
“Viva Puccini” è il grido che si alza alla fine della rappresentazione domenicale di “Manon Lescaut” al Teatro Filarmonico di Verona gremito e plaudente anche a scena aperta. Questa è davvero l’opera in cui Puccini “diventa” Puccini, non che prima non lo fosse: in Manon ritroviamo molto della vena di “Edgar” per esempio e degli involi melodici come quello della grande aria di Fidelia (“Addio, mio dolce amor”).
Con qualche sospiro di disapprovazione e qualche spettatore scandalizzato, la messinscena di Graham Vick continua a convincere per l’aderenza al dramma e ai tratti psicologici dei personaggi. Manon è più che mai superficiale e infantile, De Grieux più che mai, travolto dal primo incontro con il vero amore. Geronte è un vero “porco”, che ama dominare ed essere sessualmente dominato. Con Vick si respira Puccini e la sua essenza anche astratta dal reale contesto della trama. Inoltre è ottima la ripresa della regia di Marina Bianchi.

Puccini si respira anche grazie alla superba concertazione di Francesco Ivan Ciampa, sempre più intensa e coinvolgente. Ciampa sa avvolgere lo spettatore con sonorità imponenti e “rotonde”, ma senza mai sovrastare il canto, anzi fornendo sempre un tappeto sonoro ideale. Bellissima la prestazione dell’Orchestra dell’Arena di Verona e anche l’apporto del coro diretto da Vito Lombardi.
Nel cast confermiamo l’omogeneità delle parti di contorno: Alessandro Busi (Comandante di Marina), Giovanni Bellavia (Un oste/Sergente degli arcieri) e Bruno Lazzaretti (Lampionario/Maestro di ballo). Come sempre lussuosa la partecipazione di Alessia Nadin nelle vesti del Musico, come teatralmente ottimo è l’Edmondo di Andrea Giovannini.
Ammirabile ancora una volta la prestazione vocale e scenica del Geronte di Ravoir di Romano Dal Zovo.

Elia Fabbian mette al servizio di Lescaut un mezzo vocale di sonorità importanti, ma con qualche ruvidezza di troppo.
Convince il Cavaliere Des Grieux di Sung Kyu Park, il quale possiede uno strumento vocale di timbro indubbiamente privilegiato, messa al servizio di una bella espressività. Qualche nota acuta o di passaggio non risulta emessa (“girata” per dirla volgarmente) in modo corretto, ma ricordiamoci la difficoltà di un ruolo da cui anche un tenore come Corelli si è tenuto a distanza, per timore.

Nelle vesti della protagonista ritrovavamo Amarilli Nizza, ripresasi dopo una brutta influenza che ha compromesso parzialmente l’esito della prima. Il soprano si inserisce perfettamente nella produzione (come già aveva fatto nel 2012) mettendo in luce eccellenti capacità recitative. Vocalmente il momento migliore è il IV atto.
Alla fine un grandissimo successo.
Francesco Lodola
Verona, 12 marzo 2018
FOTO ENNEVI PER GENTILE CONCESSIONE FONDAZIONE ARENA DI VERONA