Il 2017 al Teatro Regio di Torino si apre con Pagliacci, il capolavoro del compositore napoletano Ruggero Leoncavallo, spesso abbinato a Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni e considerate entrambe opere manifesto del Verismo italiano.
Non è il caso di questa produzione, che ha concepito lo spettacolo con la messa in scena solamente di Pagliacci, nonostante sia stato inizialmente immaginato un possibile accostamento al Tabarro, dal Trittico di Giacomo Puccini, dopo Gianni Schicchi – Una tragedia fiorentina e Suor Angelica – Goyescas dalle stagioni precedenti.
Un nuovo allestimento del Regio, dunque, firmato dal regista Gabriele Lavia, il quale ha immaginato l’opera come un film neorealista ambientato in un ipotetico paesino dell’Italia meridionale che tenta di voltare pagina e di rialzarsi dalla devastazione della Seconda Guerra Mondiale, il tutto, come dice Lavia, “nel rispetto delle parole di Leoncavallo che già ci dicono tutto”.
Paolo Ventura firma la scena, costituita da alcune case diroccate affacciate in una piazza spoglia con al centro il piccolo palco dove sarà eseguita la commedia “a 23 ore” destinata a concludersi nel sangue, e gli ottimi colorati costumi.
L’atmosfera viene perfettamente resa anche dalle luci di Andrea Anfossi.
La grande cura dei dettagli, dai movimenti studiati di cantanti e acrobati sul palcoscenico, alla perfetta filologia tra libretto e scena, ha contribuito indubbiamente parecchio nel far si che questa produzione sia stata molto apprezzata a livello teatrale.
Grandi soddisfazioni anche per quanto riguarda il versante musicale, a cominciare dal sempre ottimo coro del Regio e dal coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, diretti dal Maestro Claudio Fenoglio, da sottolineare inoltre la scioltezza con cui la massa si muoveva in scena.
In grande forma l’orchestra del Regio, diretto dal Mestro Nicola Luisotti, che ha saputo esaltare i ricchi colori della partitura, con grande armonia ed equilibrio, senza mai sovrastare le voci.
Erika Grimaldi, soprano astigiano di casa al Regio e mamma da poco più d’un mese, ha interpretato una Nedda molto attuale, capace di essere dolce, delicata, ma anche aspra, schernitrice, decisa ed orgogliosa. Pur non dotata di un grande volume di voce, il soprano, giocando sui colori, sulla tecnica e sulle doti interpretative, ha realizzato un’ottima performance.
Canio, marito/assassino di Nedda, è stato impersonato da Francesco Anile. Il tenore calabrese, inizialmente previsto per alternarsi a Fabio Sartori (il quale per un’indisposizione ha potuto esibirsi solamente alla prima recita dell’11 gennaio), ha poi finito per cantare in tutte le recite tranne appunto nella prima ed in quella del 19 con Marcello Giordani. Nonostante sia stata percepita una lieve stanchezza vocale, comprensibilissima dopo aver cantato per sei recite in poco più di una settimana, Anile, dotato di un bel timbro potente, luminoso e squillante, ha tracciato un saldo personaggio verista, ben delineato nella sua drammatica gelosia.
Tonio “lo scemo” è stato invece interpretato dal baritono Roberto Frontali, forse il più apprezzabile del cast sia da un punto di vista vocale sia da uno scenico.
Della sua interpretazione è particolarmente emerso il carattere viscido del personaggio, in cui domina l’amore marcito e trasformatosi in odio e rancore.
Il baritono Andrzej Filończyk ha interpretato in modo apprezzabile e sicuro il campagnolo amante di Nedda, Silvio.
Il tenore Juan José de León, caratterizzato da un timbro chiaro, ma non per questo debole, ha interpretato un Peppe/Arlecchino ideale nella sua semplicità caratteriale.
Completano correttamente il cast il primo e secondo contadino, rispettivamente Giuseppe Capoferri (baritono) e Gualberto Silvestri (tenore).
Seppur in teatro siano stati uditi alcuni commenti di lieve polemica nei confronti del costo dei biglietti in rapporto all’inevitabile breve durata dello spettacolo, il consenso tributato agli artisti e il gradimento per un’ottima messinscena sono stati unanimi in tutta la sala.
Stefano Gazzera
Ciao! Anzitutto complimenti per l’iniziativa e la vostra giovanissima età.
Vedo che traslare le Opere in ambito guerra mondiale sta diventando una moda…sarei stato curioso di sapere il vostro parere sul Trovatore del ROH dell’altra sera, in particolare sull’allestimento. Io -che non ho i gusti facili- ho trovato molto capace Lianna Haroutounian e anche Kunde nonostante l’età. Sulla regia un velo pietoso…
Davide
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Ciao! Grazie mille per il tuo commento! scusaci per il ritardo con cui ti rispondiamo! Non abbiamo visto questo spettacolo….ma sicuramente Trovatore si adatta molto meno dei Pagliacci a trasposizioni temporali….già la trama è ingarbugliata…..Kunde lo conosciamo bene…rimane un grande leone….la Lianna Haroutounian non l’abbiamo mai sentita dal vivo, ma tutti ne parlano benissimo. Continua a seguirci!
Ieri, Oggi, Domani, Opera!
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