04Stefano Secco è uno dei migliori tenori italiani del momento e spicca anche tra i nomi internazionali, per grandi qualità vocali e interpretative. L’estate 2016 lo ha visto protagonista come Rodolfo ne “La Boheme” a Savolinna, nella tournée del Teatro Regio di Torino, con la direzione di Gianandrea Noseda, e poi come Don José in “Carmen” all’Arena di Verona, dove ha riscontrato un personale e grande successo.  

Stefano, come ti sei avvicinato al canto lirico?
Mi sono avvicinato al canto lirico da bambino, ascoltando in particolare le voci tenorili, tuttavia prima di studiare canto lirico mi sono diplomato al conservatorio in percussioni sotto la guida di Tullio de Piscopo, e prima di salire sul palco come cantante, l’ho fatto come percussionista. Quando ho iniziato a cantare non sapevo che registro fossi, ma poi ho scoperto che l’estensione era quella di tenore. Da lì ho cominciato a studiare seriamente e ho partecipato al mio primo concorso, l’As.Li.Co, che ho vinto. Dopo quella vittoria è cominciata la mia carriera, ho incontrato il mio primo agente e ho affrontato fin da subito ruoli importanti in teatri importanti. Ho debuttato come Fenton in “Falstaff” e subito dopo Rodolfo ne “La Boheme” al Teatro Regio di Parma.

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©Foto Ennevi

Oggi, dopo alcuni anni di esperienza, come definiresti la tua vocalità?
La mia voce rimane quella degli inizi, ossia di natura sostanzialmente lirica, ma che con la tecnica e l’esperienza ha acquisito un suono più corposo e la possibilità di affrontare ruoli più spinti. Ho continuato tecnicamente a studiare, andando di pari passo con l’evoluzione naturale della voce. Non ho però mai abbandonato i ruoli degli inizi come Nemorino de “L’Elisir d’amore”, che ho affrontato recentemente a Vienna e Alfredo de “La Traviata”, che riprenderò a gennaio 2017 a Seattle. Inoltre ho cantato quest’estate a Savolinna (Finlandia), Rodolfo ne “La Boheme”, sempre con “che gelida manina” in tono. Credo sia fondamentale tenere sempre la voce agile e quindi tenere questi ruoli che me lo permettono di fare.

Nel tuo percorso si nota che una notevole parte è dedicata al repertorio francese – Hoffmann ne “Les Contes d’Hoffmann”, Romeo in “Roméo et Juliette e Don Jose in “Carmen”- come ti senti in questo repertorio?
La gioia e l’onore più grande è stato cantare Hoffmann in Francia, all’Opéra Bastille di Parigi, perché cantare forse, l’opera più impegnativa del repertorio tenorile francese, nel più grande teatro della nazione è un grandissimo traguardo. Il repertorio francese mi è sempre interessato molto. Canto anche Faust, Werther, Des Grieux nella Manon di Massnet, e all’inizio della carriera ho cantato Nadir ne “Les pêcheurs de perles “. Per cantare il repertorio francese ci vuole una pronuncia diversa dall’italiano e quindi un’emissione diversa. L’opera francese richiede una linea di canto da cui non puoi uscire. Questa cosa ti può limitare, ma ti aiuta a fare il legato, senza mai perdere di vista lo stile, ti orienta verso un suono puro, che non permette interpretazioni troppo caricate e volgari. Carmen può essere considerato un capitolo a parte, anche se nel duetto con Micaela, trionfa il lirismo, e quindi un accento fuori posto potrebbe rovinare quell’atmosfera. Anche in Carmen c’è molto belcanto, anche nel duetto finale.

 

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©Foto Ennevi

Chi è per te Don José?
Mi è capitato di farne alcuni diciamo meno “ipocriti” e altri meno sinceri. La produzione di “Carmen” che ho fatto all’Arena di Verona, l’ho trovata un po’ strana, per via dei recitativi, poiché lui sembra sinceramente innamorato di Micaela all’inizio, per poi avere un vero colpo di fulmine per Carmen. Mi sono accorto che spesso dei recitativi vengono tagliati per dare al personaggio un carattere più coerente, tuttavia stiamo parlando di un personaggio che fa delle azioni impossibili da condividere. E’ uno stalker, ossessionato da Carmen, e la cui passione diventa una vera e propria ossessione compulsiva. Credo sia violento sin dall’inizio, ma Carmen è complice dello scaturire della sua violenza, perché psicologicamente sono due personaggi che si incastrano e che hanno bisogno l’uno dell’altra. Quando alla fine Carmen è avvertita da Mercedes e Frasquita della presenza di Jose, lei non se ne va, ma ancora una volta vuole parlargli. Non si capisce se sia Carmen stessa a volersi fare uccidere o se vuole soltanto dimostrare il suo coraggio impavido, anche davanti al pericolo di morte.

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©Foto Ennevi

Ormai la tua frequentazione dell’Arena di Verona è quasi abituale, quali sono le difficoltà e le emozioni di cantare in questo spazio?
Ho debuttato in Arena nel 2011 in “Roméo et Juliette”. Le emozioni sono sempre tantissime, perché non c’è nessun teatro al mondo che sappia creare quell’atmosfera, con quei numeri di pubblico. Le preoccupazioni ci sono sempre, per l’enormità dello spazio e per la sensazione di cantare scoperti, poiché il vento spesso non ti permette di sentire l’orchestra. Però ne vale sempre la pena cantare lì, cantare davanti a così tanta gente è fantastico. Le produzioni poi (specialmente quella di Carmen firmata da Zeffirelli) sono spettacolari, sia da vedere che da cantarci.
Tu però non sei nuovo ai teatri all’aperto, avendo cantato anche a Torre del Lago e a Macerata….qual è la cosa speciale che ha l’arena?
L’Arena è speciale come monumento, da sola, senza spettacolo. E’ un luogo che ha la magia in sè stessa, una location unica. Poi come storia musicale è un teatro che ha visto passare tutte le più grandi voci ed è entrata nel mito.

Tornando a Carmen….L’hai cantata anche in allestimento non tradizionali, come quello del Teatro La Fenice, con la regia di Calixto Bieito….come ti trovi in questi spettacoli diversi?
Non amo molto gli spettacoli moderni, ma la Carmen di Bieito era sì moderna, ma era molto credibile e coerente. Devo dire che per trasmettere la coerenza della storia quell’allestimento era fantastico. Era sicuramente uno spettacolo molto forte ma che mi è piaciuto molto fare.
13620833_1008785715883774_8750817071613810240_nL’anno prossimo ci sarà il debutto come Manrico ne “Il Trovatore”, un altro ruolo importante di Verdi, dopo Stiffelio e Don Carlo….quali sono le caratteristiche della vocalità tenorile verdiana?
Al tenore verdiano si richiede il legato, principio fondamentale per cantare Verdi, e controllo per le note di passaggio, elemento che viene dal canto donizettiano. Verdi come Donizetti insiste sul passaggio, che deve essere sfogato ma sempre morbido. Il canto di Verdi deve essere sempre morbido. Opere come Rigoletto e Lucia di Lammermoor ti insegnano a cantare, come dicevano i cantanti di una volta. L’altra cosa importante è la dizione, che però non deve essere troppo rigida, se no rischia di spezzare il legato. Bisogna trovare una via di mezzo tra lo scandire le parole e far sì che il cantabile venga risolto molto bene. Per alcuni ruoli, come Otello, è importante anche il declamato, che necessità anch’esso di una sua misura.

Quali sono i ruoli che sogni di debuttare nel futuro?
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Diciamo che tutti i ruoli che sognavo li ho affrontati. Manrico è un ruolo che mi veniva proposto da molto tempo e che solo ora ho accettato, poiché prima non credevo fosse il momento giusto. Dopo il debutto all’Opera di Roma lo riprenderò a Graz. Sono contento dei ruoli che canto oggi, per cui non ho voglia di debuttarne altri.
Quali sono stati da studente di canto i tuoi punti di riferimento, i tuoi modelli?
Non ce n’è uno in particolare. Ma io all’inizio ho avuto l’onore e la fortuna di essere un allievo di Franco Corelli. Li ho ascoltati tutti, dalla generazione di Corelli, fino a Pavarotti, Domingo e Carreras. Da ciascuno di loro ho cercato di carpire e imparare qualcosa. Ho ascoltato moltissimo Aureliano Pertile e da piccolo ho amato tantissimo Enrico Caruso.
C’è un insegnamento o delle parole, che Franco Corelli ti ripeteva, e che ancora oggi ti vengono in mente mentre studi?
Mi ricordo quasi tutto quello che Corelli mi diceva, ma lì per lì non capivo quasi nulla di quello che lui volesse dirmi. Negli anni però tutte le cose che mi ha detto, le ho assimilate e capite profondamente. Alcune le capivo dopo averle messe in pratica.
Mi ricordo che mentre vocalizzavamo e arrivavamo al Sib acuto, mi diceva che io quel suono non avevo bisogno di “aprirlo” e che sarebbe stato un suono “chiave” per la mia vocalità, e io non capivo bene cosa intendesse. 03Nel tempo ho capito cosa voleva dire. Mi diceva di rimanere sempre così ed io non ho mai cambiato linea.

 

Il tuo ultimo debutto è stato Stiffelio alla Fenice di Venezia, un’opera verdiana che viene messa in scena raramente….quali sono le difficoltà di questo ruolo che solo pochi tenori hanno affrontato?

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©Robert Workman

La difficoltà di questo ruolo è che si gioca principalmente sulla prima ottava e che quindi per il tenore è molto grave. Guardando le edizioni storiche è un ruolo che è stato affrontato da tenori di grande peso, come Del Monaco, ma l’edizione originale e senza tagli, risulta molto diversa, anche per i colori che vengono richiesti al tenore. Ho cercato, anche insieme al maestro Rustioni che dirigeva, di avvicinarmi alle indicazioni di Verdi e ne è uscito qualcosa di diverso e molto interessante da cantare. E’ un tenore verdiano a tutti gli effetti, anche se non possiede una vera e propria aria.


Recentemente è uscito anche il tuo primo solo album per Delos, intitolato “Crescendo”, in cui c’è praticamente tutto il tuo repertorio. Quanto è importante per un cantante lasciare al pubblico una testimonianza discografica?

Oggi sembra che il mercato discografico della lirica non funzioni molto bene. Credo però sia fondamentale lasciare una “fotografia” al pubblico di un momento della propria carriera. Fino ad oggi non avevo fatto un album da solo, poiché non mi era stato ancora proposto. Quando la Delos lo ha fatto sono stato molto contento di portare la mia esperienza su cd, mettendo all’interno un po’ tutto il mio repertorio e qualcosa di non ancora debuttato, come l’aria del Trovatore e l’aria de “La Juive”. Il titolo “Crescendo” l’ho dato io, e si deve intendere sia come un crescendo musicale, ma anche come una crescita musicale mia, che mi ha permesso di affrontare alcuni titoli. L’incisione è avvenuta in pochi giorni e questo rende le cose più difficili.

12976847_943915835704096_8022858638865076143_oC’è qualche ruolo, tra quelli del cd e quelli che hai affrontato in passato, che vorresti riprendere, ma che non ti è stata più data occasione di cantare, per esempio Romeo?
Romeo l’ho cantato una sola volta all’Arena di Verona e nessuno me l’ha più proposto, mi piacerebbe lo facessero, poiché è un ruolo bellissimo da cantare. Ogni due anni faccio “Lucia di Lammermoor” e anche quest’anno la farò a Pechino con Valery Gergiev. Riprenderò “La Traviata” e più avanti riprenderò un ruolo che amo tantissimo, ossia Riccardo di “Un ballo in maschera”.

Prossimi impegni….
“Il Trovatore” a Roma e Graz, sarò nuovamente Hoffmann ne “Les Contes d’Hoffmann” a Parigi, un impegno importante, “Lucia di Lammermoor” a Pechino e “La Traviata” a Seattle. Poi ci saranno altri bellissimi progetti a cui tengo molto.

In bocca al lupo a Stefano Secco e grazie! 

Francesco Lodola 

Intervista realizzata il 22 agosto 2016

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