
Ad un giorno dalla tanto attesa conferenza di presentazione della stagione 2017-2018, ricchissima e varia, da Monteverdi a Richard Strauss, da Mozart a Wagner, da Rossini a Puccini, passando per Verdi, ma anche per Poulenc e Wolf-Ferrari, si inaugura un nuovo allestimento del Macbeth verdiano, in coproduzione con lo Sferisterio di Macerata ed il Teatro Massimo di Palermo, dove è già andato in scena lo scorso gennaio.
La produzione era firmata dalla palermitana Emma Dante, che al Massimo giocava in casa, e che non aveva invece mai lavorato prima d’ora nel teatro sabaudo e, con una certa cattiveria, sono stati in molti tra il pubblico torinese a sperare che non ci torni più.
La Dante ha sicuramente creato un’opera teatralmente visionaria e d’effetto, ma con grandi incongruenze rispetto al libretto, che di fatto sono andate a stravolgere il Macbeth di Verdi.

La Lady, che nell’opera originale dovrebbe essere una donna spietata e dotata di un’arma diabolica come il fascino, con la quale riesce ad essere estremamente persuasiva, è invece rappresentata come una donna estremamente rozza e indubbiamente non affascinante, rassomigliante più ad una delle streghe piuttosto che alla “gentil” consorte del futuro Re di Scozia, ma dopotutto la signora Dante ha detto al riguardo: “Immagino Lady Macbeth come un uomo, e gli uomini non sono preparati a una donna così.” Il significato di quest’affermazione lo lascio cercare ai lettori.
La foresta scozzese di Birnam si tramuta magicamente in un tipico ambiente della macchia mediterranea, con piante di fichi d’India che, sempre secondo la signora Dante, creano “un luogo simbolico, nel quale la potenza di una natura selvaggia e pericolosa prenderà il sopravvento sull’uomo”.
È poi tremendo vedere le masse in scena muoversi a tempo di musica che, come ha suggerito un signore nel foyer, fa tanto apparire il tutto come una presa in giro nei confronti di Verdi.

Gli spunti per alcune idee interessanti ci sono, ad esempio il trono, costituito da una scala dorata, ma molte di queste brillanti idee finiscono per rasentare il ridicolo, come nella scena dell’attentato a Banco, nella quale i sicari sono effettivamente avvolti dal buio, avanzando lentamente verso il generale, ma finiscono per pugnalarlo ben prima che questo gridi “Ohimè!…Fuggi, mio figlio!…oh tradimento!” rovinando così completamene l’effetto; o ancora come nella scena del sonnambulismo, dove circondata da letti vaganti, la Lady, contando le macchie di sangue che crede di vedere sul suo corpo, indica i letti.
Alla fine dell’opera i consensi tributati alla Dante sono minimi e in sala si sentono anche un paio di “buu”.
Le scene essenziali di Carmine Maringola non sono aiutate dalle piatte luci di Cristian Zucaro.
Belli i costumi di Vanessa Sannino, soprattutto nel rosso imperiale del secondo atto.
Indubbiamente bravi gli attori della Compagnia di Emma Dante
e gli allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo, su coreografia di Manuela Lo Sicco.

Passando al versante musicale, il direttore d’orchestra Gianandrea Noseda riesce sapientemente ad esaltare l’aspetto più tetro dell’opera, senza dare troppo peso all’ombra di umanità che si cela dietro la Lady o Macbeth stesso, grazie alla scelta di utilizzare tempi incalzanti e serrati.
Spesso però, come non di rado si può constatare con le opere dirette dal Maestro Noseda, l’orchestra tende a sovrastare i cantanti.
Ottimo il coro, diretto dal Maestro Claudio Fenoglio, sia nella qualità musicale che nelle capacità di stare in scena; aspetto assolutamente non scontato in un’opera come questa, dove proprio il coro svolge una funzione determinante nella riuscita della tipica atmosfera “macbettiana”.
Macbeth è interpretato dal baritono slovacco Dalibor Jenis, il quale riesce a delineare molto bene il bipolarismo che affligge il protagonista, riuscendo a creare un personaggio estremamente credibile sul piano scenico, ma non sul piano vocale: Jenis infatti, pur essendo dotato di una voce dal bel timbro scuro, manca di ricercatezza nelle sfumature vocali, nelle dinamiche e nel fraseggio.

Il soprano Anna Pirozzi si cala ottimamente nei panni della spietata Lady Macbeth, riconfermandosi interprete di riferimento per il ruolo. La Pirozzi, pur non essendo dotata di quella voce sgradevole che Verdi si dice desiderasse per la Lady (caratteristica su cui si può sorvolare senza alcuna difficoltà), riesce a superare pienamente le difficoltà del ruolo: dalle agilità perfettamente centrate, alla tenuta nel registro grave, ai numerosi acuti, voluminosi e a fuoco, eccezion fatta per l’inciampo che purtroppo avviene sul re bemolle sovracuto da eseguire “con un fil di voce” nel finale della scena del sonnambulismo, comunque dignitosamente risolto.

Banco viene interpretato dal basso ucraino Vitalij Kowaljow, dal timbro scuro, ma a tratti cavernoso, caratteristica che toglie di signorilità ed eleganza non solo al ruolo, ma all’emissione in generale.
Macduff è interpretato dal tenore Piero Pretti con ottima continuità di canto, timbro pulito e squillante, e molto buona è anche l’interpretazione data.
Nota di merito tra i ruoli da comprimari va riservata al soprano Alexandra Zabala nel ruolo della dama della Lady ed al baritono Nicolò Ceriani nel ruolo del medico, che col loro seppur breve ruolo sono riusciti a contribuire ottimamente nella creazione di quell’aura d’apprensione, ansia e orrore propria della scena del sonnambulismo.
Completano correttamente il cast il tenore Cullen Gandy nel ruolo di Malcom; il basso Giuseppe Capoferri nel ruolo di un servo di Macbeth e dell’Araldo; il baritono Marco Sportelli nel ruolo del sicario; il baritono Lorenzo Battagion nel ruolo della prima apparizione;le voci bianche Francesca Idini e Anita Maiocco rispettivamente nei ruoli della seconda e terza apparizione; ed i due mimi Francesco Cusumano e Nunzia Lo Presti rispettivamente nei ruoli di Duncano e Fleanzio.

In sala grande successo per Anna Pirozzi e Gianandrea Noseda, ma in generale uno spettacolo con diverse lacune, e deludente sotto non pochi punti di vista, cosa che spiace soprattutto alla conclusione di una brillante stagione.
Prossimo appuntamento dal Teatro Regio di Torino a ottobre, col Tristano e Isotta, l’opera che andrà ad inaugurare la stagione 2017-2018.
Stefano Gazzera
Torino, 21 giugno 2017