Quando si arriva alle ultime recite della stagione si comincia a fare una somma complessiva dei risultati ottenuti. Quella dell’Arena di Verona 2018 è stata una stagione di bellissimo successo, con una crescita di pubblico (i numeri si sapranno solo nelle prossime settimane) e soprattutto con una crescita qualitativa, con dei grandi debutti e dei grandi ritorni: basterebbe il cast del Barbiere per far capire che l’Arena può e deve accogliere delle compagnie da Scala o da Met.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona
Carmen è stata forse la meno glorificata, nonostante alcune interpretazioni interessanti. Il demerito principale è la messa in scena di Hugo de Ana, che non si è mai alzata in volo durante tutta la stagione. Si tratta di uno spettacolo con alcune idee se non originali, almeno intelligenti, prima di tutte quella dell’Arena (e infatti il IV atto è quello più ben riuscito). Probabilmente risultato di scarsa ispirazione sono anche i costumi che non aiutano nessuno, soprattutto Carmen, di cui viene messo in evidenza il lato androgino. E’ sicuramente una bella idea, ma che rende bene in teatro, non certo in uno spazio così grande come l’Arena.
Il merito invece per il quale dovremmo considerare questa Carmen preziosa è la direzione di Francesco Ivan Ciampa, che già scaltrita alla prima, è cresciuta sempre più durante le recite, divenendo vero perno di questa produzione. Una Carmen piena di colori, capace di esaltare le sonorità più drammatiche e imponenti, così come i grandi tappeti sonori melodici, e ritmici. L’amore per il canto e l’amore per la drammaturgia dell’opera di avverte ad ogni battuta. Lodiamo anche i suoi nervi saldi nel saper reggere un incidente musicale di uno degli interpreti, senza scomporsi. Speriamo di rivederlo presto qui.

Bene Gocha Abuladze (Moralès) e Luca Dall’Amico (Zuniga). Bene anche il quartetto formato da Roberto Covatta (Remendado), Biagio Pizzuti (Dancairo), Clarissa Leonardi (Mercédès) e Barbara Massaro (Frasquita).
Solido e professionale Alberto Gazale in un ruolo infame come quello di Escamillo, che il baritono, veterano dell’Arena, sostiene con sicurezza ed elegante aplomb interpretativo.
Non vogliamo troppo infierire sulla prestazione di Amadi Lagha, arrivato per le ultime due recite in sostituzione del collega previsto e forse quindi condizionato anche dall’emozione. La sua prova mette in luce una vocalità di tenore lirico (se non leggero), dall’emissione aperta e assolutamente inadatta a questo repertorio. A questo dobbiamo purtroppo aggiungere un senso musicale latitante (con tanti errori di solfeggio), oltre che numerosi vuoti mnemonici.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona
Carmen Topciu era una Carmen di vocalità solida (anche se piuttosto sopranile). La sua è una recita in crescendo, ed emerge meglio nelle frasi del III atto, che non nella vivacità dei primi due. Non sortisce l’effetto sperato scenicamente, mostrando una propensione ad essere piuttosto matronale, trascurando del tutto la sensualità del ruolo.

©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona
Trionfatrice della serata era sicuramente Eleonora Buratto, che si pone davvero ad erede delle grandi voci di soprano lirico del passato, con un mezzo vocale quasi sontuoso, ma soprattutto morbidissimo. Grazie alla sua musicalità, all’eleganza del fraseggio, al senso drammatico e alla presenza scenica fresca e sincera, emerge e oscura tutti.
Alla fine un caloroso successo.
Francesco Lodola
Verona, 31 agosto 2018
Foto Ennevi per Gentile concessione Fondazione Arena di Verona