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©Michele Crosera

Ci sono delle volte in cui una recensione si può ridurre in una parola: storia.
Siccome però dobbiamo riempire queste righe, vale la pena raccontare qualcosa di più di una recita destinata a diventare una pagina fondamentale nella storia del melodramma.
Poco più di un mese fa il Teatro La Fenice annunciava quello che ormai da tempo si vociferava nei foyer: il ritiro dalle scene operistiche di Mariella Devia, con tre straordinarie recite di “Norma”. Sia chiaro che nel calendario del soprano rimangono comunque i concerti.
Era così bello vedere La Fenice vestita a festa, respirare quell’attesa, l’emozione di vivere un evento unico. Tutta la corte della Regina ai suoi piedi, per renderle il dovuto omaggio, per vivere con lei questa serata.

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©Michele Crosera

La cosa forse più straordinaria è che Mariella Devia chiudeva la sua “vita in scena” con la stessa freschezza vocale di una debuttante, ma con la sapienza di una cantante che è riuscita ad essere straordinaria, ricercando la perfezione della tecnica, con rispetto per la propria voce e la propria identità artistica. Quindi l’indubbia malinconia di un addio, qui diventava immensa, poiché la Devia lascia il palcoscenico senza farsi compiangere, ma sempre con la statura dell’autentica fuoriclasse. La bellezza del suono scultoreo, i sovracuti lucenti e gli accenti drammatici “scolpiti” dentro la voce. A pari del canto sono stati emozionanti gli applausi, quello prima ancora di aprir bocca, quello interminabile dopo “Casta Diva” e poi i venti minuti alla fine, con i fiori e i bigliettini di ringraziamento che cadevano dall’alto. Un brivido vederla sorridere e ringraziare con la sobrietà che l’ha sempre contraddistinta, e un’autentica felicità nel vedere l’amore del pubblico per la sua beniamina. Continuiamo a ripeterlo: una serata storica.

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©Michele Crosera

Accanto a lei Carmela Remigio era un’efficace Adalgisa, commossa e assai partecipe teatralmente, capace di sciorinare un fraseggio sensibile ed elegante, con grande rilievo ai colori della palpitante fanciulla belliniana.
Stefan Pop era un Pollione di ottimo rilievo, grazie ad uno strumento di volume e di timbratura non trascurabile. Non evita nessuno degli ostacoli del ruolo, anzi li affronta con baldanza, pur donando anche una sincera umanità al personaggio.
Luca Tittoto era un’altrettanto ottimo Oroveso, di bella vocalità, morbida e nobile.

Anna Bordignon e Emanuele Giannino erano efficaci nel panni rispettivamente di Clotilde e Flavio.

Sul podio Riccardo Frizza proponeva una lettura elegante, per rotondità di gamma sonora e coloristica, di plasticità canoviana, con sonorità monumentali e vibranti e sottili sfumature. Il grande finale era il trionfo della ricchezza sonora, accompagnando grandiosamente il trionfo della superba sacerdotessa Devia. Ottimo il Coro diretto da Claudio Marino Moretti.

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©Michele Crosera

Punto dolente è l’allestimento firmato interamente da Kara Walker, il quale è definibile con una sola parola: brutto. E qui ci fermiamo per non distogliere l’attenzione dalla grande festa.

Ci rimane da dire: Grazie Mariella!

Francesco Lodola

Venezia, 19 maggio 2018

 

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