Gli anglosassoni utilizzerebbero i termini “dream team” per descrivere la penultima recita di Aida all’Arena di Verona, che vedeva l’apparizione di due rivali dalle carriere prestigiose e dalle qualità artistiche di altissimo livello. Era una delle fantasie melomaniache più gettonate, quella di vedere finalmente insieme l’Aida di Hui He e l’Amneris di Anita Rachvelishvili. Finalmente l’Arena ha messo a segno questo prezioso punto e l’accoppiata ha creato un evento musicale davvero emozionante.

L’Aida di Hui He si conferma di riferimento, per l’adesione della cantante al personaggio, per la vocalità di colore magico, avvolgente. Non mancano le sfumature dolcissime (ma sempre generose) e gli scatti drammatici. La presenza scenica è sempre elegante, coinvolta, empatica e mai dimentica del lignaggio della protagonista. Tutti i mutamenti del suo animo sono sinceramente espressi, con regalità ed emotività sensibile. Questa è Aida.

Anita Rachvelishvili è l’Amneris perfetta: insinuante, feroce, disperata, terribilmente sensuale. Tutto con una voce torrenziale, impressionante, un “flagello divino” verrebbe da dire, che è in grado di piegarsi alle più intime sfumature (esemplare l’attacco in pianissimo di “Ah! Vieni, amor mio ravvivami” nel II atto). La scena del giudizio la vede troneggiare, quale maestra di fraseggio, tanto da scatenare una vera e propria ovazione come non succedeva da tempo dopo questa scena.

Naturalmente il duetto tra le due era un momento di eccitazione febbrile, uno scontro tra due pesi vocali eccezionali e tra due personaggi in carne ed ossa. Straordinarie.
Peccato che accanto a loro non ci fosse un tenore all’altezza di cotante fanciulle. Walter Fraccaro è sempre stato un professionista solido, certamente mai illuminato come interprete, ma comunque dotato di una solidità vocale che gli fruttava dei buoni risultati. In questa occasione non è così: la vocalità svuotata, con qualche problema nella linea (con qualche “colpo di glottide” di troppo) veniva ulteriormente penalizzata da una quasi totale assenza di musicalità, con evidenti ritardi negli attacchi e nel mantenere il tempo.

Convince l’Amonasro di Federico Longhi, sempre più aderente al ruolo, con scavo sulla parola pregevole, un’attenzione ai colori sempre minuziosa e una vocalità gestita con intelligenza, dando corpo in maniera esemplare sia ai passi più arroventati, che a quelli più lirici e distesi.
Nei panni del Re l’ottimo Romano Dal Zovo, mentre nei panni di Ramfis il discreto Gianluca Breda. Bene la sacerdotessa di Arina Alexeeva. Sempre di grande livello il messaggero di Carlo Bosi. Le coreografie di Vladimir Vasiliev era eccellentemente interpretate da Beatrice Carbone, Eleana Andreoudi e Davit Galstyan.
Bene la direzione di Andrea Battistoni, attenta al canto e sicura. Benissimo l’Orchestra dell’Arena di Verona, così come magnifico è il coro diretto da Vito Lombardi.
Lo spettacolo di Franco Zeffirelli con i costumi meravigliosi di Anna Anni è sempre una grande cornice, super affollata, ma anche (a suo modo) suggestiva e assolutamente trionfalistica.
Grande successo e trionfo personale per Hui He e Anita Rachvelishvili.
Francesco Lodola
Verona, 29 agosto 2018
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona