Se dovessimo trovare una parola per descrivere “Il Flauto Magico”, in scena al Teatro dell’Opera di Roma, sarebbe sicuramente “futurista”. Il trio formato da Barrie Kosky, Suzanne Andrade (alla regia) e Paul Barritt (video) ha voluto proporre quest’opera come un film muto, con delle animazioni sullo sfondo che davano l’idea del movimento dei personaggi. La scena era completamente spoglia, infatti c’era solamente un pannello bianco, su cui venivano proiettate le animazioni, con delle porte da cui uscivano gli interpreti.

Un altro aspetto che probabilmente in un primo momento ha destabilizzato il pubblico romano è stata l’assenza dei dialoghi che, proprio come in un film muto, sono stati proiettati sullo sfondo. Ed è in una regia così particolare ed essenzialmente statica che si nota veramente la bravura di un interprete, poiché non avendo né oggetti di scena né potendo fare gesti plateali deve far forza sull’espressività del proprio timbro tentando di far cogliere allo spettatore tutti i colori e le dinamiche di una frase. Questo sono riusciti a fare i cantanti, a partire dai protagonisti, la coppia di innamorati Tamino e Pamina. Il primo, interpretato dal celebre tenore mozartiano Juan Francisco Gatell, in particolare nell’aria “Dies Bildnis ist bezaubernd schön” nonostante cantasse sul lato del palco poiché venivano contemporaneamente proiettate delle immagini, ha fatto ben sentire la sua presenza con il suo timbro caldo e chiaro che fa comprendere la passione di Tamino nel momento in cui vede l’immagine di Pamina. Quest’ultima, interpretata da Amanda Forsythe, ha dato prova, durante tutto il corso dell’opera, della sua tecnica sfoggiando degli acuti in pianissimo che hanno lasciato senza fiato la platea.

Un altro interprete degno di nota è Alessio Arduini nel ruolo di Papageno; sebbene non potesse parlare, dato che i dialoghi erano solamente proiettati sullo sfondo, è riuscito a rendere il suo personaggio ugualmente divertente attraverso la recitazione.

Le tre dame: Louise Kwong, Irida Dragoti e Sara Rocchi, tutte provenienti dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, erano così ben amalgamate tra di loro tanto che nessuna spiccava particolarmente, creando un effetto coinvolgente. Allo stesso modo i tre fanciulli interpretati da Giulia Paverelli, Anastasia Spalvieri e Agnese Funari (dalla Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma) hanno dato, con le loro voci bianche, quel tocco di purezza e innocenza ad un’opera fitta di reminiscenze massoniche ed oscure.

Un altro interprete che ha colpito per il suo timbro caldo è Gianluca Buratto, nel ruolo di Sarastro. Il Monostatos di Marcello Nardis ha fatto comprendere perfettamente, con la sua interpretazione, come questo personaggio sia “viscido” in tutto e per tutto. Julia Giebel, Papagena, non è riuscita, nel suo poco tempo sulla scena, a coinvolgere particolarmente, soprattutto perché non è fuoriuscita completamente la frizzantezza di un personaggio così giovane.

Tra tutti gli interpreti, colei che ha risentito più degli altri della regia è stata Christina Poulisti, Astrifiammante. La sua posizione non era delle migliori, avvolta in un lenzuolo bianco per permettere di proiettare un enorme ragno che la rappresentava e posizionata in alto, quindi impossibilitata di fare grandi gesti scenici drammatici come ci si aspetta dalla Regina della Notte si è fatta comunque ricordare per gli acuti ben squillanti che caratterizzano il personaggio. Non da meno dei colleghi sono stati i due armigeri Domingo Pellicola e Timofei Baranov (dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma) che, nonostante non avessero molta presenza sulla scena, sono stati ricordati per il piacevole timbro.

A fare da cornice a tutto questo è stato il coro, sempre magistralmente preparato dal Maestro Roberto Gabbiani e l’orchestra, diretta dalla bacchetta di Henrik Nánási il quale è riuscito a trasportare il pubblico romano nel mondo magico di Mozart, facendoci sentire una direzione pulita, in cui i dettagli strumentali venivano efficacemente esaltati.
Sara Feliciello
Roma, 16 ottobre 2018