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©Roberto Ricci

Vittoria! Vittoria! Così canta Cavaradossi nel secondo atto di Tosca ma così probabilmente potranno cantare i responsabili della programmazione di quest’anno del Teatro parmigiano. E’ ormai infatti tempo di bilanci per questa breve ma intensa Stagione 2017-2018 che ha registrato pressoché solo trionfi, garantiti anche ma non solo dalla presenza di grandi nomi e leggende come Nucci in Rigoletto e Devia in Roberto Devereux. E come chiudere in bellezza se non con un capolavoro pucciniano?
E’ dunque la volta della sempreverde Tosca, nell’allestimento ormai storico originariamente pensato per la diva Raina Kabaivanska da Alberto Fassini, ora ripreso dall’“erede” Joseph Franconi Lee che già più volte lo ha ripensato e proposto al pubblico.

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©Roberto Ricci

Lo spettacolo è arricchito dai bei costumi e dalle scene tradizionali e semplici ma ben realizzate di William Orlandi con le luci di Roberto Venturi. L’idea è delle più classiche, con un predominare di atmosfere poco luminose e di tinte bianche e nere. La tendenza a non riempire il palcoscenico di barocchismi ma di mantenere solo pochi grandi elementi va nella direzione di valorizzare visivamente le figure dei personaggi con le loro sfaccettature, anche psicologiche. Ciò avviene anche dal punto di vista dei colori e delle luci. Le uniche macchie, improvvise, di colore, vengono gettate nei momenti salienti della morte di Scarpia e di Tosca, quando tutto si infiamma di rosso e le ultime note chiudono in maniera drammatica il più celebre tra i finali.
Dal punto di vista musicale la direzione è affidata al M° Fabrizio Maria Carminati, alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana. La sua è una Tosca che si prende i suoi tempi, per dirla con un eufemismo, non sempre disposta a mettere a proprio agio le voci, costrette qualche volta a prodezze di fiato. Anche dal punto di vista del volume è la buca a prevaricare di tanto in tanto i cantanti. La lettura della partitura è puntuale, tutto fila senza problemi ma forse un po’ di pesantezza in meno, sotto ogni punto di vista, avrebbe giovato.

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©Roberto Ricci

Positiva la prova del Coro del Teatro Regio di Parma, preparato dal Maestro Martino Faggiani, e del Coro di Voci Bianche della Corale Giuseppe Verdi di Parma, curato dalla Maestra Beniamina Carretta.
Per quanto concerne le voci: Floria Tosca è la recentissima Gioconda modenese, piacentina e reggiana, Saioa Hernandez, voce potente e godevolissima per suono, omogeneità e morbidezza di emissione. Questo non è forse il ruolo che più le consente di esprimere tutte le proprie qualità vocali ma il personaggio appare credibile e l’esito è felice. Anche la celebre “Vissi d’Arte”, su cui si sarebbe apprezzato una maggior cura delle dinamiche e delle sfumature e che una direzione più spedita avrebbe aiutato, strappa comunque grandi e meritati applausi dal pubblico presente.

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©Roberto Ricci

Mario Cavaradossi è Migran Agadzhanian, buon tenore russo che si disimpegna bene ed è dotato di un bel timbro caldo, in grado di svettare in acuto con sicurezza, una buona capacità interpretativa e un’ottima pronuncia italiana. L’esperienza futura potrà aiutarlo a perfezionare l’aspetto stilistico evitando di inficiare l’emissione con eccessi di esuberanza in alcune scene.
Angelo Veccia nei panni di Scarpia è sicuramente una certezza. Autorevole e perfido al tempo stesso, sempre puntuale musicalmente e scenicamente, in grado di dosare sapientemente il volume della propria voce con le dinamiche travolgenti dell’orchestra.

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©Roberto Ricci

Molto bene anche l’Angelotti di Luciano Leoni, voce profonda e assai rilevante, e il Sagrestano di Armando Gabba, esperto e incisivo pur senza travalicare mai in esagerazioni a mo’ di macchietta come sovente capita di vedere.
Spoletta è Luca Casalin, Sciarrone Nicolò Ceriani, un Carceriere Roberto Scandura, un Pastore Carla Cottini.
Una Tosca dunque complessivamente equilibrata che accoglie un vivo successo di pubblico e appare ben augurante in vista del prossimo cartellone.

Grigorij Filippo Calcagno

Parma, 28 aprile 2018

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