
L’opera, come tutte le forme d’arte a lei sorella, ad esempio il teatro di prosa e la letteratura nonché le arti figurative, possiede un unico destino e scopo, quello di arricchire e nutrire l’intelletto e lo spirito umano. Riprendendo gli antichi pensatori greci che affermavano come la musica fosse per l’anima ciò che la ginnastica è per il corpo, uno spettatore, uscito da teatro, dovrebbe sentire che qualcosa in lui è cambiato, che, in una certa misura, si è purificato poiché qualcosa lo ha sconvolto. Ebbene, La Traviata incarna perfettamente queste caratteristiche e svolge , con altrettanta perfezione, il suo ruolo di cura dell’anima. Nella produzione del Teatro dell’Opera di Roma, oltretutto, viene offerta a quest’opera la possibilità di esprimersi con grazia ed eleganza, grazie ad una regia intelligente nella sua classicità, ad opera di Sofia Coppola, e alle scene di Nathan Crowley, sulle quali spiccavano i costumi, strepitosi in quanto vere creazioni artistiche, di Valentino Garavani, Maria Grazia Chiuri, Pierpaolo Piccioli.

Ma ciò che veramente ha fatto rivivere l’opera, sono stati gli interpreti di un cast perfettamente omogeneo e di altissimo livello artistico, sotto la preparazione e direzione del maestro Stefano Ranzani.
Iniziando dal versante femminile, la Violetta di Francesca Dotto è pressoché completa. Se si riprendesse quello storico aneddoto che sottolineava come per La Traviata fossero necessari 3 soprani, in questo caso non è minimamente calzante, la Dotto è credibile in tutti e tre gli atti. Nel primo, vestita di un lungo abito nero da sera con strascico verde, affronta senza difficoltà le agilità richieste: l’aria “E’ Strano” seguita dalla cabaletta “Sempre libera” sono un piacere da ascoltare e guardare per l’intensa recitazione, per l’omogeneità dei registri e per il volume della voce che si apre soprattutto negli acuti, i quali sono sempre presi con morbidezza e poi rafforzati, senza spingere. Termina l’aria con un bellissimo Mi bemolle, che seppur non scritto, è sempre un piacere ascoltare quando è ben eseguito.

Nel secondo e nel terzo atto la Dotto non si sforza minimamente e non risente del cambio di tessitura, arrivando a interpretare un “Addio del passato”, tutto in pianissimo, ma sempre ben appoggiato. Non sorprende perciò che a fine recita sia stata omaggiata da numerosi “brava” oltre che da scroscianti applausi, forse i più forti e sentiti della serata. Flora, interpretata da Erika Beretti, pur cantando un ruolo in realtà piuttosto breve, ha colpito e stupito per la dizione e l’ottima recitazione, così come soddisfacente è stata anche la Annina di Chiara Peretti.
Il versante maschile non è meno completo di quello femminile: Arturo Chacón-Cruz, interpretante Alfredo ha una timbrica fresca e svettante, il volume maggiore lo ottiene negli acuti, dove la voce si riempie e si proietta tutta in alto. Affronta l’aria e la difficile cabaletta con sicurezza e credibilità, sfoggiando dei bellissimi Si bemolle e un buon Do acuto. Di lui sarà sicuramente ricordata la grande capacità recitativa e scenica.

Grandissimo volume e timbro caldo e penetrante sono le cifre stilistiche della voce di Sebastian Catana, interprete di Giorgio Germont, il quale grazie ad una grande presenza scenica e vocale ha interpretato brillantemente l’aria del secondo atto. Come attore ha ben reso l’evoluzione del personaggio che comprende i propri errori. Degni di menzione in una serata così intensa sono il Barone Douphol di Roberto Accurso, il Marchese d’Obigny di Andrea Porta, il Dottor Grenvil di Graziano Dallavalle e il Gastone di Pietro Picone.
Il tutto è stato possibile grazie alla preparazione del Maestro Ranzani, il quale dirige a memoria, senza spartito, dosando i colori e l’intensità dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma e del coro, molto presente nelle celebri pagine della Traviata, egregiamente preparato del Maestro Gabbiani

In conclusione Viva Verdi, senza connotazioni monarchiche, quando è ben eseguito! Per fortuna, il teatro riproporrà in marzo, nella stagione 2017/2018, questo fortunato allestimento, dato che in molti non hanno potuto vederlo essendo andato “sold out” in pochissimo tempo.
Paolo Mascari e Sara Feliciello
Roma, 4 novembre 2017
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