
Il Teatro La Fenice da alcuni anni sta proponendo al suo pubblico le farse veneziane di Rossini, quelle andate in scena al leggendario Teatro San Moisè, che venne chiuso solo pochi anni dopo (1818). In questa lodevole iniziativa La Fenice si è avvalsa più volte della collaborazione della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti. Nel mese di settembre è stata la volta della ripresa de “L’occasione fa il ladro” su libretto di Luigi Prividali, denominata dallo stesso librettista una burletta in un atto. Una farsa che mette in luce la sapienza di Rossini nel saper cogliere quel mezzo carattere, che lo vedrà brillare come l’unico compositore in grado di dare sostanza reale al genere semiserio. Spiace che l’edizione veneziana non risulti di grande effetto e non riesca a dare spessore a questo prezioso titolo. Efficaci sono i costumi e anche le scene curate dall’Accademia di Belle Arti, ma a lungo andare divengono invero piuttosto monotoni e non funzionale agli intrecci e agli scambi della fitta drammaturgia di Prividali/Rossini. Inoltre il velario costante sul palcoscenico, non permette di entrare in collisione umana con il palcoscenico, facendo risultare tutto abbastanza asettico. Così come monotona risulta la regia di Elisabetta Brusa, la quale non riesce a creare nessun “evento” scenico. Lodiamo l’aver evitato cadute nel cabaret greve ed inutile, ma certo, un sorriso avrebbe potuto pure strapparcelo. Belle le citazioni delle lettere di Rossini che scorrono durante la Sinfonia, in cui il cigno pesarese scriveva alla madre della veloce composizione dell’Occasione, in soli undici giorni.

Si ha la convinzione che queste opera possano facilmente essere terreno per giovani artisti: ribadiamo un’altra volta con forza che non è così. Infatti in questo caso avevamo delle voci gradevoli, ma non personalità debordanti. A parte Armando Gabba (Martino), attore eccellente e cantante di notevolissimo spessore, e Omar Montanari (Don Parmenione). Il baritono di Riccione si dimostra ancora una volta padrone della scena, l’unico in grado di catturare l’attenzione, grazie ad una prestazione teatrale magnifica e ad una vocale altrettanto superba. La voce è timbrata e di bellissimo colore e lo stile è sempre impeccabile. Un artista completo.
Giorgio Misseri (Conte Alberto) ci è piaciuto molto di più rispetto a precedenti appuntamenti, anche veneziani. L’artista è molto migliorato nel canto e sembra anche più disinvolto vocalmente. La voce di questo tenore di timbro molto bella crediamo meglio si adatti a parti più liriche e centrali. Altra cosa da migliorare è l’attitudine attoriale, che pur essendo composta, risulta un po’ troppo guardinga.

Bene Enrico Iviglia (Don Eusebio), voce di bel timbro e fraseggio elegante. Probabilmente avrebbe risolto senza problemi anche il ruolo del Conte Alberto. Efficace Rosa Bove (Ernestina), voce di bel timbro, talvolta un po’ troppo sopra le righe. Rocìo Pérez (Berenice) è una cantante di doti notevoli, capace tecnicamente e disinvolta nelle agilità. Tuttavia non ha le stigmate della grande virtuosa, quella che lascia a bocca aperta il pubblico.
Michele Gamba dirigeva l’orchestra del Teatro la Fenice con adeguato senso drammatico e buona capacità di seguire il palcoscenico. Unico neo sono le sonorità, talvolta troppo dirompenti.
Alla fine un caloroso successo da parte di un Teatro quasi pieno.
Francesco Lodola
Verona, 23 settembre 2017