Capita che ci siano delle serate in cui si respira un’atmosfera particolare, in cui si capisce fin dall’inizio che saranno delle grandi serate, una di quelle che non si dimenticano più. Ecco quella di ieri sera (25 settembre) è stata una di queste. Tutto grazie ad Antonio Pappano, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e al violino di Gil Shaham.
Il programma era costruito su tre autori ottocenteschi: Gioachino Rossini, Pëtr Il’ič Čajkovskij e Camille Saint-Saëns, i quali hanno sicuramente in comune l’attenzione per l’orchestrazione e per l’esaltazione dell’organico orchestrale in tutte le sue multiformi possibilità.
La sinfonia della “Semiramide” di Rossini che apriva la prima parte del concerto, è caratterizzata dal ritmo incalzante e dalla maestosità, in cui si aprono anche oasi di cantabilità. Pappano riesce al meglio qui, mettendo in pratica ciò che è il vero crescendo rossiniano, una crescita non in velocità, ma in intensità del suono. L’orchestra romana è meravigliosa nel seguire le indicazioni del direttore e riesce ad essere superba nel passaggio graduale dal piano al forte.
Il Concerto in Re maggiore per violino e orchestra, Op. 35 di Čajkovskij è un vero e proprio monumento della letteratura concertistica e del repertorio violinistico. E’ anche uno dei brani di musica “classica” più celebri, per il virtuosismo pirotecnico e per l’intensità emotiva. Si tratta infatti di uno dei vertici della storia della musica tardo-romantica, passaggio obbligato per ogni grande violinista. Qui avevamo la magia di Gil Shaham, artista intenso, che non temendo nessuno degli scogli tecnici della partitura, ci dona un’esecuzione elettrizzante, energica, emozionale ed emozionante, sempre accompagnato da una compagine orchestrale in stato di grazia. Al termine quindici minuti di applausi e il pubblico che sembrava non volesse smettere di applaudire. Shaham ha poi concesso due bis, ottenendo ancora una volta acclamazioni da stadio.
Nella seconda parte abbiamo ascoltato la Sinfonia n.3 in Do minore “Sinfonia per organo”, Op. 78 di Camille Saint-Saëns, un altro grande esempio di repertorio tardo romantico, in cui emerge l’ampliamento che subisce l’organico orchestrale in quell’epoca, con la presenza di strumenti atipici, come il pianoforte e l’organo. Ciò che più scolpisce del compositore francese, come anche nelle sue composizioni per il teatro, è la scaltrezza e la maestria nel gestire le diverse timbricità, esaltando tutte le carte migliori dei diversi strumenti, ottenendo lussureggianti sonorità, accentuate ancor di più dalla magnifica concertazione di Pappano, direttore impareggiabile per la tensione che riesce a creare nell’arco esecutivo e per l’eleganza del gesto e la capacità di comunicazione con l’orchestra. Quest’ultima merita ancora una volta una lode, confermandosi la più importante e eccezionale compagine orchestrale italiana e una delle migliori al mondo. Gran finale a sorpresa con la Sinfonia de “Il Barbiere di Siviglia”.
Un grande concerto premiato dall’entusiasmo del pubblico assolutamente conquistato da Pappano, la sua orchestra e il violino incantatore di Shaham.
Francesco Lodola
Foto: Maurizio Brenzoni