Il 2 febbraio I Pagliacci si sono congedati dal Teatro Filarmonico, con un’ultima affollatissima recita, con un cast di solidi cantanti e di alcune giovani realtà. Innanzitutto lo spettacolo di Franco Zeffirelli (ripreso da Stefano Trespidi) si riconferma un capolavoro, capace di creare un impatto visivo di forte intensità e di individuare tutte le dinamiche tra i personaggi. La dinamica tipica del pieno (strapieno)/ vuoto funziona alla perfezione. La scena creata dallo stesso Zeffirelli è intelligente, perché riesce a creare dei grandi spazi, anche in un palcoscenico di non ampie dimensioni, come quello del Teatro Filarmonico.
Valerio Galli propone una lettura di grandissimo valore, irruenta quando lo deve essere e capace di creare quella malinconia che appartiene totalmente a quest’opera, soprattutto nel duetto tra Nedda e Silvio e in “Vesti la giubba”, che è riportata a una drammaticità intensa, senza essere sbracata.
Peccato che Rubens Pellizzari indulga in questo punto ad essere sopra le righe, con convulsi di pianto esagerati e diremmo fuori moda. Per il resto la sua performance è buona, soprattutto per quanto riguarda il lato interpretativo.
Nedda era Valeria Sepe, una giovane promessa che abbiamo avuto di apprezzare anche in altre occasioni. Si tratta di una voce di soprano lirico puro, che prende luce nel registro acuto. È cantante di ottime qualità, e inoltre interprete interessante per varietà di colori e capacità teatrali.
Elia Fabbian era un Tonio brusco e violento, che anche vocalmente indulge ad essere fin troppo drammatico, a discapito di una vocalità importante, chiara nel colore e forse in natura più adatta al lirismo di Silvio. La sua è comunque un’interpretazione convincente.
Alessio Verna (Silvio) possiede un bellissimo colore vocale, capace di sfumati accenti lirici. Il personaggio da lui ritratto è timido, insicuro dell’amore di Nedda, e ben si sposa all’interpretazione della Sepe, creando insieme a lei una dolce coppia di giovani innamorati che combatte per abbattere gli ostacoli del loro destino.
Francesco Pittari è Beppe/Arlecchino di vivace brillantezza, che si sprigiona luminosamente nella sua Serenata.
Grande protagonista il coro della Fondazione Arena di Verona (diretto da Vito Lombardi) in una prova di eccellenza e meritevole di l’ode il coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani.
Alla fine grandissimo successo.
La recita era inoltre preceduta dal comunicato dei lavoratori della Fondazione Arena di Verona, nel quale spiegavano la difficile situazione che si sta vivendo e che va risolta assolutamente per preservare quel patrimonio di cultura e di arte che è l’opera a Verona. Speriamo che i veronesi non siano addormentati come Romeo e Giulietta nei loro sepolcri, ma rispondano a questo disperato appello.
Francesco Lodola
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona