Gioachino-Rossini
Ph. Luca Viti – marcovitidesign

Le migliori sorprese sono quelle che non ti aspetti, e così è stato per “L’inganno felice” al Teatro Fraschini di Pavia. L’unica recita del 30 settembre ha entusiasmato tutto il pubblico presente in sala non solo per le grandi interpretazioni sul palcoscenico, ma anche per la spettacolare performance della Virtuosi Brunenses Orchestra, una delle migliori per il repertorio rossiniano (basti pensare che è questa l’orchestra impegnata nel Rossini in Wildbad Festival e anche nel Bad Hersfeld Opera Festival). La sorpresa di questa farsa, tra le più famose del compositore originario di Pesaro e portata in scena per la prima volta l’8 gennaio 1812 al Teatro San Moisè di Venezia, sta nei tanti elementi che l’hanno caratterizzata: dalla regia alla direzione, dalle scene (curate da Sofia Borroni) agli interpreti. È da apprezzare la scelta del regista Beppe Soggetti di non eccedere nella narrazione della storia, già di per sé poco conosciuta. Vi è, infatti, un rispetto quasi “filologico” che conduce anche alla decisione di far coincidere, attraverso un’iniziale pantomima, l’antefatto alla musica dell’ouverture. In scena pochissimi elementi, dal significato però importante: una struttura con una porta che rappresenta la casa di Tarabotto e Nisa, un ponte e dei sacchi di ferro provenienti dalla miniera, tutti elementi che al loro interno potrebbero celare un segreto, un inganno appunto. Questa storia di invidie e gelosie, violenza e amicizia, amori respinti e contrastati è stata magistralmente recitata dai pochi ma bravi interpreti, a partire dal baritono Bruno Taddia che, non solo con la sua voce, ma anche con i suoi atteggiamenti e le sue movenze, convince (e diverte) tutto il pubblico presente in teatro.

inganno
ph. concertodautunno

Quest’ultimo poi, insieme a Marco Bussi (Batone) crea una coppia sorprendente, soprattutto nel duetto “Và taluno mormorando”, mentre per il suo canto aggraziato colpisce l’interpretazione di Isabella del soprano Shoushik Barsoumian. Anche se inizialmente un po’incerto, è da notare la ripresa durante la recita del tenore Stefano Marra che con la sua voce conferisce grande nobiltà d’animo al personaggio che interpreta, ossia a quello del Duca. Infine, più acerba la voce di Giuseppe Zema (Ormondo), forse l’interpretazione che ha convinto di meno. In ogni caso, alla fine della recita il pubblico ha salutato gli interpreti de “L’inganno felice” con grandi e calorosi applausi, rivolti soprattutto al direttore pavese Jacopo Brusa. Quest’ultimo convince per la sua impeccabile e chiara direzione che non vuole mai ostacolare il canto, bensì accompagnarlo per tutta la recita.

Pia Lombardi

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