Mariangela Sicilia è una delle giovani stelle più fulgide del panorama lirico internazionale. La sua splendida voce, così solare e morbida, all’italiana, unita ad una presenza teatrale di grande impatto, la rende preziosa interprete di personaggi dolci e forti al tempo stesso. A coronamento di una stagione dove è stata Lauretta in “Gianni Schicchi” alla Dutch National Opera di Amsterdam e soprattutto una straordinaria Mimì ne “La Bohème” al Teatro Comunale di Bologna, sono arrivati gli attesi debutti al Macerata Opera Festival, dove il soprano sarà Adina ne “L’Elisir d’amore” (21/27 giugno; 5/10 agosto) e all’Arena di Verona in “Carmen”, dove ha ottenuto uno straordinario successo nei panni di Micaela. Proprio in occasione di quest’ultimo importante appuntamento, abbiamo avuto il piacere di poterla intervistare…
Parliamo della “tua” Micaela…come ti trovi nei panni questo personaggio?
E’ un ruolo che è un gioiello: ha questa piccola scena di ingresso, il duetto con Don José e infine l’aria. Il tema del duetto poi si ripropone anche nel terzo atto. E’ un ruolo che “vince” se si gioca su tutto quello che è scritto in partitura, sul personaggio e sulla sua interpretazione in sé, oltre che sulla linea vocale e sulle sue sfumature. La cosa che mi è piaciuta tantissimo è di aver potuto fare tutto questo in Arena. Siamo un po’ tutti spaventati dalla grandezza e vastità del luogo. Effettivamente però Cecilia Gasdia (la nuova sovrintendente), ha ragione quando dice che l’acustica è una delle più belle e che puoi fare tutti i colori che vuoi. Basta proiettare bene la voce, così come si fa in teatro…e così i pianissimi “passano” quasi più dei forti.

Ti sei domandata il perché del fatto che Meilhac e Halévy, e poi Bizet, abbiano voluto inserire questo personaggio, che nel dramma non appare?
Nel dramma in sé è solo citato, ma lei rappresenta ciò che José avrebbe dovuto fare, ossia sposare una ragazza perbene, del suo paese. Come si dice, “moglie e buoi dei paesi tuoi”. Lei incarna la mamma, che viene citata più forte e anche se non appare è un presenza forte. L’anello debole di “Carmen” è José, nessun altro. Lui è conteso, nel mezzo tra il volere della mamma e la sua passione personale, che è più forte di qualunque cosa. Carmen non è una prostituta, ma professa un amore libero. Mi viene in mente “L’Arlesiana” di Cilea, che io ho cantato tra l’altro al Deutsche Oper di Berlino (in versione di concerto), dove scatta lo stesso meccanismo. Federico impazzisce perché l’Arlesiana scappa con Metifio. Lui cerca di sposare un’altra, Vivetta, la paesana, ma ama tanto questa donna (la protagonista che dà il titolo all’opera, ma non compare mai in scena) che non trova altra soluzione che il suicidio. In Carmen c’è un omicidio. Due storie molto vicine. Credo che sia per fare da contraltare a Carmen, che abbiano voluto inserire Micaela, che è un personaggio dolce, ma forte.
E in questa produzione di De Ana si vede più che altrove…
Sì, De Ana ha voluto sottolineare come lei lavora sulla psiche di Don José e non sulla passione. Quest’ultima è tutta di Carmen. Sul come José deve comportarsi è Micaela a dire l’ultima parola. Quando alla fine del terzo atto gli dice che sua madre sta morendo, e non vuole morire prima di averlo perdonato, è fondamentale capire che non gli sta dicendo che sua madre lo vuole riabbracciare un’ultima volta prima di spirare, ma che deve perdonarlo, quindi José è un uomo colpevole.

Non è una santa dunque…come spesso viene ritratta…
No, a suo modo, è una manipolatrice. Se fosse una debole e una santa, non andrebbe nel covo dei contrabbandieri. Forse è una “gatta morta” un pochino…
E’ il personaggio che probabilmente ha le melodie più belle…
Il duetto è di una bellezza sconcertante e penso che quello sia il tema più bello, senza togliere nulla agli altri. Alla fine i temi di Micaela sono quelli che ti rimangono…il suo lirismo…
Quali sono state le emozioni e le difficoltà di cantare all’Arena?
Mi aspettavo molte più difficolta, mentre quello che sento è tanta energia e la forza di lavorare con un team del genere, con tantissime maestranze dietro le quinte. Alla fine ti senti davvero responsabile di far andare bene le cose. Non puoi temere l’Arena…ovviamente se pensi che lì, da Tullio Serafin in poi, sono passati tutti i grandi, ti impressioni…o vedere le locandine storiche che sono appese attorno all’anfiteatro…ma si sente veramente l’energia e la bellezza di questo pubblico…quasi troppo bello! Certo quando arrivi c’è anche l’umidità delle prove di notte, oppure il freddo che abbiamo avuto alla prima.

Presto debutterai in un altro tempio estivo della lirica, sempre all’aperto…lo Sferisterio di Macerata…come ti stai preparando? E quali sono le differenze acustiche e di spazio?
Sì, canterò Adina ne “L’Elisir d’amore”, un ruolo che come Micaela avevo già affrontato. Penso che sia una fortuna, perché quando canti all’aperto, devi essere pronta a vivere condizioni diverse, e quindi credo sia il caso di cantare un ruolo che già conosci e in cui ti senti a tuo agio. Allo sferisterio manca davvero solo il tetto, perché è un teatro vero e proprio. Il pubblico è più vicino e le distanze sono molto simili a quelle di un teatro. Il palcoscenico si sviluppa in lunghezza. Per ora non ho ancora fatto le prove con l’orchestra, per cui ancora non ne ho sperimentato l’acustica, che penso sarà ottima e gestibile.
C’è un ruolo che ti piacerebbe cantare in Arena?
Sì, direi Liù, soprattutto nel meraviglioso allestimento di Franco Zeffirelli…è un sogno nel cassetto. Ho già cantato questo personaggio a Montpellier e la riprenderò nella prossima stagione al Teatro Comunale di Bologna. In generale, i ruoli pucciniani li sento molto vicini a me, come Mimì…
Cosa c’è di te in loro?
Mi rappresentano per la loro emozione…sono personaggi che vivono di emozioni. Sono forti e dolci allo stesso tempo, e mi piace riscoprire la forza femminile che c’è in questi personaggi, che nell’ottica comune sono visti come caratteri fragili, e non lo sono. Credo che Puccini abbia scritto per il soprano un’opera più bella dell’altra….non si può fare una scelta tra tutti questi personaggi bellissimi…Si può fare solo una scelta di repertorio, e di ruoli che ora stanno bene alla mia vocalità.

Come hai iniziato a cantare e come hai deciso che questo sarebbe stato il tuo mestiere?
Io a due anni e mezzo già cantavo…è stata la prima cosa che ho imparato a fare, forse ancora prima di parlare. Il canto è stato veramente una cosa che io ho “imposto” a tutti, e nel mio piccolo paese, mi conoscevano come Mariangela “la canterina”. Ho iniziato poi a fare musica pop, cantavo in chiesa e all’oratorio. Tutti suggerivano di farmi studiare uno strumento e così, iniziando a studiare pianoforte, sono entrata in conservatorio. Diciamo che l’opera l’ho scoperta attraverso i dischi trovati in casa di mio nonno e la TV, ma nessuno in casa mia cantava l’opera. Ho scoperto prima il teatro, che per me è stato un mondo straordinario e da lì l’opera è diventata il perfetto connubio tra le mie due passioni, il canto e la recitazione. Il senso primordiale dell’opera non è altro che il “recitar cantando”, e per me è stata proprio un’illuminazione, la possibilità di recitare attraverso il canto.
Questo tuo percorso nella recitazione, come ti aiuta ancora oggi a sviluppare e “creare” i tuoi personaggi dal punto di vista scenico e teatrale?
Non posso scindere le due cose, e per me nello studio di un ruolo il canto e la recitazione vanno di pari passo. E’ bello scoprire ogni volta come il personaggio rispecchi perfettamente quello che l’autore scrive nella partitura, i piani e i forti, le dinamiche, che se vengono seguite pedissequamente creano il personaggio. L’approfondimento vero e proprio avviene quando incontri i registi, che ti aprono al mondo, ad una loro chiave di lettura, portandoti a realizzare insieme a loro, quello che hai in testa e che hai studiato.
Numerosi sono i registi con cui hai lavorato, Terry Gilliam, Graham Vick solo per citarne qualcuno…come ti sei trovata e quali sono stati gli stimoli?
Io mi sono sempre trovata benissimo. De Ana il primo giorno di prove mi ha capito subito, e mi ha detto:”tu hai fatto recitazione vero?”. Mi scoprono subito! (ride). Penso a Vick, che ha proprio tirato fuori da me tutto quello che avevo. Devi mettere a disposizione il tuo bagaglio di conoscenze per poter estrarre quello che il regista ti chiede, sempre nel limite delle tue possibilità. Quando so di dover lavorare di nuovo con Vick o De Ana o altri, e quindi in uno spettacolo dove ci sarà un personaggio che dovrò scoprire e portare in scena, è molto stimolante. Ti dà la possibilità di non portare in scena la cantante, ma di mettere il personaggio prima di tutto.

Quest’anno ricorre l’anniversario dei 150 anni dalla morte di Rossini…ricordiamo con grande piacere la tua Corinna ne “Il viaggio a Reims” all’Opera di Roma…ci sono altri ruoli rossiniani all’orizzonte?
Sicuramente altri ruoli del Rossini serio. Quest’anno ho affrontato “Mosé in Egitto”, il mio primo ruolo Colbran e nel futuro spero di farne altri, anche se per ora non ne aggiungerò al mio repertorio. E’ stato un impatto positivissimo, una scrittura comoda per la voce, nonostante ci siano davvero degli sbalzi nella scrittura. Tuttavia l’omogeneità di suono, la tecnica solida, sono indispensabili e anzi cantando questo repertorio esse si affinano. L’idea è quella di finire l’opera in modo da essere pronta per cantarne un’altra di seguito. Rossini insegna a cantare…Penso anche alla mia esperienza all’Accademia rossiniana di Pesaro…
Perché si è scatenata ed è ancora così viva la “Rossini mania”?
Per fortuna! Io in conservatorio conoscevo soltanto “Il barbiere di Sivilia”, “La Cenerentola” e “L’Italiana in Algeri” e quindi era un repertorio off-limits. Rossini è davvero però una scuola di canto per tutte le voci. Dopo ovviamente ci può essere una scelta di repertorio e ci sono voci che sicuramente nascono con una predisposizione particolare al canto rossiniano, ma come studio è importante anche per affrontare Bellini o Donizetti. Rossini è alla base, come Mozart, due pilastri per lo studio in vari livelli, per un giovane che inizia a studiare o anche più avanti nella carriera.

Recentemente hai debuttato il ruolo della Contessa ne “Le nozze di Figaro” al Teatro Massimo di Palermo…com’è ritornare a Mozart, dopo ruoli diversi, come Mimì?
E’ come un rilassamento delle corde…ogni tanto è necessario. L’eleganza, la sobrietà, il controllo del canto mozartiano, sono un toccasana. Quando penso a Mozart penso all’eleganza, e ogni tanto è importante “staccare” da quei ruoli che ti chiedono tanto, anche da un punto di vista emotivo. I personaggi mozartiani non hanno bisogno dello stesso tipo di tensione emotiva, l’importante è il suono che dev’essere espressivo, quasi descrittivo, penso alla scrittura mozartiana dei recitativi accompagnati.
Ci sono dei ruoli che sogni…anche lontani?
Ce ne sono tanti e non so se si realizzeranno! Per restare a quelli “più vicini”, mi piacerebbe cantare Juliette in “Roméo et Juliette”, Norina in “Don Pasquale”, che mi divertirebbe tantissimo…
L’anno prossimo ritornerai al Comunale di Bologna dopo qualche tempo a Violetta Valery…Come pensi sia cresciuta nel frattempo?
Ho cantato una sola volta questo ruolo a Napoli, nell’allestimento di Ferzan Ozpetek. E’ un personaggio che va ripreso ogni tanto, per quanto mi riguarda. E’ un ruolo che ogni volta è diverso, e che necessita di una maturità personale e fisica, e anche una forza intellettuale. E’ un’opera che pesa quasi interamente sulle tue spalle. Ogni anno la scopro in maniera diversa e spero che migliori col tempo…

C’è qualche altro ruolo verdiano che ti piacerebbe avvicinare?
Mi piacerebbe il primo Verdi, ma piano, piano arriverà. Non voglio avere fretta su Verdi…ma penso a ruoli come Medora de “Il Corsaro” o Amalia de “I Masnadieri”, oppure “Simon Boccanegra o “Luisa Miller”…
Ricordiamo i tuoi prossimi impegni…
Prossimamente sarò a Valencia, per interpretare Pamina in “Die Zauberflöte”, e spero di poter dare a questa fanciulla il giusto valore, come degna figlia della Regina della notte, e credo che in questo mi aiuterà anche la regia di Graham Vick. Poi ci saranno “La Traviata” e “Turandot” al Teatro Comunale di Bologna, tornerò a Sidney e andrò Pechino ritornerò a cantare Corinna ne “Il viaggio a Reims”.
Grazie a Mariangela Sicilia e In bocca al lupo!
Francesco Lodola
Un pensiero riguardo “INTERVISTA A MARIANGELA SICILIA”