Qual è una delle caratteristiche che distinguono un bravo cantante da un artista? Il timbro. Questo deve essere come un marchio, una qualità che è riconoscibile tra mille e mille. Una garanzia di personalità e di carattere. Murat Karahan possiede esattamente questo, una vocalità personale, irripetibile e per questo affascinante. Un timbro brunito, che però sa essere pieno di luce e nell’acuto trova un’espansione d’altri tempi. Se ne accorto bene il pubblico dell’Arena di Verona, già ne “Il Trovatore” del 2016 e ora con questa seconda recita di “Turandot”, dove il tenore turco interpretava Calaf. Di questo principe Karahan crea veramente un ritratto affascinante, dal romanticismo orientale, teso verso la poesia e le sue espressioni. “Nessun dorma” è forse l’apice di una prestazione straordinaria e il motivo per cui trascina la folla all’entusiasmo e alla richiesta incessante di bis (concesso) non è solo la puntatura lunghissima e brillantissima, ma è tutto quello che viene prima: lo sfoggio di un fraseggio appassionato, di mille sfumature e il saper cogliere l’emozione e saperla rivolgere al pubblico. Raramente oggi si ascolta un Calaf così intenso, che non sfigurerebbe né come volume, né come intensità espressiva davanti ai mostri sacri del passato. La dimostrazione che anche in Arena si possono fare tutti i colori e interpretare, basta averne il coraggio e la generosità. Ricordiamo pure che era un debutto nel ruolo e con questo ci possiamo fermare. Un grande trionfatore.

Non convince pienamente invece la protagonista Rebeka Lokar, non sempre a fuoco, soprattutto nella zona acuta. Il valente soprano possederebbe il colore e il volume giusto per essere Turandot, ma non riesce ad essere incisiva, tendendo ad allargare un po’ troppo il suono e fraseggiando in maniera un po’ troppo monotona. Ovviamente mettiamo in conto anche una serata ventosa, che di certo non aiutava.

Abbiamo apprezzato la Liù di Ruth Iniesta, vocalità delicata, di tecnica solidissima, capace di passare l’orchestra perfettamente, con un’emissione brillantemente “in maschera”. Quella del soprano di Saragozza è un’eroina sensibilissima, capace di dare voce a tutte le escursioni dinamiche richieste da Puccini, ben assecondata dall’Orchestra, che realizza superbamente i “molto allargando” della partitura, uno fra tutti la frase “Date a me! Ah! come offerta…” realizzata in maniera paradigmatica.
Giorgio Giuseppini si conferma Timur commuovente, pienamente centrato nel personaggio e vocalmente praticamente impeccabile.

Federico Longhi, Francesco Pittari e Marcello Nardis nei panni di Ping, Pong, Pang conquistavano per le vocalità importanti, la cura del fraseggio, la chimica e una realizzazione teatrale divertente e dinamica, facendo dei loro momenti più “malincomici” un appuntamento di grande effetto.
Gianluca Breda si disimpegnava bene nel ruolo del Mandarino, così come Antonello Ceron nei panni dell’Imperatore Altoum. Completava la locandina Ugo Tarquini.
Sicuramente era una sfida per Francesco Ivan Ciampa, salire sul podio dopo Daniel Oren, vero beniamino dell’Arena e vero possessore di tutti i segreti di questa partitura, diretta centinaia di volte, nonostante il Maestro campano avesse preparato lui stesso le compagini veronesi, prima dell’arrivo del Maestro Oren alle ultime prove, causa impegni in “altri siti”. E’ stata una sfida assolutamente vinta, per la sapienza della concertazione e l’amore costante per il canto e per il palcoscenico, con cui v’è un dialogo ideale. Questo e la capacità di far “fuoriuscire” tutte le architetture strumentali del capolavoro pucciniano, fanno di questa interpretazione un gioiello prezioso, da incorniciare e tenere a mente.

Resta da dire dello spettacolo di Franco Zeffirelli, la cui regia veniva ripresa da Stefano Trespidi. I magnifici costumi di Emi Wada, le poetiche coreografie di Maria Grazia Garofoli concorrono sicuramente al risultato, ma che ci volete fare…quando s’apre la reggia, è sempre un’emozione per gli e occhi e per il cuore, che inevitabilmente ti fa spuntare un sorriso di felicità e parte l’applauso.
Un grandissimo successo, con punte di trionfo personale per Murat Karahan e il Maestro Francesco Ivan Ciampa.
Francesco Lodola
Verona, 5 luglio 2018
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona
Buongiorno. Vi scrivo ancora per darvi tutto il mio assenso per la recensione di Murat Karahan, Calaf in Arena. L’ho sentito al Filarmonico l’anno scorso ed è stato un trionfo. Grande voce, registri pieni anche nei passaggi ma soprattutto grande sensibilità,indispensabile per cantare Cavaradossi. Spero di sentirlo in Verdi e che gli ingaggi non lo distolgano dallo studio. A presto.
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