grave che in quello acuto.
Irina Lungu ha la dolcezza e l’eleganza per essere una Micaela da considerarsi di riferimento, per la morbidezza del canto e per gli accenti che mirano a costruire un personaggio più rilevante e meno ingenuo che sbalza fuori nell’aria e soprattutto nel terzetto finale del III atto.
Alla fine viene ricompensata da applausi scroscianti. Speriamo di vederla presto in Arena anche in altri ruoli più centrali, anche dopo la bellissima prova come Juliette dell’anno scorso.
Dario Di Vietri è un Don José dal canto non solo muscolare ma che accoglie ripiegamenti più lirici, ma di una liricità generosa, simile a quella in cui si esprimevano i tenori lirici italiani degli anni ’50 che frequentavano questo ruolo. Il tenore non è un protagonista monolitico e inerte, ma sa essere coinvolgente e coinvolto, e questo fa intuire che con una frequentazione più assidua del ruolo, l’accento possa diventare ancora più scaltrito.
Certo Don José non basta a fare Carmen, perchè ci vuole una protagonista che sappia coinvolgerlo e creare un’alchimia in palcoscenico. Qui abbiamo avuto solo una metà di tutto questo. Carmen Topciu coglie probabilmente solo una parte di questo iconico personaggio, la parte più frivola e provocatrice, dimenticando che Carmen è un’eroina da tragedia. Il mezzosoprano ha un notevole phisique du role e anche vocalmente la sua prova è in crescendo. Tuttavia le manca quell’autorevolezza (che aveva Luciana D’Intino alla prima) per fare di Carmen, un magnete per il suo José e per il pubblico.
Grande successo per tutti da un’Arena finalmente quasi piena.
Foto Ennevi
Francesco Lodola