DSC_6333.jpgPochi musicisti e artisti hanno il potere di entrare talmente nel cuore degli appassionati da diventare miti. Zubin Mehta è sicuramente uno di questi:
una carriera costellata da tante serate leggendarie e da esecuzioni che sono entrate a pieno diritto nella storia della musica.

La serata di Verona è stata un’altra serata gloriosa, da aggiungere alle altre. L’Accademia Filarmonica si è aggiudicata ancora una volta la presenza di uno dei più prestigiosi nomi del mondo della musica e di una delle più importanti compagini orchestrali d’Italia e del mondo. L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino è nata sotto le mani di Vittorio Gui e durante tutta la sua storia ha avuto grandi guide, da De Sabata, a Serafin, Furtwängler, von Karajan, fino a Bartoletti, Maazel, Muti e Mehta, che è direttore principale dal 1985 e direttore onorario a vita dal 2006.

dsc_6304L’intesa tra l’orchestra e il direttore è evidente, la loro affinità, il loro connubio così profondo e felice. L’ensemble fiorentino offre una prova di grandissima raffinatezza e precisione in tutti i dettagli strumentali, che emergono con brillantezza e trasparenza. Mehta li guida con la sua insuperabile eleganza, con un gesto che non è mai eccessivo, ma sempre contenuto ed ispirato. I tempi scelti non sono mai impetuosi, ma sempre meditati e meditativi. Le accensioni non si manifestano mai scompostamente, ma crescono all’interno del suono che diviene sempre più rotondo e fiammeggiante.

Meditazione e accensione, tempesta e impesto o come direbbero i tedeschi: “sturm und drang”. E’ in questo clima che possiamo collocare la Sinfonia N.8 in Si minore di Franz Schubert, del 1822, celebre come “Incompiuta”. Un grande capolavoro sinfonico, di grande impatto emotivo e di enorme ricchezza musicale, in cui il potere malinconico della melodia si intreccia con l’ardore della giovinezza, e di cui ci rimangono appunto i primi due movimenti (Allegro moderato, Andante con moto) e un abbozzo della partitura orchestrale del terzo, lo Scherzo, forse per stessa decisione di Schubert. Come tutte le partiture incompiute, “Turandot”, il Requiem mozartiano e la stessa Sinfonia N.9 di Bruckner (eseguita nella seconda parte), il mistero arricchisce il fascino di queste pagine di musica e crea intorno a loro un’aura mitica. dsc_6257Qui Mehta ci ha dato una lettura areata, piena di delicatezza e di trasparenze.

Come già detto, nella seconda parte un altro monumentale capolavoro del repertorio sinfonico, la nona sinfonia in Re minore di Anton Bruckner. Come ha scritto uno dei più affermati studiosi del compositore austriaco, Sergio Martinotti, sembra che Bruckner componendo quest’opera fosse cosciente della sua imminente fine e questo si evincerebbe nell’andatura estatica del pezzo, come un’attesa illuminata dai bagliori di un cielo notturno. In questa seconda parte l’Orchestra del Maggio ha dato il suo meglio, con lussureggiante pienezza di suono e forza espressiva.

Alla fine ovazioni per Zubin Mehta, da parte di un teatro esaurito in ogni suo settore.

Francesco Lodola

Foto: Maurizio Brenzoni

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