Se già l’atmosfera dell’Arena di Verona è magica, immaginatevi una recita durante la notte di San Lorenzo, con una stella che cade proprio nel punto in cui il Re Nabucodonosor si converte al Dio degli ebrei. Non ci potrebbe essere atmosfera più coinvolgente per la penultima recita dell’opera verdiana. Continua a destare grande attenzione e grande meraviglia lo spettacolo firmato da Arnaud Bernard, che utilizzando le scene grandiose di Alessandro Camera, crea uno spettacolo di rara dinamicità teatrale, con idee drammaturgiche vivaci e piene di simbologie storiche, ma anche cinematografiche, come la grande scena finale, in cui il pubblico della Scala inneggia all’Italia e deride il potere dello straniero oppressore, così come avviene in “Senso” di Luchino Visconti, ma con riferimento anche alla visita di Francesco Giuseppe e Elisabetta d’Austria a Milano. Un grande classico ormai della spettacolarità areniana, che non invecchierà facilmente.
Musicalmente spiace notare come la direzione di Jordi Bernàcer non sia migliorata dalla prima recita. Nelle scene più intime riesce a condurre con eleganza, pur non discostandosi da una certa monotonia, tuttavia non si possono contare le sbavature nelle scene d’assieme, tali da assistere ad un continuo inseguimento tra buca e palcoscenico. In questo modo si penalizza la resa di tutti, anche degli artisti del coro diretto da Vito Lombardi, altrimenti autori di una prova di grandissimo pregio.
Due autentici lussi il bravissimo Carlo Bosi nei panni di Abdallo, così come Romano Dal Zovo nei panni del Sacerdote di Belo. Bene anche Elisabetta Zizzo nel ruolo di Anna

Benissimo la Fenena di Carmen Topciu, capace di ritagliarsi un ruolo di rilievo sia scenicamente, che vocalmente, delineando in maniera elegantissima il personaggio. Accanto a lei non convince l’Ismaele di Vincenzo Costanzo, il quale possiede una voce di timbro gradevole, ma compie l’errore di scurirla e di forzarla, ottenendo lo spiacevole effetto di un volume molto limitato, soprattutto nel registro acuto.

Riccardo Zanellato è un’ottimo Zaccaria. Pur non possedendo una cavata e un volume davvero imponente, soprattutto nel registro grave, il bravo basso ci fa capire l’affinità di questo ruolo ai grandi personaggi rossiniani per vocalità di basso. Le sue carte migliori sono dunque il fraseggio elegante, la sicurezza dell’emissione e della vocalizzazione.

Emergono su tutti Luca Salsi e Susanna Branchini. Il baritono parmigiano vinceva la prova grazie al curatissimo fraseggio, capace di un bell’impeto bellicoso, ma anche di linee sfumate e suono rotondo e compatto. Inoltre Salsi convince con una presenza scenica autorevole ed elegante. Spigliata, arrogante, affascinante è l’Abigaille di Susanna Branchini, una delle poche al mondo capaci di reggere la scrittura indiavolata di questo ruolo e non solo. Nella sua interpretazione non mancano gli abbandoni lirici, gli accenti sussurrati e ferini. Tutte caratteristiche che rendono preziosa questa interpretazione.
Alla fine un calorosissimo successo.
Francesco Lodola
Verona, 10 agosto 2018
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona