
Trieste, 23 marzo 2018 – Una serata ventosa accoglie la prima di “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti, quinta opera in cartellone, che si presenta al pubblico triestinocon ottime premesse.
Lucia di Lammermoor vide la sua prima rappresentazione nel 1835 al SanCarlo di Napoli;opera simbolo del repertorio italiano, è tra le più amate e rappresentate del compositore bergamasco, che, assieme a Verdi e Puccini,costituiscel’immagine del teatro d’operaitaliano.L’ultima volta che la “Lucia” calcava il palcoscenico del Verdi la regia eraaffidata, come oggi, a Giulio Ciabatti. A interpretare la partitura di Donizetti il Maestro Fabrizio Maria Carminati,visto a Trieste molte volte e sempre con ottimi risultati. Miss Lucia ha la voce di Aleksandra Kubas-Kruk e Piero Pretti veste i panni di Sir Edgardo. Ciabatti è una garanzia, i suoi lavori sono sempre molto ragionati e tutte le produzioni viste con la sua regia risultanomolto godibili. Le scene di Pier Paolo Bisleri sono minimaliste e ben costruite.

La lettura di Carminati, fluida e godibile, rende tutto lo spettacolo un sogno. L’orchestra del Teatro Verdi ha dato sfoggio delle sue punte di diamante: emozionante l’arpa (nelle mani di Marina Pecchiar) a introdurre e accompagnare l’aria di sortita di Lucia, così come il flauto di Giorgio DiGiorgi durante la scena della pazzia . La splendida AleksandraKubas-Kruk , nel ruolo di Miss Lucia, ha regalato emozioni indimenticabili al pubblico presente in sala. Eccellente la scena della pazzia. Piero Pretti ha interpretato Sir Edgardo con carattere e sicurezza, un buon timbro vocale e un’eccellente flessibilità. Devid Cecconi, con la sua imponente presenza scenica, di Lord Ashton ha fatto trasparire soprattutto la potenza.Si tratta di un baritono giovane, che sicuramente potrà fare molta strada nei teatri più grandi. Questa produzioneè riuscita a regalare al pubblico triestino uno spettacolo di un buon livello, con cantanti giovani e un gruppo di maestranze che hasaputo dimostrare a tutti la validità della Fondazione. Ottimi e lunghi applausi.
Matteo Firmi