
Seconda opera del genio lucchese nella stagione 2016-2017 del Teatro Regio di Torino, dopo “La Bohème” d’apertura in occasione del centoventesimo anniversario dalla sua prima rappresentazione assoluta mondiale, è la Manon Lescaut, che come Bohème vide la luce per la prima volta proprio a Torino.
In sala è presente anche Keith Olsen, il tenore che, alternandosi a Nicola Martinucci e Antonello Palombi, ricoprì il ruolo del cavaliere Des Grieux nella produzione datata gennaio 2006, firmata dall’attore francese Jean Reno ed oggi sapientemente ripresa dal regista Vittorio Borelli.
A distanza di undici anni, il Regio ha così riproposto, per un totale di otto recite, tutte quasi sold out, un allestimento già collaudato, dal piacevole gusto classico, elegante, che permette anche solo guardandone una foto di riconoscere a prima vista l’opera in questione.

Le scene di Thierry Flamand sono caratterizzate da un grande porticato ad archi affacciato su di una soleggiata campagna francese, nel primo atto; da una ricca e dorata camera da letto con tendaggi ed un sontuoso letto a baldacchino, nel secondo atto; da una piazza sul porto di Le Havre delimitata alla sinistra dalla prigione, nel terzo atto; da un’ampia landa arida e desolata, nel quarto ed ultimo atto. Insomma, tutto nel pieno rispetto di ciò che viene descritto dal libretto.
Altrettanto rispettosi del contesto i costumi di Christian Gasc, sapientemente risaltati dalle luci di Andrea Anfossi.

Passando al versante musicale, dopo La Bohème, torna alla direzione dell’Orchestra del Teatro Regio di Torino Gianandrea Noseda. Il Maestro, al debutto nell’opera, delinea ed esalta gli aspetti di un Puccini moderno, staccando tempi rapidi, dando grande risalto ai colori orchestrali, alla passione ed al dramma, ed attenuando i sentimenti di tenerezza e dolcezza pur mantenendo alta la tensione narrativa.
Ottimo come sempre il Coro del Teatro Regio di Torino abilmente preparato dal Maestro Claudio Fenoglio.
Maria José Siri, soprano uruguayano dalla voce calda e corposa, recente Madama Butterfly nel 7 dicembre, al Piermarini, ha fatto emergere un’interpretazione di Manon incardinata più sull’aspetto esteriore e su di un carattere superficiale ed egocentrico, tralasciando aspetti come l’ingenuità e l’infantilità; è parsa meno a suo agio nel primo atto, riscattandosi poi nei successivi tre.

Gregory Kunde torna al Regio dopo il trionfale Samson et Dalila di Camille Saint-Saëns, a novembre. Il tenore americano, anche se per ovvie e lecite ragioni di età non poteva risultare molto credibile scenicamente nel ruolo dello studente Renato Des Grieux, è però stato capace di donare momenti di grande e rara bellezza, in particolare nel terzo e quarto atto, carichi di drammaticità e passionalità, che al meglio ha saputo esprimere, arrivando a far commuovere nel “no, pazzo son!”; il tutto sorretto da una voce ancora incredibilmente salda e fresca ed, ovviamente, da una tecnica impeccabile.
Il baritono Dalibor Jenis è invece un Lescaut molto convincente, un fratello tanto insolente e sfacciato, quanto disperato ed affettuoso, dal bel timbro, anche se da un’emissione a volte di gola.
Carlo Lepore è un eccellente Geronte di Ravoir, elegante nel canto e nella presenza scenica anche se è parso di sentire nella sua voce qualche segno di affaticamento o stanchezza.

Molto buone le numerosi parti da comprimario a partire dal maestro di ballo – Saverio Pugliese; dal lampionaio – Cullen Gandy; dal sergente degli arcieri e oste – Dario Giorgelè; dal Comandante Cristian Saitta e dal musico – Clarissa Leonardi, col seguito di musici Laura Lanfranchi, Caterina Borruso, Raffaella Riello e Roberta Garelli.
Una particolare nota di merito tra l’elenco di comprimari merita il tenore Francesco Marsiglia (Edmondo) dal timbro chiaro, leggero, brillante e luminoso, sorretto da un’eccellente tecnica.
Nel complesso un gradevolissimo spettacolo in una sala gremita e con un pubblico caloroso, che non ha mancato di vociferare curioso su quali potranno essere i titoli della stagione 2017/2018, che si spera venga pubblicata a breve.
Stefano Gazzera