Violetta Valery e Giorgio Germont: questi potrebbero essere i secondi nomi di Jessica Nuccio e Simone Piazzola, due stelle del firmamento della lirica. Tuttavia stavolta Violetta ha scelto di amare Germont Padre ed infatti il 18 agosto Jessica e Simone hanno coronato il loro amore e si sono sposati. La sera del 26 agosto ci sarà un altro importante evento: il debutto in un’opera completa di Simone Piazzola all’Arena di Verona, con “Il Trovatore”. Pochi giorni prima mi hanno accolto in casa loro e con grande gentilezza e ironia hanno risposto alle mie domande…..
Innanzitutto come vi siete avvicinati al canto lirico?
Jessica: Io ho sempre cantato e l’amore per la lirica è arrivato in un secondo momento. A quel punto ho iniziato lo studio del violino, il conservatorio e il liceo musicale. Penso che la fiamma per il canto lirico sia sempre stata viva dentro di me. Ho sempre voluto fare la cantante lirica. Ho vinto il primo concorso “Marcello Giordani”, dove mi sentì Fortunato Ortombina, il sovrintendente del Teatro La Fenice di Venezia, che mi volle per “La Traviata” e da lì tutto ha avuto inizio…

Simone: La mia passione per il canto lirico è nata all’età di 3 anni, quando mia madre per farmi addormentare (visto che ero un bambino un po’ irrequieto) mi ha preso in braccio e ha accesso il televisore dove mandavano in onda spezzoni della storia della televisione e ad un certo punto c’era Mario del Monaco con Raffaella Carrà. Quando ho sentito quella voce mi sono calmato e da quel momento mi hanno fatto ascoltare musica lirica per acquietarmi. All’età di otto anni siamo andati, con tante famiglie, a fare un pic nic sul monte Baldo. Io ho preso un ramo, l’ho piantato nella terra e ho annunciato:” dalla scala di casa mia, canta il grande Simone Piazzola”. Ho cominciato a cantare “O sole mio” e una signora si è avvicinata a mia madre chiedendole chi era quel ragazzo che cantava con una voce che non sembrava quella di un bambino di otto anni. Questa signora mi ha presentato Alda Borelli Morgan, che è la mia attuale maestra, da ormai più di 17 anni. Lei mi ha detto che quando avrei compiuto gli undici anni (e la mia voce sarebbe mutata), sarei potuto andare da lei per cominciare a studiare. E’ cosi è stato.

All’età di 18 anni ho fatto il mio debutto al Teatro dell’Opera di Roma come Marullo in “Rigoletto” accanto ad artisti come Roberto Frontali e Renato Bruson. Subito dopo ho cominciato a cantare un ruolo che non affronto molto spesso (ride): Giorgio Germont, che è diventato il mio cavallo di battaglia, e di cui ho cantato 155 recite. Ho cantato qualche ruolo di Donizetti, il Puccini più soft come il Marcello di “Bohéme”, e soprattutto il repertorio verdiano.
Invece Jessica, la tua voce sembra avere più anime e abbraccia personaggi verdiani di diversa consistenza, come Violetta, Desdemona e Oscar….come riesci a bilanciare questi tuoi due lati?
La mia voce non è quella di un soprano leggero, ma una vocalità di lirico pieno, pur avendo una grande facilità nei sovracuti. Mi trovo comoda in più range diversi. Ovviamente ogni ruolo ha delle sue difficoltà che vanno affrontate.
Il mese scorso hai debuttato il ruolo di Desdemona al Macerata Opera Festival, come ti sei trovata in questo ruolo qual è stata l’emozione di affrontarlo per la prima volta?
Mi sono innamorata di questo ruolo. Tutti aspettavano la mia prova con ansia e curiosità, ma tutto è andato benissimo, il pubblico e anche la critica hanno apprezzato…
La Traviata è la vostra opera, quella che vi ha visto protagonisti tante volte insieme….come vedete i vostri rispettivi ruoli?

J: Più passano gli anni e più alcune sfumature sia vocali che psicologiche di Violetta mi sembrano più raggiungibili e più facili in un certo modo. Verdi in generale ogni volta che ci si rimette a studiarlo è una scoperta: scopri passaggi di cui non ti eri accorta prima, sfumature che non avevi notato. Traviata è sempre nel cuore.
S: La cosa straordinaria di Verdi è che scrive tutto….anche gli altri lo fanno, ma Verdi ha un suo modo: i puntini di sospensione tra le parole per esempio, che sono un’indicazione precisa di un desiderio del compositore. Quello che io faccio quando studio un ruolo verdiano è proprio un lavoro sulla lettura di tutte le indicazioni del Maestro, per decifrare il suo desiderio. E’ quello che dovrebbe fare un cantante verdiano. Giorgio Germont è un uomo autoritario, non è cattivo, pensa agli interessi della sua famiglia, ancor prima di pensare al bene di suo figlio. E’ un personaggio che rispetta anche un’epoca passata. Oggi con queste messinscene contemporanee molto spesso il personaggio perde un po’ del suo senso originario. Lui è un papà bigotto, padrone e con il figlio usa il vittimismo, per fermarlo. Dobbiamo pensare a Germont padre come un uomo inserito in una società in cui le apparenze di una famiglia erano tutto, non come oggi, in cui ciò conta gran poco.

Come preparate un nuovo ruolo?
J: Abbiamo due modi un po’ diversi. Io oltre ad essere una cantante, sono mamma e donna di casa, per cui mi impegno sempre per trovare nell’arco di una giornata o della settimana, un momento per andare a studiare. Vado dal pianista e cominciamo a ripetere e guardiamo il ruolo, anche nelle sue difficoltà tecniche, che poi affronto da sola nel mio studio quotidiano, per poi tornare dallo spartitista a fargli sentire. Quando conosco musicalmente bene il ruolo vado dalla mia insegnante e con lei ricominciamo a studiare parola per parola e tutti i momenti musicali, finchè non arrivo in teatro a possedere la sicurezza necessaria.
S: Per lo studio dello spartito io faccio venire il pianista a casa, lo rinchiudo (ride) e si lavora da mattina a sera sulla parte musicale. Mi piace anche solo sentirgliela suonare per farmi un’idea di cosa fare e come trasmettere. Io comincio a cantare subito in voce, grazie ad una mia facilità di lettura, che mi permette di mettere quasi subito “in gola” il ruolo. Questo dono mi aiuta, avendo un’agenda molto fitta e in cui non ho molto tempo tra una produzione e l’altra.

Jessica, hai recentemente fatto il tuo debutto al Teatro alla Scala, qual è stata l’emozione e quali sono state le difficoltà di portare in scena “La cena delle beffe” di U. Giordano, un’opera di rara esecuzione?
J: Difficoltà direi nessuna, ovviamente tantissima emozione. La Scala è sempre stato un grande sogno e finalmente si è avverato. Ora sogno di ritornarci…. La fortuna è stata avere un regista bravissimo (Mario Martone), un direttore stupendo (Carlo Rizzi), e dei colleghi meravigliosi con cui ci siamo frequentati anche fuori dalle prove. E’ stata una produzione serena. La parte di Lisabetta l’avevo studiata benissimo e mi ha entusiasmato interpretare una donna di mafia nello spettacolo pensato da Martone.
Invece tu Simone il 26 agosto farai il tuo debutto in un’opera completa all’Arena di Verona, il teatro della tua città…come ti stai preparando a questo appuntamento?
S: Il ruolo del Conte di Luna ne “Il Trovatore” lo conosco benissimo e l’ho portato praticamente dappertutto. La prima volta l’ho cantato nel 2007 a Spoleto, poi l’ho cantato ad Amsterdam, Macerata e alla Scala. Più che altro sto preparando il debutto in Arena, perchè sarò molto emozionato, essendo Verona la mia città. E’ da tanto tempo che desideravo cantarci e ora è venuto il momento. Spero che il pubblico sia felice. Con il maestro Oren ho già collaborato tante volte e sarà un piacere incontrarlo nuovamente in questa serata cosi importante per me.
La prima ed unica volta che hai cantato in Arena è stato in un Gala con Placido Domingo….e pochi anni più tardi hai vinto il secondo premio e il premio del pubblico ad Operalia….qual è l’emozione di lavorare accanto ad un mito del teatro lirico?
S: Con Domingo ho fatto quel Gala in Arena che era per i suoi quarant’anni di carriera, in cui interpretavo Jago nel IV atto di “Otello”, De Guiche del IV atto di “Cyrano de Bergerac” e Escamillo nel IV atto di “Carmen”. Lavorare con lui vuol dire imparare tantissimo, vedere da vicino i trucchi del mestiere. Quando ho cantato Paolo Albiani nel secondo cast del “Simon Boccanegra” a Madrid, lui cantava il ruolo principale nella prima compagnia e ho avuto modo di vedere tutto quello che faceva. E’ un leone ancora oggi, come il vino, più invecchia e più diventa pregiato.

Tu Jessica, sei ormai diventata una beniamina del pubblico del Macerata Opera Festival, nel quale hai portato la tua Violetta, la tua Gilda e infine Desdemona….quali sono le difficoltà di cantare in uno spazio così particolare e all’aperto?
J: A Macerata c’è un ritorno della voce stupendo. I problemi arrivano con il vento che porta la voce dove vuole e porta via anche il suono dell’orchestra. Ciò vuol dire che bisogna stare molto attenti al direttore d’orchestra e non perdere mai il contatto con lui. Poi c’è l’umidità che spesso fa da barriera.
S: Cantare all’aperto è sempre una sfida, poiché è un contesto sicuramente diverso da quello a cui siamo abituati.
Come vi trovate nelle produzioni contemporanee, lontane dalla tradizione?
J: Io mi diverto a mettere in scena quello che mi propongono. Per questo motivo molti registi mi apprezzano e mi richiamano. Henning Brockhaus mi ha fatto molti complimenti per il mio modo di interpretare Violetta nella sua Traviata. Non mi creo il problema di dovermi muovere molto sulla scena. Non credo più al vecchio modo di porsi in scena e nell’idea di teatro del passato. Non è più concepibile il cantante che si piazza immobile sul palcoscenico. E’ anche bello potersi mettere in discussione e alla prova nella recitazione.
S: Oggi è necessaria una duttilità scenica maggiore rispetto al passato. E’ intrigante affrontare nuovi spettacoli e misurarsi con nuove idee.

Quali sono i ruoli che vorreste affrontare nel futuro?
J: I ruoli che mi piacerebbe affrontare sono molti: Juliette in “Roméo et Juliette” di Gounod, Giulietta ne “I Capuleti e i Montecchi” di Bellini, “Manon” di Massnet. Amo molto i ruoli che canto e quindi più che altro mi piacerebbe ripeterne alcuni, come Lucia di Lammermoor, che vorrei portarla in Europa, dopo il debutto in Oman e Liù in “Turandot”, un ruolo che mi ha affascinato profondamente. Durante la prossima stagione riprenderò Gilda del “Rigoletto” e Micaela in “Carmen” al Teatro di San Carlo di Napoli. Durante quest’anno ho fatto otto debutti e quindi credo che cercherò di consolidare i ruoli nuovi che ho affrontato.
S: Io sto già preparando degli importanti debutti come Riccardo ne “I Puritani”, il Duca di Nottingham in “Roberto Devereux” accanto ad Edita Gruberova, Renato in “Un ballo in maschera” al Teatro dell’Opera di Roma con Jessica che debutterà Oscar. Ho più di un sogno nel cassetto, tra cui Don Carlo in “Ernani” e magari ritornare in Arena con un’opera che amo moltissimo: “Simon Boccanegra”.
Da artisti che portano l’Italia nel mondo, quale potrebbe essere la soluzione per risolvere la grave crisi che sta colpendo il mondo della lirica e della cultura nel nostro paese?
S: La soluzione credo sia la trasparenza, meno promesse e più fatti. Oggi le condizioni di lavoro non sono delle migliori in Italia, perchè i problemi non ti vengono comunicati prima della firma del contratto. Io canto per passione e quindi posso accettare di cantare per amore del mio lavoro, nonostante le difficoltà. Bisognerebbe ricostruire tutto il sistema da zero.

J: E le persone che hanno compiuto un errore non andrebbero spostate da un teatro all’altro, perchè così non si risolve alcun problema, ma non si fa altro che spostarlo.
In Italia, rispetto al resto del mondo, la frequentazione dei giovani a teatro è molto bassa….L’Italia da questo punto di vista è ignorante, perchè nelle scuole manca un intervento per diffondere il nostro patrimonio artistico. Io a 13 anni ho visto “La Traviata” in VHS, ma devo dire che nella mia famiglia l’opera non si conosceva, perchè i miei genitori non erano mai stati in teatro. Si deve fare musica nelle scuole, ma non il flauto. Si deve fare cultura, ascoltare a scuola. La musica è terapia per i bambini e crescita.
S: Io sarei ben lieto di andare nelle scuole a cantare per i ragazzi e parlare con loro, perchè la prima idea che hanno di questo mondo è che è un museo mummificato.
J: La domanda che io pongo a chi mi dice che l’opera noiosa è se l’hanno mai ascoltata. Il più delle volte non la conoscono ed è per questo che si esprimono così. Io però concordo con loro in un certo senso….
S: Sì, perchè i teatri molto spesso non incentivano. Bisognerebbe, durante le produzioni inserire una recita per i ragazzi, aperta gratuitamente (o con un prezzo simbolico) ai ragazzi delle scuole.
J: Io rimango convinta che però la scuola debba avere un ruolo fondamentale: nelle nostre scuole non si parla di arte in generale.
S: Io ricordo quest’insegnante a scuola media che ci faceva vedere film storici, che ci rendevano meno pesante il programma scolastico. In questo modo mi sono innamorato ad esempio de “Il Gattopardo” e di quel periodo storico. Così è tutto più divertente.
J: Ad una delle recite di “Otello” a Macerata abbiamo portato nostro figlio Diego e siamo rimasti stupiti della sua emozione e della sua capacità di saper applaudire al momento giusto. E’ riuscito a modo suo a capire l’opera e questo è un segno che bisognerebbe coltivare la sensibilità artistica dei bambini fin da subito.

Avete lavorato entrambi con grandi bacchette, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Daniel Barenboim….quanto è importante avere un direttore di quel calibro al proprio fianco?
S: Lavorare con questi artisti è molto semplice, perchè loro sembrano collegati ai cantanti. Ti capiscono con un solo sguardo e sanno crearti le condizioni per dare il tuo meglio. Respirano con i cantanti e fanno musica con loro. E’ straordinario come questi direttori capiscono tutte le tue intenzioni e fanno sì che tu le possa realizzare nel migliore dei modi. Quando abbiamo fatto “La Traviata” con Jessica a Valencia, Zubin Mehta è venuto nel mio camerino e mi ha chiesto di debuttare con lui Don Carlo ne “La forza del destino”. Mi ha convinto spiegandomi perchè voleva la mia voce e l’ho fatta.
Simone farà il suo debutto nel teatro della sua città, ma anche tu Jessica hai cantato nel teatro della tua città natale, il Teatro Massimo….quali sono state le emozioni di quelle recite?
J: Sono stata molto contenta di cantarci, anche se forse è stato il debutto meno sereno della mia carriera, poichè sentivo il peso delle aspettative che aveva la gente che mi conosceva e che mi sarebbe venuta a sentire. Quest’anno tornerò sicuramente più tranquilla e con “La Traviata”, accanto a Simone. Non vedo l’ora di essere nella mia terra e tra la mia gente.

Prossimi impegni…
S: L’impegno più importante è stato il 18 agosto, il nostro matrimonio. L’impegno più imminente è il 26 agosto con “Il Trovatore” all’Arena di Verona, poi sarò in tournèe con il Teatro alla Scala con “Simon Boccanegra”, un’opera che mi ha portato a vincere il premio Abbiati. A settembre sarò Renato in “Un ballo in maschera” a Roma accanto a importanti colleghi come Francesco Meli, Hui He, Serena Gamberoni (che si alternerà a Jessica) e Dolora Zajick, straordinaria cantante con la quale ho fatto “Il Trovatore” a Berlino. Sarò all’Opera di Firenza come Marcello nella Boheme, con Jessica nel ruolo di Mimì e Daniel Oren sul podio. Farò un concerto per la stagione dei Rosenblatt Recitals a Londra, con un programma che va dalle liriche di Tosti fino a Verdi. Poi c’è un grande evento che mi emoziona molto, perchè per me significa la chiusura di un cerchio. La mia insegnante, Borelli Morgan, ha un nipote piuttosto importante, Ferruccio Furlanetto, con il quale ho sempre sognato cantare. Ebbene sarà Filippo II nel “Don Carlo” al Teatro alla Scala dove io sarò Rodrigo.
J: Oltre agli impegni in comune sarò Gilda in “Rigoletto” a Liegi e a Napoli, poi sarò Violetta ne “La Traviata” alla Fenice di Venezia e Micaela in “Carmen” a Napoli.
In bocca al lupo Jessica e Simone e Grazie!
Francesco Lodola
Intervista realizzata il 12 agosto 2016