Trieste – La stagione lirico sinfonica del teatro Giuseppe Verdi , è cominciata domenica 10 settembre con un concerto straordinario che ha visto solista e direttore il celebre Ezio Bosso. Il programma era strutturato su un percorso con tema “La Libertà”. La serata ha visto nel primo tempo l’ouverture Leonore III di Beethoven e due brani di Ezio Bosso Split, postcards from far away e Rain in your black eyes , nella seconda parte la splendida Sinfonia n°7 sempre di Ludwig van Beethoven . La prima parte è stata quella piu apprezzata dal pubblico, con numerosissimi applausi e una standing ovation che da tanto tempo non si vedeva. La celebre ouverture e i brani di Bosso sono sembrati un tutt’uno , la ricerca della costruzione formale della ouverture e le piccole cellule tematiche della musica di Bosso si sono fuse in un unico quadro. Molto emozionante, il semplice ” Divertiamoci” detto dal maestro all’orchestra appena salito sul palco e da quella parola sono partiti sguardi che facevano capire ad un spettatore quanto feeling univa l’orchestra al direttore. A chi scrive, ha colpito tantissimo la ricerca del pianissimo nella Leonore un suono carico d’energia, sostenuto e pronto a rinforzarsi battuta dopo battuta fino al vigoroso forte della Tromba.
L’aggressività, segno della lotta per la libertà in Split e Rain in your black eys ha portato ad un suono potente ma mai volgare. Dopo la pausa di quasi trenta minuti , la settima sinfonia di Beethoven, lavoro che riflette sulla vita di ogni essere umano. L’orchestra del teatro ha saputo ben impegnarsi in questo concerto, dimostrandosi in un buon livello già dalla prima nota. Il pubblico triestino ha risposto con una partecipazione unica, che fa ben sperare per questa stagione. C’è stata qualche imprecisione tecnica, c’è stato qualche suono non curato ma le emozioni che sono state trasmesse al pubblico sono state uniche. Ezio Bosso, ha trasmesso al pubblico la grinta, l’energia e la voglia di vivere che spesso l’essere umano si dimentica travolto dalla modernità. Buon lavoro a tutte le maestranze della Fondazione triestina.
Matteo Firmi