Celso Albelo è uno dei tenori più richiesti al mondo, che ha legato il suono nome al grande repertorio del Belcanto italiano, diventando un interprete di riferimento per ruoli come Arturo ne “I Puritani”, Edgardo in “Lucia di Lammermoor”, Tonio ne “La fille du régiment” e Nemorino ne “L’Elisir d’amore”. In questi giorni sarà Werther nell’opera di Jules Massenet al Teatro Comunale di Bologna (16, 20, 23 dicembre 2016). Con l’occasione abbiamo avuto il piacere di poter parlare con lui di questo ruolo, del suo percorso e dei suoi progetti futuri.

Come ti sei avvicinato al canto lirico?
Io sono nato alle Canarie, dove vi è un forte folclore e dove ci sono dei posti dove si suona la chitarra e si canta. Lì ho iniziato a suonare e a cantare, ma dopo averlo fatto rimanevo afono. Così ho pensato che forse sarebbe stato utile prendere qualche lezione di canto per poter cantare tutte queste canzoni, come “Granada” e “Besame mucho”. La mia prima insegnante di canto Pilar Catro mi aperto al mondo dell’opera, che è diventata per me una “droga”. Sono rimasto talmente colpito che ho voluto rimanerci dentro.
Durante il tuo percorso hai avuto modo di studiare con il grande Carlo Bergonzi…..
Si, è stato il mio ultimo maestro, quello da cui ho imparato di più. Mi ha dato ed insegnato tanto.

C’è qualcuno dei suoi consigli, dei suoi insegnamenti che ti è rimasto nel cuore, e che ancora oggi, mentre studi, ti ricordi di mettere in pratica?
Mi ricordo che mi diceva di coprire sempre bene il suono, di appoggiare e di non aprire mai.
Il tuo terreno d’elezione è quello del grande Belcanto italiano: Bellini, Donizetti e Rossini. Tra i ruoli di questi autori ce n’è qualcuno che ancora non hai affrontato e con il quale ti piacerebbe cimentarti in futuro?
In questa stagione debutterò Fernando ne “La Favorite” a Liegi, nella versione francese. Ci tengo moltissimo perchè è uno dei pochi ruoli di belcanto che mi mancano da affrontare.
Come ti stai preparando per questo debutto e come ti prepari in genere per un ruolo nuovo?
Mi preparo molto accuratamente, soprattutto se è un ruolo in una lingua che non domino perfettamente, come il francese. In questo caso bisogna porre molta attenzione per padroneggiare il suono della lingua francese, che è molto diverso anche nel porgere la frase musicale. Questo va unito alla scrittura di Donizetti, che però conosco bene perchè è simile ad altri ruoli che ho già affrontato.

Il repertorio belcantistico tenorile è molto impervio, sia per estensione che per scrittura vocale. Qual è il ruolo che hai trovato più difficile?
Il ruolo che ho trovato più difficile è stato probabilmente il Roberto Leicester di “Maria Stuarda”, non per la tessitura ma perchè gioca tutto sul passaggio, anche gli attacchi. E’ una parte densa di ostacoli. Ma tutto il repertorio belcanstistico richiede una grande concentrazione. Pensiamo a Arturo de “I Puritani”, Arnold in “Guillame Tell”, Nadir ne “Les pecheurs des perles”.
Leicester è stato anche il ruolo del tuo recente debutto al Metropolitan Opera House di New York……Qual è stata l’emozione di esibirsi su quel palcoscenico?
E’ stata un’esperienza molto bella, che è arrivata in un buon momento della mia carriera, con un compositore che ho eseguito molto dappertutto. E’ stata una grande gioia e una grande opportunità poter cantare in questo grande tempio della lirica. Mi sono divertito tantissimo.
Più recentemente sei stato il Duca di Mantova in “Rigoletto” al Teatro Comunale di Bologna, in un allestimento che è stato molto discusso. Come ti sei trovato in questo spettacolo e come ti rapporti con queste produzione visivamente lontane dalla tradizione?
Ho trovato che questo spettacolo non si allontanasse più di tanto da ciò che Verdi voleva esprimere, forse visivamente era comunicato in una maniera un po’ spinta. Però rispettava il senso profondo dell’opera e le intenzioni del compositore. Nel momento in cui uno spettacolo ha come finalità quella di attirare l’attenzione, di essere solamente provocatorio senza avere un senso, allora è sbagliato e non mi piace. Questa produzione di Bologna aveva delle sue particolarità, ma era estremamente interessante dal punto di vista della costruzione dei personaggi. Per esempio come il Duca e lo stesso Rigoletto trattano le donne: come delle bambole. Questo è un elemento che spesso non viene fatto capire con molta chiarezza.

Il Teatro Comunale di Bologna ti vedrà proprio in questi giorni nel ruolo di Werther…..anche questa un’opera del grande repertorio francese, un personaggio iconico sia per lo spessore letterario che musicale…..come hai costruito il tuo Werther?
Quello di Werther sarà praticamente un debutto poichè l’ho cantato per una sola recita a Tenerife, dove avevo previsto di cantarlo per la prima volta. Tuttavia a seguito di un’indisposizione causata dagli sbalzi climatici tra New York, Berlino e Tenerife, ho affrontato la prima recita con la febbre a trentanove e ho preferito annullare le altre recite perchè non ero nelle condizione fisiche di poterlo affrontare. Questa volta sarà un’altra cosa perchè sono più tranquillo e rilassato. Il personaggio è da tempo che lo studio, anche perchè musicalmente è molto diverso da tutto ciò che ho fatto finora. E’ un carattere che non ha uno schema fisso, con delle frasi che cambiano come i sentimenti di Werther, che sono molto altalenanti. Esige molta concentrazione non solo per il personaggio ma anche per l’orchestra che è molto ampia e deve cercare un dialogo con noi in palcoscenico. Dal punto di vista interpretativo Werther passa dall’essere giovane, romantico innamorato all’odio, alla rabbia fino alla morte, che è il momento della sua vita più felice, in cui si spegne con queste mezzevoci, poco a poco, ma sereno perchè la donna che egli ama lo corrisponde. E’ un ruolo profondamente poetico.

Molto spesso si accosta il tuo nome a quello di Alfredo Kraus, interprete di riferimento di Werther. Quali sono stati i tuoi modelli nella costruzione di questo personaggio?
I miei riferimenti sono veramente tantissimi. La gente mi avvicina a Kraus perchè siamo nati entrambi alle Canarie e perchè abbiamo un repertorio comune. Lui è stato assolutamente un Werther di riferimento, ma non possiamo dimenticare per questo ruolo le interpretazioni di Nicolai Gedda, di Alain Vanzo e Roberto Alagna. Ciascuno di loro nel suo periodo storico e nella sua sensibilità ha saputo costruire un personaggio di grande valore. Mi piace la malinconia del Werther di Kraus, la giovinezza e l’impeto amoroso che traspare dalla voce di Alagna e la perfezione stupefacente della cura della lingua francese di Gedda. Ognuno però deve proporre un ritratto proprio di un personaggio, passando per questi riferimenti storici, e rivivendoli con la propria sensibilità. L’importante è arrivare al pubblico.
Werther è sicuramente il ruolo più pesante che hai affrontato finora…..pensi di continuare a approfondire il repertorio di lirico puro?
Affronterò tutto con molta calma. Il repertorio francese non ti porta ad appesantire molto lo strumento. Io musicalmente sono nato e cresciuto in Italia e quindi mi sento molto a mio agio nel repertorio italiano e questo mi porta a non fare il passo più lungo della gamba.

Da italiano adottivo come vedi la situazione musicale italiana e come pensi si potrebbe risollevare?
Questa è una questione difficile. Io penso che il popolo italiano non si renda sempre conto, soprattutto nei momenti di crisi del patrimonio che ha in casa sua. L’Italia è stata il motore culturale dell’intero pianeta terra. Pensiamo ai romani, alle loro opere architettoniche, ma anche alle loro architetture ingenieristiche come gli acquedotti. Pensiamo alla pittura italiana e alla musica. Non se ne devono ricordare solo i politici ma anche la gente. L’Italia non ha esportato solo la pizza e la pasta, ma un vero e proprio mondo culturale che ha influenzato tutto. Anche a mio figlio, che è italiano, cerco di trasmettere il valore di essere italiano e di quanto sia importante valorizzare tutto quello che l’Italia ha.
Quali sono i consigli che daresti ai giovani che si avvicinano per la prima volta all’opera, sia come ascoltatori che come studenti di canto?
Io cercherei di insegnare loro il rispetto per la verità della musica e del compositore. Il rispetto anche verso se stessi. Li incoraggierei a perseguire questa strada nonostante il nostro tempo di crisi, per non avere poi rimpianti da grandi. Io ho iniziato quasi per caso, ma magari qualcuno non ha il coraggio di inziare a studiare e poi in età adulta rimpiange di non averlo trovato.

Prossimi impegni.
Dopo Werther sarò a Varsavia, dove farò il Concerto di Capodanno diretto da Andriy Yurkevych, con il quale ho già lavorato a Vienna e che mi ha invitato per questa occasione. Poi sarò ad Oviedo per “Rigoletto” con Jessica Pratt e Juan Jesús Rodríguez, poi al Gran Teatre del Liceu per “Thais” con Placido Domingo e Nino Machaidze. Poi ci sono tanti altri progetti al Teatro Real di Madrid, a Berlino…..
In bocca al lupo a Celso Albelo e Grazie!
Francesco Lodola