
Don Giovanni è sempre stato uno dei personaggi più controversi e complicati della storia operistica mondiale e il regista ha saputo eguagliare con innovative tecniche stilistiche sia l’uomo che l’opera. Il primo atto dell’opera si apre con un Don Giovanni in giacca e cravatta che spostando il sipario mostra il riflesso di una Scala gremita di persone esterrefatte. Il regista ha deciso di modernizzare l’opera ambientandola nei tempi più recenti e vicini a noi, aggiungendo però, durante il secondo atto, nella festa in maschera che Don Giovanni organizza, un tocco di puro settecento caratterizzato dalle comparse in vestiti d’epoca.
Una recitazione quasi impeccabile ha reso i protagonisti quali Thomas Hampson, Luca Pisaroni, Bernard Richter, Annett Fritsch, Hanne Elisabeth Müller, Giulia Semenzato e Mattia Olivieri, veri interpreti a tutti gli effetti di questo dramma mozartiano.
Una particolare attenzione si pone sulla scelta registica di far interagire i cantanti con il pubblico scaligero, infatti in ben tre occasioni il pubblico diventa parte integrante della narrazione: durante l’intervento del commendatore (Tomasz Konieczny), nella scena del cimitero, che avviene dal palco reale del teatro e l’atmosfera che si crea in quei pochi minuti è intensa e lugubre, proprio come si conviene ad un giusto commendatore; nella scena finale, durante la cena di Don Giovanni, viene ripresa la scenografia iniziale e come da tradizione Thomas Hampson, nei panni del donnaiolo mozartiano, viene trasportato negli inferi da una pedana circondata da fumo e luci rosse soffuse. Tutto il pubblico è stato soddisfatto dell’operato del regista, che in più occasioni è riuscito a non deludere le aspettative.

Una particolare attenzione si pone sulla scelta registica di far interagire i cantanti con il pubblico scaligero, infatti in ben tre occasioni il pubblico diventa parte integrante della narrazione: durante l’intervento del commendatore (Tomasz Konieczny), nella scena del cimitero, che avviene dal palco reale del teatro e l’atmosfera che si crea in quei pochi minuti è intensa e lugubre, proprio come si conviene ad un giusto commendatore; nella scena finale, durante la cena di Don Giovanni, viene ripresa la scenografia iniziale e come da tradizione Thomas Hampson, nei panni del donnaiolo mozartiano, viene trasportato negli inferi da una pedana circondata da fumo e luci rosse soffuse. Tutto il pubblico è stato soddisfatto dell’operato del regista, che in più occasioni è riuscito a non deludere le aspettative.


Una grande standig ovation a questo grande direttore, che non ci deluderà nel corso della sua carriera, sono certa lunga e piena di successi.

Luca Pisaroni gli ha tenuto degnamente testa, con il timbro deciso e scuro che lo contraddistingue ma suoni mai ingolati, e una eccellente dote di condurre la linea del canto. Di grande effetto l’aria, dove ha dato prova di saper unire canto e recitazione “in prosa”.

Meglio Donna Elvira, Annett Fritsch, che ha sfoggiato un colore denso, pastoso e ben robusto negli acuti, oltre a una pronuncia da sottolineare per accuratezza.
Il migliore della compagnia è senza dubbio Bernard Richter, Don Ottavio dal timbro argenteo, ricorda forse Gösta Winbergh a chi non ha potuto, per ragioni anagrafiche, sentirlo dal vivo. Voce sempre sostenuta, mai falsettata e omogeneità pressoché perfetta fra i registri. Finalmente questo ruolo in genere bistrattato ha ricevuto una prova di buon canto, rifinito, che il teatro ha salutato con calorosi applausi e cenni di assenso dopo l’aria del secondo atto.
Mattia Olivieri e Giulia Semenzato sono apparsi dei gradevoli Masetto e Zerlina, lei in particolare ha una voce morbida e dall’emissione avvolgente.
Cornelia Marafante e Stefano de Ceglia
Milano, 9 maggio 2017