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©Marius Baragan

La parola Diva in latino indicava la divinità, una persona che portava una luce nel mondo terreno e mortale. Una creatura che imponeva il suo tratto eterno sul solco dell’eterno scorrere del tempo dell’umanità. Angela Gheorghiu porta con sé un traccia di divinità nel mondo della lirica: è una Diva nel senso più vicino all’origine latina del termine: ha un’aura di luce che la circonda, emana un fascino incantatore, una sirena che incanta con la voce, lo sguardo e il carisma innato. All’Arena di Verona quando qualche mese fa ci siamo conosciuti, i giornalisti presenti, che sapevano chi era per sommi capi, se ne sono innamorati follemente dopo averla sentita cantare, parlare e dopo aver percepito il fascio di luce che l’accompagna. E noi che innamorati lo eravamo già, non abbiamo fatto altro che innamorarcene ancora di più. Quella sera abbiamo avuto l’occasione di fare una piccola intervista, ma ora finalmente siamo riusciti a farne una molto più ampia, a pochi giorni dall’uscita della sua nuova fatica discografica “Eternamente – The Verismo Album” per Warner Classics.  

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©Simon Fowler

Com’è nato il tuo amore per il canto e per l’opera?
Sono nata con l’amore per il canto, canto da quando ero molto piccola, già quando andavo all’asilo. Nella mia città cantavo delle canzoni, e i miei amici e vicini di casa si mettevano intorno a me per sentirmi cantare, ed erano già molto impressionati dalla mia voce, e ho notato che il mio canto toccava il loro cuore in un modo veramente speciale. Sono stata fortunata che le persone accanto hanno visto il dono che avevo e mi hanno incoraggiato, la mia famiglia e i miei insegnanti, hanno immediatamente riconosciuto il mio talento. Quindi sapevo fin da piccola che sarei diventata una cantante lirica. Quando sono andata al Conservatorio di Bucarest, a quattordici anni, la mia insegnante, Mia Barbu, mi ha dato tutti i consigli necessari, quindi all’età di diciotto anni ero già abbastanza cosciente della mia voce, della mia tecnica di canto, insomma di quasi tutto!

La Romania è da sempre una terra di grandi voci, da Hariclea Darclée fino a te….come ti spieghi questo grande legame tra l’opera italiana e il tuo paese?
Si, è vero, e spiegarlo non è poi così difficile. Viene dalle nostre origini: i romeni hanno origine dai latini, e quindi lo abbiamo nel sangue. Condividiamo con gli italiani un modo di essere e l’opera italiana ha sempre avuto una grande connessione con tutte le grandi soprano romene. 18268257_1487959531260504_8760938233295628282_nSono felice che tu abbia citato Hariclea Darclée, perché molte persone ancora non sanno che lei è stata l’artista che chiese a Puccini di scrivere “Vissi d’arte”, mentre stava preparando Tosca, per interpretarla alla prima assoluta. Quindi le dobbiamo questa aria magnifica, che è come un inno per me, un “credo”. Penso che il popolo romeno ha una storia speciale. Centinaia di anni fa il paese era diviso in tre parti: Moldavia, Transylvania e Valahia. I romeni erano di origini latine e hanno avuto molto influenze negli ultimi 2000 anni: il territorio era chiamato Dacia. I daci credevano nei loro Dei , ma poi nel 106 i romani conquistarono questo territorio, sotto il regno dell’imperatore Traiano. Le influenze successive sono venute dai greci e dai turchi. Nella parte orientale c’è una grande influenza russa. La Transylvania ha delle influenze tedesche e austro-ungrariche. La maggior parte dei romeni sono di fede ortodossa, questo è molto importante, poiché la voce umana è prevalente nelle celebrazioni liturgiche. Non è permesso l’uso degli strumenti musicali, solo la voce. Iniziamo a cantare fin da bambini, in chiesa. Per questo ci sono molti grandi cantanti provenienti dai paesi dell’est, grazie alla fede ortodossa. Tutte le feste religiose sono molto ricche dal punto di vista musicale. La musica dell’opera italiana è arrivata in Romania nella seconda meta del diciannovesimo secolo, quando la cultura occidentale fu importata in Romania, grazia alla dinastia regnante, gli Hohenzollern. Quindi cominciarono ad essere costruiti teatri e teatri d’opera. I romeni, pieni di talento, hanno cominciato a studiare in Italia e in Francia…

4249406Virginia Zeani sembra rappresentare la tua “madre” artistica….in che cosa ti è di ispirazione, e che cosa hai imparato da lei?
Io la chiamo “mami Virginia” e abbiamo un rapporto molto forte di affetto e di reciproca ammirazione. Non direi necessariamente che è la mia “madre artistica”, perché da quando avevo diciotto anni, non ho più avuto un maestro o un consulente di qualche tipo. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con la mia coscienza e il mio potere di determinare le mie azioni, sempre e solo con il mio istinto. Fu una mia decisione, molto consapevole di non avere più un’insegnante. Anche Ileana Cotrubas mi chiamò e mi invitò a studiare con lei, ma io le dovetti dire di no, perché ero diversa. Non credo che i grandi artisti dovrebbero farsi imitare dai giovani cantanti. La sua personalità era completamente diversa dalla mia, lei era piena di ironia, malinconia e gelosia. Lei pensava che non era esistita, non esisteva e non sarebbe mai esistita un’artista più importante di lei. I giovani cantanti non si dovrebbero avvicinare a queste personalità, dovrebbe essere proibito. I giovani artisti dovrebbero scoprire le loro qualità artistiche individuali, ottenendo il rispetto di sé stessi. Ho fatto di tutto nella mia carriera, contrariamente alle regole e alle mentalità degli artisti d’opera degli anni 90. Ma Virginia Zeani è esattamente come me, siamo uguali, come gemelle. Lei è stata la prima cantante lirica che ho sentito, in una registrazione de “La Traviata”, e mi fece un’impressione enorme. Mi ricordo di quando guardavo la copertina del LP ed ero rapita dalla sua bellezza. Ero colpita da quella grande voce, che aveva la possibilità di fare la coloratura. Mi ha aiutato a seguire il mio sogno, a realizzare che tutto è possibile. Lei è un esempio di vera arte, bellezza, sincerità, lealtà e modestia, e un’ispirazione per le future generazioni di cantanti. Quello che io ammiro in lei, a parte la meravigliosa vocalità, è lo spirito, sempre vivo e saggio, anche adesso che ha appena compiuto novantadue anni. Ci amiamo e ci ammiriamo. E’ uno degli esseri umani più potenti, intelligenti e positivi che io abbia mai conosciuto. Ridiamo tanto insieme! Non posso dare nessun consiglio. Ogni giovane cantante ha la “sua” voce, la “sua” natura e deve essere intelligente di prendere le giuste decisioni sul futuro, sulla carriera e sul repertorio.

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©Marius Baragan

La parola che più ti descrive è sicuramente DIVA: ti senti descritta da questa parola e che cosa vuol dire essere una diva nel 2017?
Diva significa qualcuno che è quasi irraggiungibile, che ti porta completamente in un altro mondo attraverso la sua arte, il suo modo di essere, la sua fama e la sua personalità pura e la sua sincerità. Certamente io assumo su di me questa definizione, e sono fiera di essa. Non puoi fingere di essere una Diva, lo sei o no. La parola Diva è oggi estremamente abusata, ma il suo vero significato non cambierà mai. La parola Diva mi è sempre sembrata estremamente naturale. E’ vero che possiamo usarla per definire in modo positivo delle grandi personalità femminili del mondo della lirica, ma nel ventesimo secolo anche grandi artiste del jazz e del pop, possono essere definite dive. Qualche volta può essere utilizzata questa parola per chiarire il significato contrario: quanti cosiddetti artisti o starlets sono di fatto non-divi.

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©Simon Fowler

Quest’anno ricorrono i 40 anni dalla scomparsa di Maria Callas, a cui hai dedicato anche un album. Cosa significa il nome della Callas nel mondo del melodramma di oggi? È un modello, o un fantasma ingombrante?
E’ stata una coincidenza, perché condividiamo la stessa etichetta discografica, EMI, oggi Warner Classics, quindi questo è stato come l’idea di questo album è nata, essendo parte della stessa “famiglia”. La voce della Callas esprimeva molto bene il potere e la fragilità delle emozioni, e questo è un raro talento e un grande dono. Probabilmente è il nome più conosciuto per tante altre ragioni, non è la migliore voce operistica delle generazioni passate di cantanti. Lei aveva questo timbro speciale, ma non potrei dire che è la mia voce preferita. Adoro Virginia Zeani, Claudia Muzio, Rosa Ponselle, Mafalda Favero, Renata Tebaldi, Mirella Freni, Maria Cebotari, Kiri Te Kanawa, Renée Flemin, Leontyne Price, Montserrat Caballé, e certamente Eugenia Moldoveanu, l’unica che cantava a Bucarest durante i miei studi. La Moldoveanu era anche molto bella e cantava con grande classe. Con Maria Callas è complicato, la sua vita stessa fu complicata e questo attrasse un grande numero di persone. Non voglio dire che non è un mio modello. Al contrario: non mi sono mai augurata, e ho anche rifiutato, di sposarmi con un milionario che mi potesse aiutare nella mia carriera. Non ho voluto interferire nel mio destino con un miliardario che mi potesse sostenere. E’ evidente che Onassis fosse ancora più ambizioso, sposo dopo un’altra donna, Jackie Kennedy, e successivamente si innamorò di lei! Che coincidenza! Questo è tragicamente comico. Ma Maria soffrì molto e non era giusto. Tutte queste persone sembra non avessero orgoglio e senso dell’onore. Non possiamo negare che tutto questo ha influito sul fatto che Maria Callas ha lasciato tante registrazioni. Avrebbe dovuto usare il suo talento e la sua voce solo per la sua professione. Le persone ricche spesso non capiscono che un artista può essere più famoso solo basandosi sul suo talento, e non su basi materiali.

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©Rosellina Garbo

Ho sempre voluto fare cose come le audizioni e i concerti con le mie forze, non essendo aiutata da nessuno. Nella mia opinione Renata Tebaldi non è stata trattata bene, le è stata fatta un’ingiustizia. Realizzo ora, dopo 28 anni di carriera, che avere origine in un piccolo paese come la Romania, che non mi ha mai sostenuto, fa la differenza, è una realtà. Se tu sei americano, russo, francese, tedesco, italiano, inglese, è diverso. Non ho mai avuto un milionario che mi ha comprato gioielli, vestiti, appartamenti o case: mi sono comprata tutto da sola. Il duetto con Maria Callas è stata un’esperienza possibile grazie alla tecnica e l’idea mi è piaciuta. Devo dire tuttavia che mi dispiace che il titolo di un album così importante è stato dedicato a Maria Callas, sarebbe potuto esserlo a Virginia Zeani, Claudia Muzio o Maria Cebotari, artiste con le quali il legame sarebbe stato più naturale, e più dotate secondo me, e molto ammirate da me. Ma suppongo che EMI ha voluto fare promozione per Maria Callas, scegliendo questo titolo associato al mio nome, questo non è giusto. Tuttavia continuo a vivere come sempre, non facendomi influenzare da nessuno, e devo dire, continuando a rispettare la mia originalità.

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©Simon Fowler

Come dici tu stessa il tuo modo di lavorare è ormai una rarità nel mondo dell’opera: come ti prepari per una produzione, qual è il lavoro che fai durante le prove e prima delle prove?
Do tutta me stessa in ogni ruolo che studio, o che sto per mettere in scena, corpo e anima, per ogni mia esibizione, sempre. Sono stata viziata perché ogni grande ruolo che ho approcciato in un certo momento della mia carriera, l’ho cantato in produzioni, costruite esclusivamente attorno a me, e alla mia personalità. Questo è molto importante. Per ogni ruolo, io ci metto dentro tutto il mio cuore. Leggo tutto il possibile, e ascolto tutti, ma non provo mai a copiare nessuno. Costruisco ogni ruolo su di me, sempre, non potrebbe essere altrimenti, perché vorrebbe dire non essere fedele a me stessa. Per una nuova produzione mi piace sempre avere tempo, per entrare nel ruolo, per sentirlo vicino a me, è molto importante non correre. Poi ogni artista ha il suo modo di lavorare e i suoi piccoli segreti…

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©Catherine Ashmore

Una straordinaria cantante e un altrettanto straordinaria attrice: come costruisci un personaggio, sia dal punto di vista musicale, che teatrale?
Grazie! Per me sia la musica che l’azione sono importanti, è sempre interdipendenti tra loro. Una senza l’altra non esisterebbe, sarebbe troppo superficiale. Esploro ogni aspetto di un personaggio, nella storia e nella letteratura, e porto sempre qualcosa della mia personalità in esso, non potrebbe essere altrimenti. Per me la partitura è come una bibbia, è la cosa più importante, e la rispetto come un oggetto sacro, in ogni aspetto e dettaglio. Molte volte mi sento come un’attrice che deve cantare invece che parlare. Mi dimentico perfino che c’è un direttore, e mi prende totalmente il ruolo……non ho mai trascurato o sottovalutato le prove e le recite, voglio sempre essere il personaggio che sto interpretando. Cerco di raggiungere la sua identità, e di avere la sua mentalità, per essere credibile. Non ho mai recitato un ruolo, un personaggio, sono quel personaggio.

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©Simon Fowler

Sei una cantante molto prolifica anche dal punto di vista discografico, quanto è importante per te lasciare testimonianza delle tue interpretazioni, anche in fasi diverse della tua carriera?
E’ vitale! Sono stata fortunata di vivere ancora e sperimentare il bel tempo delle registrazioni operistiche, al loro più alto livello professionale. Tutto ciò che ho registrato era al meglio in ogni piccolo dettaglio, sempre. Ho sempre voluto che tutte le mie registrazioni fossero di alto livello. Fin da quando ho firmato i miei primi contratti discografici ho voluto controllare tutto: partners, direttore, studio, orchestre….Oggi tutto è cambiato, internet ha reso tutto più disponibile, la gente non compra più gli album, ma sono stata fortunata di costruire una forte e vasta discografia negli anni. Posso dire che era un tempo diverso rispetto a quanto accade oggi in questo settore. Voglio essere ricordata con i miei ritratti di diversi ruoli, sia Mimì, Tosca, Marguerite, Magda e altri…anche Madama Butterfly, per esempio, che ho registrato ma non canterò mai sul palco, poiché piangerei tutto il tempo. Rendere miei tutti questi ruoli, in un momento specifico della mia carriera, significa che ci sono riuscita e che lascerò una testimonianza dietro di me…e questo è qualcosa che non tutti i cantanti lirici possono dire, non necessariamente per loro responsabilità, ma anche per i tempi in cui viviamo ora.

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©Catherine Ashmore

Tuttavia a proposito della registrazione di Butterfly: io suggerii Toni Pappano come direttore, lui è stato il maestro con il quale ho collaborato dal 1996 per molti, molti cd. Ho anche proposto Jonas Kaufmann per questa registrazione, perché a quei tempi non era molto conosciuto. Il risultato è stato che entrambi, Pappano e Kaufmann, mi hanno “tradito” più tardi, nella mia stessa casa discografica, per la registrazione di “Aida”, buttandomi fuori dal progetto. Questa rimarrà per sempre una delle mie più grandi delusioni, poiché Toni è stato fino ad allora un caro amico, un caro direttore e ammiratore. Jonas è stato il tenore che ho proposto per la prima volta al Met, al Covent Garden, alla Scala. Questo è perché non ho voluto sentir parlare di cd per altri sei anni. Quindi è stata nuovamente la compagnia discografica che mi ha convinto a registrare un nuovo album. Questo è perché ho deciso, insieme a Emmanuel Villaume, durante le nostre recite di Tosca al Covent Garden, mentre eravamo al “nostro” ristorante “Giovanni’s”, di registrare un nuovo album con questa meravigliosa orchestra di Praga. Conoscevo quest’orchestra da anni, sono molto professionali e sempre sorridenti, c’è un bella atmosfera lì. Com’è bella la Smetana Hall nella fantastica e romantica città di Praga. Sono molto felice di aver registrato il mio album lì.

3921Una diva mediatica: come gestisci la tua immagine di diva nell’era dei social, tu che sei nata sotto il segno dell’opera trasmessa in televisione, sin dalla Traviata londinese del 1994?
Nel 1994 è stato un momento storico per la televisione e l’opera, la BBC ha cancellato tutta la sua programmazione per trasmettere “La Traviata”, non era mai successo prima e fu un vero “boom”. Nonostante io riconosca quanto sia importante essere presenti sui social media, non posso dire che quello che sta succedendo ora con internet va bene….non va bene! Gli artisti oggi sono molto esposti, Se tu canti una nota infelice è sicuro che in un paio d’ore apparirà su YouTube. E gli artisti stessi si rendono e sono troppo disponibili a tutte queste dirette streaming, e questo fa perdere rispetto a loro. Nel caso degli streaming internet tutti vengono pagati, tranne gli artisti stessi. Se un artista prende un compenso, è più che altro simbolico. Credo sia un peccato.

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©Simon Fowler

Il tuo album appena uscito “Eternamente” è dedicato al verismo, e contiene arie note e romanze da opere di rarissima esecuzione….come hai selezionato questi brani e scelto questo repertorio?
Ho scelto ogni aria, brano, duetto, come ho sempre fatto in tutta la mia intera carriera. Poiché il verismo è un repertorio pesante, ho voluto “addolcirlo” un po’, con questi brani, delle vere rarità, molto belle e toccanti. Ho sentito Caruso cantare “Eternamente” di Mascheroni, e mi sono innamorata di questa canzone. Nello stesso modo è successo con “Ombra di nume” e “O del mio amato ben”. L’album contiene anche celebri arie e duetti, un repertorio completamente nuovo, in cui so che molti vogliono ascoltarmi. Il duetto da “Andrea Chenier” è probabilmente uno dei più bei duetti mai scritti, così potente e pieno di emozioni. La collaborazione con Joseph Calleja, che ammiro molto e che è uno dei migliori tenori della sua generazione, per questo duetto e per l’altro duetto del disco, da “Cavalleria Rusticana”, continua con me che canto nel duetto da “Otello” nel suo nuovo album. Bravo Joseph!

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©Catherine Ashmore

Il ruolo che affronti più spesso da ormai 8 anni è “Adriana Lecouvreur”, un personaggio difficile soprattutto per un’artista: chi è la tua Adriana?
Infatti la Royal Opera House mi offrì Adriana già molto tempo fa, prima de “La Rondine”. Ma ho cercato di convincere Peter Katona a fare prima Rondine e poi Adriana, così anche Tosca l’ho fatta prima. Adriana è uno dei ruoli più difficili, se la capisci profondamente e la interpreti con tutta la tua essenza. Bisogna essere maturi per questo ruolo. E’ uno dei personaggi che adoro cantare e uno dei miei cavalli di battaglia. Adriana Lecouvreur era una vera attrice, durante l’epoca di Molière, ed era molto moderna nell’epoca in cui visse: era avanti rispetto al suo tempo, se vogliamo dire così. Per me è importante relazionarsi con il personaggio reale, che in questo caso è veramente esistito, e quindi portare la mia personale visione del ruolo. Adriana è una diva romantica e appassionata, innamorata della vita, innamorata della sua recitazione: adoro la scena del monologo del terzo atto, poiché mi dà l’opportunità di brillare nelle mie capacità di attrice, di arrivare al cuore della gente con le mie parole, e questo è molto potente. Adriana è un po’ idealista come io sono da molto tempo ormai…

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©Catherine Ashmore

Gli altri due personaggi simbolo della tua carriera sono Mimì, Tosca, Marguerite, Adina e Violetta, dei ruoli amati dal pubblico, di cui sei diventata interprete paradigmatica: ci racconti come sono nati i tuoi ritratti di questi personaggi, soprattutto Violetta, che è stato il ruolo che ti ha lanciato nel panorama internazionale?
Riguardo al mio debutto come Violetta ho una dei ricordi più meravigliosi. Durante una delle prove d’orchestra, Sir Georg Solti, il qualche debuttava ne “La Traviata”, a 82 anni, lasciò il podio al suo assistente e andò in ogni angolo della Royal Opera House, platea, palchi, galleria, solo per sentire la mia voce e per adattare l’intera orchestra in armonia con essa. Questo fu per me preziosissimo e la prima e l’ultima volta che vidi un direttore farlo. Fu magico, e la storia fu scritta, e tutti sappiamo come andò. Per Violetta qualcuno dice che c’è bisogno di tre o quattro, o molte voci di differente tipo per cantarla…Non è vero! Sono i colori della stessa voce che creano il ruolo. La storia ti dice sempre che cosa fare con la voce. La prima proposta per cantare Tosca è arrivata proprio mentre cantavo Violetta, a Parigi. Alla fine di una recita, il produttore Toscan du Plantier è venuto a salutarmi e mi ha detto:” Tu sei la mia Tosca!” e mi ha proposto di fare il film, che ha avuto un successo enorme. Tosca è una diva, una cantante lirica, come lo sono io: quindi il ruolo mi sta molto bene, è un personaggio forte, che mi piace molto interpretare. Anche Mimì sono io e la mia vita. La mia intera vita personale, la mia intera carriera, i miei rapporti con molti teatri sono legati a Bohème.

13012632_1132231386833322_7225898328347179654_nDopo una carriera così ampia e un repertorio molto ricco, ci sono dei ruoli che sogni e che non sono ancora arrivati?
Sono ad un punto della mia carriera in cui posso dire che sono soddisfatta di quello che ho realizzato e che sono felice per tutto quello che deve ancora arrivare. Uno dei ruoli che non è ancora arrivato, ma lo farà presto, è “Manon Lescaut” di Puccini: registrerò l’opera intera l’anno prossimo. Poi ci potranno essere “Otello” e “Don Carlo” o anche Margherita nel “Mefistofele” di Boito. Ma tutto deve essere perfetto, non sono abituata alle mezze misure e non lo sarò mai.

La nostra realtà è in gran parte al pubblico delle nuove generazioni, quali sono i consigli che daresti ad un giovane che si avvicina come cantante, ma anche come spettatore?
Probabilmente il miglior consiglio che io posso dare ai giovani cantanti, così come agli spettatori è di cercare sempre l’onestà nella musica, nella voce umana e nelle emozioni che la voce porta all’anima. Certamente la musica come ogni altra forma d’arte, è soggettiva e sarà sempre così, ma la sincerità è qualcosa che non può essere simulata e questo può arrivare a tutti, almeno ad un certo livello.

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©Gabi Hirit

Alle nuove generazioni di cantanti vorrei dire di essere sé stessi, di ascoltare tutti, ma non provare ad imitare mai qualcun altro, perché una delle chiavi del successo è essere originale, essere un’individualità distinta da qualunque altro.
Prossimi impegni…
Proprio ora sono in tournée in Corea del Sud. A dicembre ritornerò a Berlino per “La Boheme”, poi Tosca alla Wiener Staatsoper e alla Royal Opera House di Londra. Tutto quello che faccio non è un segreto per nessuno, lo potere trovare giusto con un click sul vostro computer e telefono cellulare. Registrerò “Manon Lescaut” il prossimo anno, in uno studio discografico “a la carte”, come nel passato, e sono molto eccitata e fiera per questo progetto!

Grazie ad Angela Gheorghiu per la grande disponibilità e In bocca al lupo!

Francesco Lodola

Si ringraziano Mihai Ciortea e Alexander Gerdanovits per la preziosa collaborazione.

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