A più di dieci anni dalla sua ultima recita (eravamo, infatti, all’inaugurazione della nuova stagione nel 2005), ritorna al Massimo napoletano Fidelio, l’unica opera teatrale, appartenente al genere dello Singspiel (recita cantata), di Ludwig van Beethoven e la cui direzione è stata affidata al maestro indiano Zubin Mehta, Direttore Onorario del Teatro San Carlo dall’estate 2016. Sabato 23 settembre quest’opera in forma di concerto, che ha visto come protagonisti sia l’Orchestra che il Coro del Teatro di San Carlo, è riuscita ad infiammare gli animi di un pubblico solitamente esigente e per l’occasione anche internazionale (molte, infatti, erano le presenze tedesche). Zubin Mehta ha più volte affermato di avere con Fidelio un legame particolare: dopo averlo ascoltata più volte a Vienna, dove il maestro indiano ha continuato i suoi studi, ha poi avuto l’occasione di dirigere per quest’opera alcune grandi orchestre come la Israel Philharmonic Orchestra nel 1975 e la Los Angeles Philharmonic Orchestra nel 1977, mentre in Italia solo nel 2015 per il Maggio Musicale Fiorentino. Durante la recita la compagnia di canto costituita dalla voce potente e ricca di personalità del soprano Anja Kampe (che, inoltre, ha già inscenato Leonore a Milano e a Vienna) ha accompagnato magistralmente la direzione di Zubin Mehta. Il tenore Peter Seiffert nel ruolo di Florestan ha entusiasmato il pubblico, mentre omogenea e al contempo elegante è risultata l’interpretazione di Evgeny Nikitin (il cattivo Don Pizarro). Per la sua bella agilità e il fraseggio ha colpito anche Barbara Bargnesi nel ruolo di Marzeline. Insomma, tutti gli interpreti (fra i quali non possiamo tralasciare Samuel Youn/Don Fernando, Wilhelm Schwinghammer/Rocco e Paul Schweinester/Jaquino) hanno reso questo Fidelio un’opera indimenticabile della stagione 2016/2017 del San Carlo. Inoltre, durante la recita di grande impatto sono state le note narrative di Sonia Bergamasco. Beethoven aveva previsto dei “momenti parlati” fra i vari personaggi, ma qui l’attrice italiana ha voluto dare spazio all’interiorità dell’eroina Leonora.
Certamente, ci interessa sottolineare anche il carattere innovativo e originale del Rettungsstück (ossia l’opera che si conclude con la salvezza degli eroi) di Beethoven, nato prima del 1804, e che raggiunse il successo solo dieci anni dopo. La prima di Fidelio, infatti, che si svolse il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien e che si fermò a sole tre recite, fu un vero insuccesso e i motivi sono tanti. In primo luogo, un clima molto pesante a Vienna per la presenza in città dell’esercito: il pubblico viennese cominciò ad evitare i teatri, mentre quest’ultimi si affollavano di ufficiali francesi poco abituati alle sonorità della musica e della lingua tedesca. In secondo luogo, l’esecuzione del 1805 non fu delle migliori e il fatto che ci fossero troppe melodie orecchiabili sembrava rallentare l’azione drammatica. Beethoven, dunque, riprese la sua opera per modificarla e presentarla nuovamente al pubblico due anni dopo, il 29 marzo del 1806. Purtroppo, anche stavolta le repliche furono pochissime (soltanto due) e ciò segnò il rinnovato insuccesso. L’ultima versione, quella che conosciamo oggi e che è andata in scena pochi giorni fa al Massimo napoletano, è quella del 1814. Sono tante, dunque, le curiosità su Fidelio e la sua storia affascina ancora di più quando si pensa che Beethoven ha composto ben quattro ouverture: la Leonora n.1, la Leonora n.2 (quella del 1805), la Leonora n.3 della seconda versione e che oggi viene suonata come intermezzo fra i due quadri del II atto, e l’attuale ouverture del Fidelio. L’argomento poi è tratto da un’altra opera, Leonore ou l’amour conjugal di Jean Nicolas Bouilly che dal 1793 al 1797 fu pubblico accusatore a Tours, dove ebbe modo di ricavare la vicenda per la sua opera. Oltre a quella dell’amore e della fedeltà coniugale, la tematica politica domina: Beethoven fu prima grande sostenitore degli ideali della Rivoluzione francese e poi deluso dalle reali intenzioni di Napoleone e dalla sua incoronazione a imperatore. In quest’opera, dunque, secondo l’ottica del compositore la giustizia e il bene sembrano trionfare sulla prepotenza e la sete di potere. Cosa rimarrà di questo Fidelio al San Carlo? In primis, il desiderio che ritorni al più presto al Massimo napoletano, magari nuovamente diretto dal grande maestro indiano. Infine, un messaggio di pace e di giustizia che, in tempi tanto miseri e crudeli, anche Zubin Mehta ha più volte voluto sottolineare.
Pia Lombardi