
La brillante stella di Cellia Costea si va ad aggiungere alla grande costellazione di artisti che la Romania ha donato al mondo dell’arte e della musica. Il soprano, nata a Piatra Neamt, sta conquistando i templi della lirica internazionale con i grandi ruoli del repertorio italiano, tra cui citiamo Madama Butterfly, Tosca e Leonora de “Il Trovatore”. Tra pochi giorni farà il suo atteso debutto all’Arena di Verona, nel ruolo iconico di Aida, nell’edizione storica del 1913. Abbiamo avuto il piacere di intervistarla, proprio all’ombra dell’Arena e di parlare con lei del suo percorso, dei personaggi che le stanno più a cuore e dei traguardi futuri…
Innanzitutto, come ti sei avvicinata al canto lirico?
Tutta la mia famiglia fa musica ed è immersa nella musica. A 7 anni ho cominciato a studiare il violino per poi continuare con la viola da gamba. Avrei voluto studiare pianoforte, ma i miei genitori non avevano le possibilità economiche per potermelo comprare. Il violino era più fattibile, anche se non mi è mai piaciuto suonarlo. Mio padre suonava il violoncello e pensava che con il violino sarei potuta entrare in orchestra e quindi guadagnare e avere sicurezza per il futuro. Avevo 18 anni, l’ultimo anno del liceo, quando ho iniziato a studiare canto.
Come ti ha aiutato la tua formazione di strumentista nel canto?
È essenziale secondo me. Si riconosce subito un cantante che ha una formazione strumentale, da uno che non la possiede. Si sente soprattutto nel momento dello studio e della lettura dello spartito. Lo studio di uno strumento ti apre ad una visione diversa della musica, alla musicalità e a un tipo diverso di percezione e comprensione dello spartito. Ti dà una marcia in più anche per quanto riguarda il fraseggio e la disciplina. Tutti pensano che cantare sia facile. Invece no. Si studia come uno strumentista, anche se non per così tante ore, perché comunque la voce è uno strumento umano. Non è come un violino con una corda rotta che si può sostituire. Bisogna studiare molto e in un certo modo, per arrivare a un alto livello.
Parliamo di Aida, che è il ruolo che interpreterai all’Arena….un ruolo difficile…
È un ruolo difficile, ma non c’è nessun ruolo più difficile di “Madama Butterfly” (ride). Oggi c’è una sorta di moda, di affidare Aida a delle voci più leggere. A me per esempio hanno proposto Lady Macbeth, Abigaille e anche Santuzza. Quest’ultima l’ho fatta una volta, in America del Sud, perché il regista mi aveva convinta dicendomi che Santuzza ha 18 anni nella storia. Ho provato, l’ho fatta, ma è stato un errore che non ripeterò. Il personaggio è una cosa diversa dalla vocalità. Siamo noi che dobbiamo adattarci e arrivare al personaggio è non viceversa. L’orchestrazione e l’organico di Mascagni sono molto grandi ed imponenti e pur cercando di non appesantire, è praticamente inevitabile. Dopo aver fatto Santuzza ho dovuto studiare moltissimo, per mettere la voce nel modo giusto, per fare il mio repertorio abituale, ossia Aida, Butterfly, Andrea Chénier, Otello, Manon Lescaut, Tosca….
Ma cosa ti affascina di questo personaggio e qual è la tua Aida di riferimento?
La mia Aida è Aprile Millo! La adoro! Quando ho cominciato a studiare questo ruolo, ho sentito tante interpretazioni diverse, ovviamente non per imitarle, ma per farmi un’idea del personaggio. E alla fine ho trovato la sua e mi sono innamorata. Siamo amiche su Facebook e le ho scritto, dicendole che per Aida lei è stata la mia maestra.
Qual è l’emozione di cantare questo ruolo all’Arena?
È la mia prima volta all’Arena e sono molto emozionata. Sono andata a vedere la prima dell’Aida storica 1913 e ha un fascino speciale. Io canto quasi ogni anno ad Atene, all’Odeo di Erode Attico, che è un luogo bellissimo, più stretto è più chiuso, intimo. Cantare all’aperto non è facile, soprattutto qui che è più grande e ha un pubblico immenso. L’Arena di Verona è un luogo mitico e sempre lo sarà…cantare su quel palcoscenico, dove sono passati tutti i più grandi. Mi ha affascinato e impressionato moltissimo come spettatrice e penso che sarà ancora più impressionante e incredibile essere sul palco!
La Romania è una terra di grandi voci….c’è un/a tuo/a compatriota che ti ha ispirato particolarmente?
Sono tantissimi gli artisti romeni che mi hanno ispirato: dalle mie maestre, Maria Slătinaru Nistor e Marina Krilovici,due grandissime, a Eugenia Moldoveanu, che ha cantato anche qui all’Arena (Butterfly nel 1987) fino a Virginia Zeani, un’artista favolosa. Poi ci sono le più giovani, come Angela Gheorghiu, che è un’amica e con la quale ci sentiamo spesso, che ha fatto una grandissima carriera. Sono felice che pochi giorni fa, il concorso Operalia di Plàcido Domingo, è stato vinto da un’altra giovane artista rumena, bravissima. La Romania è una terra benedetta da Dio. E poi abbiamo avuto una grande scuola, che anche oggi, forse non come una volta, sforna delle grandi voci.
Come descriveresti la tua voce ad una persona che non l’ha mai sentita?
È necessario che mi senta dal vivo! (ride). Quello che dicono in molti è che la mia voce riesce a trasmettere molta emozione. È una voce lirica, che tende allo spinto. Non ho una voce drammatica e per questo non voglio andare più oltre di “Manon Lescaut” e “Andrea Chénier” come drammaticità. È una voce che ha una purezza di suono e di emissione. Ho un colore di voce riconoscibile. E questo è un dono di Dio. L’unica cosa che ho fatto io è studiare e cercare di perfezionare sempre, per essere ogni volta migliore della precedente. Registro sempre mentre studio, perché c’è sempre da migliorare e da lavorare sulle proprie qualità.
Parliamo un po’ del repertorio verdiano, che hai frequentato molto…
Ho cantato di più Puccini e il verismo, perché mi trovo più a mio agio a interpretare queste figure così “vere”. Mi piace molto cantare anche Verdi… e infatti nell’ultimo periodo ho affrontato “Aida”, “Otello”, “Il Trovatore” e “Un ballo in maschera”, un’opera molto difficile…
C’è stata anche Elena ne “I Vespri Siciliani” tra i tuoi ruoli verdiani…
È un ruolo difficilissimo e scritto in una maniera che pone tante difficoltà: in particolare il bolero che arriva praticamente alla fine e poi quella bellissima aria, “Arrigo, ah parli a un core”, con quella cadenza difficilissima, che va toccare l’acuto e il grave. Una musica meravigliosa….
Esiste dunque la voce verdiana?
Si! Oggi esistono forse più voci verdiana, che pucciniane e veriste. Anche se nella nostra epoca non c’è molta differenziazione di repertorio.
Raccontami un po’ di “Madama Butterfly”, che è il tuo cavallo di battaglia…
Butterfly è il ruolo della mia vita. È un ruolo che devi saper gestire molto bene. L’ultima volta, a giugno, l’ho cantata sul palco con mia figlia, che faceva Dolore. È stata la seconda volta per lei e anche l’ultima, perché ormai è cresciuta e non riesco più a prenderla in braccio. Lei è molto affascinata dall’essere sul palcoscenico. Io spero che lei scelga di fare un altro mestiere, perché la vita dei cantanti è difficile. Ma in fin dei conti anche mia mamma aveva studiato musica e sperava la stessa cosa per me. Invece è andata diversamente. È il destino che decide prima di noi.
Tornando alla piccola Cio Cio-San…
La mia Butterfly è diversa sia vocalmente che interpretativamente. Cerco di cantare con “leggerezza”, evitando di appesantire troppo la voce. Rappresenta un ruolo speciale per me, perché quando ho avuto la possibilità di farla nel circuito lombardo, con la direzione del Maestro Giampaolo Bisanti, vedevo le signore dell’orchestra che piangevano durante la recita. Questo mi ha fatto capire che riuscivo a trasmettere delle grandi emozioni con questo personaggio.
Qual è il tuo percorso di studio per un nuovo ruolo?
Prima di tutto leggo il testo, poi studio la musica e vado dal Maestro che mi segue e dal quale mi reco sempre con frequenza e rigore. Ascolto tante interpretazioni, ma cerco di crearmi una mia visione del personaggio, cercando di metterci il mio carattere e la mia sensibilità. Copiare non porta a nulla. È un lavoro molto lungo.
Qual è un ruolo dei tuoi sogni?
Sono tanti! Vorrei debuttare Manon Lescaut, Maddalena di Coigny in “Andrea Chénier” e Suor Angelica. Spero di farli al più presto!
E Norma….
Ho fatto Adalgisa nel 2010, ad Atene, con Dimitra Theodossiou. Il regista e il direttore volevano due soprani, come indicato in partitura da Bellini. Non ho il coraggio di fare Norma. Non ho mai cantato l’aria, neanche in concerto. Vorrei cantare più Belcanto italiano, perché tranne Adalgisa e qualche aria non ho cantato nulla di quel repertorio.
Però hai cantato tantissimo repertorio mozartiano…
Ho cantato tantissimo Mozart, per sette anni, soprattutto in Austria e Germania. Ho fatto Donna Elvira, tantissime Contessa de “Le nozze di Figaro”. Ho fatto anche la prima dama di “Die Zauberflöte”, una volta sola, Arminda ne “La finta giardiniera”. Ora mi sento di rifare Donna Elvira e mi piacerebbe debuttare Elettra in “Idomeneo”, perché mi voglio affrontare più ruoli di temperamento.
Un ruolo invece che ritieni impossibile, perché lontano dalla tua vocalità…
Non penso che rifarò più Santuzza. Mi sento più Nedda. In “Cavalleria Rusticana” la musica è bellissima, ma il personaggio non lo sento vicino a me. Un altro repertorio che non frequenterò è quello wagneriano. Ho studiato Elsa di “Lohengrin”, ma non l’ho mai fatto in teatro. È un ruolo che mi verrebbe benissimo, ma non conoscendo la lingua tedesca, non me la sento di affrontare questo repertorio.
Pensando all’Odeo di Erode Attico mi viene in mente Maria Callas e quindi Medea…
Mai dire mai…prima di tutto dovrei studiare il ruolo, perché pur affrontandolo con piacere, dovrei, con coscienza, capire se posso farlo. Dei ruoli che mi piacerebbe affrontare sono “Adriana Lecouvreur” o “Fedora”, oppure Leonora de “La forza del destino”….
E tornando a Verdi….una Traviata…
Ormai è troppo tardi. Mi dispiace non averla fatta quando avrei dovuto. Allora però non avevo la solidità tecnica per affrontarla. Per una voce come la mia la difficoltà è nel primo atto, in particolare nel grande finale. Mi hanno chiesto di fare Luisa Miller per esempio, ma dopo aver letto la parte e constatato che ha la stessa tessitura di Violetta ho rifiutato. Mi piace essere tranquilla e sicura sul palco, senza avere preoccupazioni. Mi dispiace per Violetta, ma per fortuna ci sono tantissimi altri ruoli bellissimi…
Come hai detto ami i ruoli della giovane scuola, che richiedono una recitazione praticamente teatrale…quanto conta oggi essere credibili attrici sulla scena?
Oggi l’immagine conta tantissimo, come per le star di Hollywood. Questo purtroppo rovina le cose delle volte. Non penso ci voglia una modella da sfilata per fare Butterfly o Amelia di “Un ballo in maschera”. Certamente la presenza scenica deve essere importante, oggi non è più accettabile il fatto di cantare da fermi o seduti. E mi piace recitare sul palco ed essere attiva. Ma oggi c’è un’esagerazione in questo senso. Il verismo ti chiede di essere teatralmente intensa ed espressiva. Io sul palco vivo i miei personaggi, tanto da non sapere più chi sono. Qualche anno fa facevo Tosca ad Atene e subito dopo avrei dovuto fare Micaëla in “Carmen”. Il regista di quest’ultima alla prima prova mi chiese come mi chiamavo e io risposi: “Tosca!”. Ero ancora posseduta dal mio personaggio.
Tu hai lavorato tanto in Germania…come ti trovi in regie lontane dalla tradizione e più vicine al regietheater?
Pur lavorando molto lì, sono stata fortunata di non aver dovuto affrontare produzioni troppo lontane dalla tradizione. Anche ora che ho salvato una recita di “Tosca” a Francoforte, per sostituire una collega indisposta, l’allestimento era moderno, ma non assurdo. Se c’è una logica mi trovo bene. Non faccio la diva, ma di solito chiedo ai teatri di vedere prima com’è la regia e lo spettacolo. Non riesco a cantare bene in una situazione in cui non mi sento a mio agio. Mi piace la modernità, a patto che abbia una sua bellezza e una sua logica.
Prossimi impegni…
Farò un gala il 14 settembre, all’Odeo di Erode Attico, per omaggiare Maria Callas, in occasione dell’anniversario della sua morte (16 settembre). Poi sarò Aida del Santiago del Chile. Farò Tosca a Stoccarda e ad Atene. Infine farò Mefistofele alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera.
Grazie a Cellia Costea e In bocca al lupo!
Francesco Lodola