Tra i baritoni di oggi spicca sicuramente il nome di Mario Cassi, una voce importante che è diventata un riferimento per il repertorio del belcanto, da Rossini fino a Verdi. In questi anni abbiamo potuto apprezzare le sue grandi qualità vocali e teatrali, da un divertente Malatesta in “Don Pasquale”, fino ad uno scatenatissimo Figaro de “Il Barbiere di Siviglia”. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo quasi due anni fa ormai (qui per leggere di quell’incontro) e ora lo abbiamo rifatto sulla scia di questa rubrica “Fratellid’Itali@”, perché Mario porta l’opera italiana nel mondo e speriamo che sempre di più anche i teatri italiani ci permettano di gioire della sua arte…
Perché un giovane dovrebbe avvicinarsi alla lirica ?
Perché è un genere di spettacolo artistico che da secoli si ripropone con le stesse componenti, che rivive ogni volta in maniera unica e irripetibile, che comprende e sollecita più funzioni sensoriali. E’ spesso un evento che aiuta a socializzare e a conoscere persone, invita a confrontare le proprie opinioni, ad ascoltare, ed è uno dei pochi spettacoli dal vivo dove ancora il pubblico interviene ed è parte integrante dello spettacolo stesso. Se vi sembra poco…..
Perché secondo te la lirica non attrae i giovani ?
Intanto le presenze di giovani agli spettacoli di Opera, specialmente all’estero ma anche in Italia, sono sempre più consistenti. Peraltro io penso che sia un tipo di spettacolo che richiede una maturità e una capacità di ascolto che si conquistano anche con l’età. Io andavo all’opera già a 12 anni, i miei coetanei che all’epoca snobbavano il Teatro oggi sono sempre più’ assidui frequentatori di spettacoli operistici. Se si considera che la vita media si è molto allungata, si capisce che il pubblico dell’Opera, è destinato a crescere in maniera progressiva e naturale, anche senza “obbligare” giovani e giovanissimi a seguirci. Ci seguiranno naturalmente quando saranno più’ grandi…….
Se dovessi usare 5 aggettivi per descriverti quali useresti e perché ?
Appassionato, Testardo, Sincero, Leale, Generoso. La passione da sempre muove i miei passi e le mie scelte, da quando a 18 anni decisi di studiare canto privatamente insieme ai “regolari “ studi universitari conclusi con la Laurea a 23 anni in Economia all’Ateneo fiorentino. Senza la passione non sarei mai riuscito a continuare un percorso cosi lungo e pieno di ostacoli e porte chiuse come è stato il mio. E questo anche grazie alla mia testardaggine che mi porta a lottare anche contro i mulini a vento pur di arrivare dove voglio. La sincerità’ e lealtà’ credo siano parte del mio DNA , credo arrivi dall’educazione e dall’esempio dei miei genitori, perché’ è ugualmente innata in mio fratello che fa l’ingegnere e non è minimamente artista. Non riesco a tradire le persone che hanno creduto in me e non riesco a dire qualcosa che non penso, mi si leggerebbe subito in faccia. La generosità’ nel canto e nella vita mi è stata più’ volte riconosciuta e apprezzata, non so se sia vero, a me sembra sempre di non fare niente di speciale ma di comportarmi secondo i miei valori e la mia etica. Però se lo dicono in molti magari è vero….
Chi è Mario Cassi fuori dal teatro?
Un uomo felice, che vive un sogno che dura ormai da quasi venti anni. Un uomo curioso di conoscere il mondo, le persone, di vivere la vita a fondo e pienamente, cercando di prendere il meglio da tutte le esperienze e da tutte le persone che incontro grazie a questo lavoro straordinario.
Quale consiglio daresti a chi vuole cominciare a studiare canto?
Di avere tanta passione, tanta pazienza e di sapersi dedicare anima e corpo a uno studio che non finirà mai. Direi loro di assecondare la propria voce e la propria predisposizione naturale. Di non cercare di saltare i passaggi obbligatori di una carriera che altrimenti può durare molto poco e dare molto più insoddisfazioni che piacere. Di aver cura del proprio corpo, come un atleta, perché’ la voce è una parte di esso.
Qual è il più bel ricordo delle tue lezioni di canto? qual è il miglior consiglio che ti hanno dato nei tuoi anni di studio?
Sono davvero tanti i bei ricordi….Ti dirò: a volte il momento della preparazione di un ruolo, dello studio approfondito, della ricerca, in compagnia di grandi musicisti o Maestri o colleghi che ti comunicano i loro segreti, è ancora più’ appagante del successo bellissimo di una serata col pubblico. A volte quando torno da ore di lezione sullo spartito con la mia pianista abituale, la stupenda Ulla Casalini, sono cosi soddisfatto e appagato che mi pare di aver fatto una prima con un’ovazione! Per non parlare delle prove musicali con Maestri come Muti o Zedda, dove l’emozione della ricerca di un personaggio con il colore della mia voce era addirittura superiore a quella della sera dello spettacolo. Però uno dei ricordi più belli è forse quello della prima volta che lavorai il “Largo al factotum” con Bruno de Simone, che da li in poi mi ha continuato a seguire con grande generosità’. Fu dopo la vittoria del Concorso Toti dal Monte, durante il master che faceva parte integrante del premio. E fu come una rivelazione. De Simone mi dette la chiave per risolvere le peggiori insidie di quella entrata, che da allora è diventata un po’ il mio biglietto da visita. Non gliene sarò’ mai abbastanza grato.
Quali sono le tue opere preferite?
Vado molto a periodi. In genere amo moltissimo l’opera che sto studiando o mettendo in scena, però adoro anche ascoltare opere in cui non ho nessun ruolo da cantare.
In questo periodo devo dire che ascolto molto assiduamente “La Rondine” e “Il Tabarro” di Puccini. Trovo che siano due capolavori assoluti, di teatro e musica, per non parlare della strumentazione orchestrale, assolutamente degna di partiture di Debussy e persino del “Pierrot Lunaire di Schönberg….Da buon toscano devo dire che la musica di Puccini mi conquista da sempre…anche se il compositore da me amato alla follia da sempre rimane Rossini…La sua musica ti dà una carica elettrica impressionante, e a volte ti apre abissi sconfinati di ripiegamento interiore. Al pari e forse anche più dello stesso Mozart.
Lavorando nei maggiori teatri del mondo ti sei trovato spesso con allestimenti molto classici e altri molto contemporanei. Da cantante ti chiedo, qual è secondo te il miglior modo per essere un buon interprete? e meglio cantare in un allestimento moderno oppure in uno classico?
Guarda, io ho sempre avuto una mentalità molto aperta, sia da spettatore critico (ruolo che ho ricoperto per oltre 10 anni prima di debuttare sulla scena nel marzo 1998, e che mi ha lasciato bellissimi ricordi e grande senso di responsabilità’, ruolo che ho smesso quando ho cominciato a cantare professionalmente perché credo nella deontologia professionale e nel rispetto delle regole, se si canta non si critica i colleghi a meno che non siano loro a chiederci un parere ) sia da cantante professionista. Ho sempre creduto che il nostro sia un mestiere di cantante-attore per cui la regia è fondamentale per comunicare col pubblico. Ti dirò di più: tutti i grandi direttori con cui ho avuto il piacere di collaborare, Muti per primo, sono attentissimi a quello che avviene in palcoscenico e giustamente intervengono perché il risultato finale sia il migliore. Per cui per me non esiste classico o contemporaneo, stiamo facendo un lavoro artistico, creativo, siamo interpreti del “genio creator” , come direbbe Adriana Lecouvreur. Al compositore dobbiamo rispetto, come lo dobbiamo al librettista e quando c’è anche allo scrittore che ha ideato la storia che dobbiamo raccontare…Dopo di che poco conta se siamo in abiti moderni o antichi, l’importante è che il risultato abbia una estetica artistica e non sia solo un passatempo o un gioco di bravura per far vedere le capacità del regista.
Spesso sei in giro per il mondo nei teatri più importanti, quali sono secondo te le differenze tra la lirica italiana e quella Europea?
E’ molto difficile generalizzare. Ogni teatro anche nella stessa nazione ha un suo pubblico di aficionados differente, poi ci sono sempre più turisti che riempiono le sale dei teatri un po’ ovunque….posso dirti che in alcune nazioni come in Argentina o in Georgia, c’è un amore impressionante per l’opera italiana e il pubblico è davvero caldissimo. A Vienna a volte senti che il pubblico che ti ascolta conosce ogni battuta di musica che si esegue, e che respira con te se fai qualcosa di particolarmente aderente allo spartito, piuttosto che se imiti un grande interprete del passato. Nei teatri italiani come Parma o la Scala invece si sente molto il peso delle grandi esecuzioni del passato che alcuni del pubblico tengono più in considerazione che lo spartito stesso. Certo è che ogni volta è una nuova avventura, ed e’ anche una cosa molto bella e stimolante, dopo una serata non ti puoi cullare sugli allori ne abbattere per un insuccesso….il prossimo incontro col pubblico sarà’ una scoperta nuova.
Ti sei mai avvicinato alle cosiddette “Opere contemporanee” ?
I primi anni di Opera Studio a Roma ho eseguito molta musica contemporanea, ricordo ancora spartiti di Luca Lombardi, Fabio Vacchi e soprattutto Matteo D’Amico che mi dedicò una stupenda creazione per baritono, soprano e clarinetto concertante, su testo di Pascoli rielaborato da Sandro Cappelletto, Veianio. Mi piacerebbe moltissimo rifarlo adesso dopo 18 anni con tanta esperienza acquisita. La musica di Luigi Nono di “Al gran sole carico d’amore” mi emoziona anche più di certi capolavori del romanticismo tedesco più amati dal grande pubblico e che io stesso ammiro.
Grazie Mario per la disponibilità e In bocca al lupo!
Matteo Firmi
L’ha ribloggato su Matteo Firmie ha commentato:
La mia ultima fatica , una chiaccherata con il divertente MARIO
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