18739958_1816140048401866_8045763373728715131_nDal 19 maggio fino al 30 maggio è in scena a Roma la Lulu di Alban Berg, al suo debutto romano nella versione completa in 3 atti, sebbene già nel 1968 a Roma fosse presente in cartellone, ma nella versione in 2 atti. La recensione si riferisce alla recita del 27 maggio 2017.

Lulu è un’opera ,che per sua natura, risulta complessa ed indecifrabile, sia come musica, che come libretto, che come trama psicologica dei personaggi. Capolavoro indiscusso di Berg, è una sintesi delle principali forme musicali dell’ottocento e del novecento, coniugando tradizione e dodecafonia. Il risultato è unico, una musica che entra dentro sconvolgendoti per la crudezza, quasi viscerale, ma che sa arrivare al cuore nei momenti di massimo climax, come nelle poche battute pronunciate dalla contessa Geshwitz morente vedendo Lulu morta.

18740320_1811152248900646_3147598592916549061_nIl regista William Kentridge è riuscito a dare il giusto spessore e il giusto taglio ad un opera monumentale. L’opera infatti si sviluppa su tre piani simultanei , quello dei cantanti ,assoluti protagonisti, quello delle proiezioni , che costantemente sottolineano la mutabilità dei caratteri e delle sensazioni umane con dei disegni ad inchiostro, materiale scelto del regista per rendere il tema centrale dell’opera, e quello della recitazione dei due attori Joanna Dudley e Andrea Fabi, costantemente in scena. Kentridge, nella conferenza stampa, aveva affermato che il tema centrale della sua regia sarebbe stato il continuo mutare dell’oggetto del desiderio umano,che come conseguenza ha il mutare dei personaggi. Infatti non è possibile dare un giudizio completo dei caratteri plasmati da Berg. La protagonista, Lulu, è indefinibile, ella è dominatrice ma dominata, odiosa allo spettatore ma suscita anche compassione e pietà, priva di sentimenti ma travolgente nella sua passione sconfinata, forte ma fragile; ella è un continuo fluire di tutta la vasta gamma delle umane sensazioni, un mostro, nel senso di creatura straordinaria che suscita stupore. Anche il semplice chiamarla per nome è un errore , ella , in passato ,è sta Eva, Mignon, Nelly e sarà molte altre ancora. Tutti gli altri personaggi sono ossessionati , chi in un modo chi in un altro, dalla protagonista e in tutto e per tutto dominati dal suo corpo, dal suo erotismo, da lei nella sua totalità. Il lavoro del regista è risultato perfettamente coerente con le scene di Sabine Theunissen e i costumi di Greta Goiris.

18739100_1811152138900657_5502173220040269421_oAgneta Eichenholz è stata una Lulu eccelsa, a cui il teatro romano ha tributato una ovazione totale a fine recita, capace di reggere l’impervio ruolo sopranile che, oltre a spaziare da un ampio settore centrale ad uno spiccato settore acuto, è quasi costantemente in scena;  la sua voce risulta ben proiettata specialmente nel settore acuto, un po’ meno squillante nei gravi, è stata per tutta la recita grande attrice oltre che cantante. Jennifer Larmore ha interpretato una contessa Geschwitz innamoratissima di Lulu e con ottima presenza scenica. Di rilievo è stata la performance di Zachary Altman (un domatore/ atleta ) bellissimo timbro brunito e grande attenzione alla parola. Non eclatante per tutta la recita è stata la performance di Charles Workman, interpretante il non facile ruolo di Alwa, che, nonostante il bel timbro bronzeo, durante il secondo atto era quasi totalmente coperto dall’orchestra negli acuti. Ottima e riuscita la parte di Dottor Schön /Jack lo Squartatore interpretata da Martin Gantner, e lo Schigolch di Willard White , che ha saputo ben mostrare l’ambiguità di questo personaggio. Il resto del cast era tutto all’altezza della serata: Tamara Gura, uno studente e guardarobiera di teatro e Groom, Peter Savidge (banchiere e direttore del teatro), Brenden Gunnell (pittore e negro), Cristopher Lemmings (principe, domestico e marchese),  Eleonora De La Peña (una quindicenne), Sara Rocchi (madre della quindicenne) e Reut Ventorero (arredatrice), Francesco Salvadori (giornalista), David Ravignani (cameriere) e Andrey Maslenkin (primario, professore e commissario di Polizia).

18622302_1809559962393208_8488650516353157327_n.jpgInfine ma non meno importante è stato il ruolo di Alejo Perez , che nonostante la giovane età è gia un acclamatissimo direttore in Europa e nel mondo,la cui direzione è risultata diretta e volta a valorizzare la complessità strumentale dell’opera, sostenuto dall’orchestra del Teatro dell’opera di Roma che ha saputo brillantemente affrontare la non facile prova rappresentata da questo capolavoro del XX secolo, che il teatro ha avuto il coraggio di proporre in collaborazione con il Met di New York, il teatro di Amsterdam e la English National Opera.

Paolo Mascari

 

Foto di Yasuko Kageyama/Teatro dell’Opera di Roma

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