VeronaLirica ha abituato in questi anni il suo pubblico associato a qualità artistica difficilmente raggiungibile, e ancora una volta, nel concerto mensile di ieri (22 aprile 2018), questo formidabile successo si è replicato con una grande festa di Belcanto, che neanche il “Mobility Day” ha saputo frenare.
Di assoluta eccellenza il pianoforte di Patrizia Quarta, fraseggiatrice intelligente e accompagnatrice di lusso.
Qualche anno fa Giovanni Andrea Zanon esordiva su questo palco dimostrando di essere un giovanissimo fenomeno violinistico. Oggi al virtuoso, sempre brillante, si aggiunge un’ottima capacità espressiva, che con la maturità non può che crescere. Espressività che si evidenziava bene nel “Cantabile” per violino e pianoforte di Paganini e dello stesso autore il Capriccio n.5, Agitato in La minore. Lucente invece lo “Schön rosmarin” di Fritz Kreisler.
Sonia Ganassi ha dovuto purtroppo rinunciare all’appuntamento e ci siamo dovuti “accontentare” di un terzetto. Ma come si può rimanere delusi, da un terzetto di stelle così brillanti?
Leonardo Cortellazzi è una delle vocalità tenorili italiane più interessante. Bello è il colore della voce e ottima è la padronanza tecnica, ma soprattutto è meravigliosa la scelta dei colori, dagli accenti eroici di Werther (“Porquoi me réveiller?”), all’infinito liricismo di Tamino (“Dies Bildnis ist bezaubernd schön”). Dolcissima è poi la dedica alla nonna presente in sala, “Non ti scordar di me”, intonata e “detta” con grande emozione.

Ambrogio Maestri inondava la sala con la sua enorme e bella voce. Una voce che “spettina” si potrebbe dire, per potenza e ampiezza, che ci provocava brividi di emozione in “Nemico della patria”, così intenso e arrabbiato, così sconvolgentemente travolgente, assolutamente indimenticabile. La cosa più straordinaria è la facilità di passare da Gerard a Ducalmara, anch’esso strepitoso e irresistibile, sia nel duetto con il tenore (“Ardir! Ha forse il cielo…”), che nella cavatina “Udite, udite, o rustici”.

Notturna e lunare, anche grazie al sontuoso abito blu, Elena Mosuc dipingeva una Leonora di estatica emozione nelle sue due arie (“Tacea la notte placida…di tale amor” e “D’amor sull’ali rosee…Tu vedrai che amore in terra”), per dopo essere una Anna Bolena commossa nella cavatina “Come innocente, giovane…non v’ha sguardo” e rapinosa in “A dolce guidami”, culminando poi nella furia della cabaletta finale (“Coppia iniqua”), chiusa da un trillo infinito e da un sovracuto di grande impatto.
Presentava la serata il sagace Davide Da Como.
Alla fine un grande trionfo da “porre in lista”.
Francesco Lodola
Verona, 22 aprile 2018