Ci sono produzioni che da sole valgono il prezzo del biglietto, perché la cornice è talmente bella che il contenuto ne accresce il valore e la rende superba. È il caso della dorata Turandot di Franco Zeffirelli. Non è per nulla il caso invece della nuova produzione di Carmen firmata da Hugo de Ana. Si tratta infatti di uno spettacolo che deve reggere sulle personalità dei propri interpreti, per dare davvero corpo alle idee dell’artista argentino. Ci vogliono grandi personalità e non sempre in queste prime recite tutto ciò è avvenuto, lasciando quindi un certo senso di vuoto. Manca anche il grande spettacolo di colori e quell’atmosfera dionisiaca propria del capolavoro di Carmen. La danza è per le gitane una valvola di sfogo per la propria adrenalina, mentre questa è una Carmen che non balla. I costumi sono di grandissima fattura, ma non aiutano la protagonista a sentirsi Carmen e in qualche modo annientano la sua personalità. Anna Goryachova nei panni del ruolo principale non convince, nonostante un fisico adattissimo al personaggio e anche una recitazione che nel corso delle recite si è fatta più spigliata. Purtroppo vocalmente “scurisce” troppo il suono, risultando un po’ ingolata su tutta la gamma. Non sempre è precisa ed ha un fraseggio piuttosto monotono. Molto perfettibile è anche la dizione e la scansione del francese, con alcuni evidenti errori, un esempio tra tutti, ”Le charme opère”, in cui l’accento viene spostato.

Luciano Ganci è un Don Josè di ottima pasta, in possesso di una bella voce all’italiana, calore latino e brillante squillo su tutta la tessitura. Il suo è un protagonista passionale, a tratti alcuni potrebbero dire “antiquato”, noi invece apprezziamo. Quello che è perfettibile è invece il francese ed è auspicabile anche un maggiore controllo vocale, evitando “allargamenti”, forse un po’ pericolosi, dovuti ad un temperamento diremmo piuttosto focoso.

Perla della serata è Ruth Iniesta, che dopo le apprezzatissime recite nel ruolo di Liù, cantava per una sola recita il personaggio di Micaëla. Le sue frecce migliori sono la limpidezza e trasparenza vocale, l’incanto dei preziosi filati e anche un temperamento delicato, ma pugnace, che fa di lei un’interprete da tenere d’occhio.

Alexander Vinogradov è un Escamillo di efficiente caratura, con voce di basso piuttosto chiara, ma sicura dal grave all’acuto, in un ruolo che è sempre un rebus, perché vocalmente molto ambiguo. Non è molto rifinito, e qualche volta si lascia andare a qualche “effettaccio” di troppo, ma convince per la sicurezza e la solidità musicale.

Solidissima la coppia Dancairo/Remendado formata da Davide Fersini e dallo spigliatissimo Enrico Casari, così come i ruoli di Frasquita e Mercédès erano ricoperti dalle ottime Barbara Massaro e Arina Alexeeva. Bene anche Gocha Abuladze (Moralès) e Gianluca Breda (Zuniga).

Convince senza se e senza ma, la direzione di Francesco Ivan Ciampa, sempre più matura e più intensa, intrisa di tutti i colori di questa partitura straordinaria, capace di dare forza all’orchestrazione di Bizet, che è sempre così fascinosamente cromatica, esotica e permeata di mille profumi. Eccellente il tappeto sonoro che Ciampa riesce a stendere sotto il canto, respirando con il palcoscenico e risolvendo con rara maestria qualche sporadica entrata in ritardo. Una grande Carmen, grazie anche alla meravigliosa orchestra dell’Arena di Verona e all’altrettanto meraviglioso coro diretto da Vito Lombardi. Eccellente anche la prestazione del coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani.
Al termine un calorosissimo successo.
Francesco Lodola
Verona, 17 luglio 2018
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona.