Ottavio Dantone è una figura di spicco nel mondo della musica: strumentista, direttore d’orchestra e grande studioso, è diventato nel tempo uno dei personaggi più rilevanti nella riscoperta della musica antica, grazie anche alla collaborazione con l’Accademia Bizantina, gruppo musicale nato a Ravenna nel 1983, del quale Dantone è diventato parte nel 1989, per poi nel 1999 diventarne direttore musicale e artistico. In queste settimane il direttore è impegnato nel “Rinaldo” di Händel nel circuito lombardo, con recite a Cremona, Brescia, Como e Pavia, e in occasione di queste recite abbiamo avuto il grande piacere di intervistarlo…

Com’è nato il suo amore per la musica e soprattutto per la musica antica?
Ho iniziato molto spontaneamente, dopo che i miei genitori mi hanno regalato una piccola tastiera giocattolo con la quale ho imparato a scrivere e a leggere la musica da solo. Mi ricordo che avevo un libro dove c’erano dei numeri associati alle dita. L’esperienza empirica della musica è sicuramente un’ispirazione per l’avvicinamento al repertorio antico. Verso i nove anni suonavo l’organo in chiesa e lì c’era un sacerdote che era uno dei responsabili della Cappella musicale del Duomo di Milano, della quale io sono entrato a far parte, scoprendo sempre di più la musica polifonica e il repertorio barocco. Ricordo la folgorazione di quando ho sentito, a circa nove anni, in televisione il Concerto in Re minore di Bach per clavicembalo e archi, suonato però con il pianoforte da Armando Trovajoli, noto compositore di musica da film. Nell’avvicinamento alla musica antica ha sicuramente influito anche l’ambiente che ho frequentato.

Ottavio-Dantone (c) Walter  Capelli (1).jpg
©Walter Capelli

La sua carriera è iniziata dunque come organista e successivamente come clavicembalista…la direzione d’orchestra è stata un punto di arrivo o una vocazione che aveva fin dall’inizio?
Non era assolutamente una vocazione, perché nelle mie idee non c’era mai stata quella di fare il direttore d’orchestra, almeno fino all’età di trent’anni. In quel momento, alcune formazioni musicali e orchestre, cominciavano a chiedermi, visti i miei studi sulla musica antica e sulla retorica, di fare il concertatore. Dopo di che c’è stato l’incontro con l’Accademia Bizantina, che mi ha portato da alcune piccole esperienze di direzione, a diventare il loro direttore dal 1996. Tutto è andato positivamente precipitando…abbiamo avuto da quel momento grandi occasioni con prestigiose case discografiche e c’è stato soprattutto l’incontro fondamentale con Riccardo Muti, che mi invitò a dirigere un titolo operistico al Teatro alla Scala già alla fine degli anni ’90. Mi sono ritrovato dunque ad essere direttore, ruolo che mi piace, ma che, ripeto, non era assolutamente nei miei progetti giovanili. Ero organista e cembalista nell’anima! E ora ho la gioia di dirigere in tutto il mondo….la vita è strana alle volte! (ride)
Ha citato la collaborazione con le case discografiche…quanto è importante per un interprete lasciare una testimonianza del proprio lavoro?
Io non parlerei di testimonianza o lascito, perché sono molto concreto: la discografia è importante più che altro per far conoscere il proprio pensiero al pubblico attuale, ma soprattutto è un viatico pubblicitario, perché aiuta a farsi conoscere e “aiuta” in qualche modo ad aumentare le esecuzioni dal vivo, che restano l’aspetto fondamentale. Il disco è la testimonianza di quello che sai fare e di quello che tu fai, ma l’esecuzione dal vivo rimane l’anima e il vero volto del musicista e dell’interprete. Oggi, con i mezzi tecnici che abbiamo a disposizione, fare un disco è diventato molto più facile, anche se non rispecchierà mai fedelmente la bravura e l’interesse di un interprete. Certamente, il bravo interprete lo è anche in disco, ma il vero interprete riesce ad emozionare soprattutto dal vivo.

Accademia Bizantina & Ottavio Dantone recoding Il Giustino en Bagnacavallo a (c) Giulia Papetti
©Giulia Papetti

Oggi forse si è favoriti, visto che le incisioni spesso sono esecuzioni dal vivo?
Questa è una cosa buona. Nella sfortuna dell’attualità di avere pochi fondi per la cultura, questo fenomeno delle incisioni dal vivo è una cosa bella. Quando si incide un disco ci si concentra su ogni passaggio, evitando ogni minimo errore, a volte a discapito della musica. Un’esecuzione dal vivo in principio dovrebbe rimanere tale, ossia qualcosa che si deve conservare nell’anima, poiché magari riascoltando e riascoltando, ci sono delle imperfezioni. Il momento irripetibile di un concerto dal vivo non può essere replicato nel disco. L’ideale sarebbe sempre ascoltare esecuzioni nuove, e lo dico io che incido molti dischi!
L’Accademia Bizantina è assolutamente una realtà virtuosa in Italia, dove le orchestre chiudono piuttosto che aprire…
Dobbiamo dire che in Italia, grazie al cielo, esistono oltre all’Accademia, altre meravigliose formazioni musicali. Tutte queste hanno in comune il fatto che si sono dovute arrangiare in questi anni, e vivono spesso soltanto grazie ai loro introiti. In questo senso però non è mai cambiato molto, perché alla fine un’istituzione come l’Accademia Bizantina nasce proprio in questo modo. Non abbiamo il problema delle sovvenzioni, perché viviamo del nostro lavoro, di ciò che facciamo e che produciamo. Certamente un’orchestra barocca costa di più, perché ci sono più spese per mantenerla. Formazioni come l’Accademia sono virtuose perché sono molto richieste all’estero e sono diventate testimonial della nostra cultura. Venti, trent’anni fa in Italia venivano molte formazioni straniere a suonare questo repertorio, perché noi eravamo molto indietro nella scoperta filologica della musica antica. Da quando gli italiani si sono riappropriati della loro cultura, si è notato subito che la lingua e il linguaggio di questa musica ci avvantaggia nell’espressione musicale e nell’interpretazione, data anche la stretta connessione tra la musica e lingua, che è l’italiano.

AccademiaBizantina-mosaic-portrait

Oggi il barocco è pari alla musica “pop” per vitalità (almeno all’estero)…cosa c’è in questa musica di così straordinariamente attuale?
Direi “pop” perché la consapevolezza estetica dei musicisti che si occupano di musica barocca, ha fatto sì che questa fosse sempre più comprensibile al pubblico. Questo sicuramente ne ha determinato il successo. Mentre all’inizio si era concentrati più che altro sul fascino direi quasi esotico degli strumenti antichi, oggi si è attenti al saper “parlare” il linguaggio della musica barocca e quindi ad esprimere e di conseguenza a far comprendere, le emozioni della musica. Si scopre che c’è uno “swing” e una ritmica, che poi è strettamente connessa alla retorica stessa, che sono straordinariamente attuali e che vanno però scoperti possedendone gli strumenti stilistici ed estetici. Trent’anni fa si suonava questa musica esattamente com’era scritta, ma sulla carta c’è solo una minima percentuale di quello che questa musica dovrebbe essere. Bisogna conoscere tutti i codici estetici e retorici che regolano la musica antica. Non c’è niente di segreto, c’è tutto scientificamente scritto, basta possedere il linguaggio giusto e comprendere ciò che l’autore desidera. Il dovere di noi musicisti è sempre quello di seguire tutte le volontà dell’autore.

Giulia Papetti
©Giulia Papetti

Parliamo delle due produzioni haendeliane a cui prenderà parte con l’Accademia Bizantina, “Rinaldo” a Cremona, Brescia, Como, Pavia e “Serse” a Reggio Emilia, Modena e Piacenza…come nascono questi progetti?
Questi progetti hanno un’origine molto lontana: ricordo che agli inizi degli anni ‘2000, abbiamo fatto con l’Accademia, in teatri di tradizione, Jesi (Festival Pergolesi Spontini), Ravenna, Ferrara, Reggio Emilia, Cremona, Pavia, tutta la trilogia di Monteverdi, molti di titoli di Pergolesi, l’Orlando di Handel, così come Giulio Cesare e Rinaldo. Oggi non facciamo che riprendere in mano questo progetto. C’è lo sforzo da parte di questi teatri di tradizione, che sono vittima dei tagli, ma sono sostanzialmente i più sani, di riuscire a progettare, nei limiti delle loro possibilità, dei titoli barocchi all’interno della loro stagione, con un’orchestra barocca, che costa cinque volte di più di un’orchestra normale. Il significato è quello di restituire al pubblico la propria cultura, e dargli la possibilità di riappropriarsene. L’opera, sia barocca, che successiva “parla” italiano. Sono le nostre radici e le nostre basi. Spesso nei cartelloni c’è un buco storico, invece, rappresentare questi titoli è importante, e quando lo si fa, ci si accorge che il pubblico apprezza e capisce perfettamente, poiché sono parte del nostro DNA. Qualcuno ha ancora il sospetto che la musica antica possa annoiare, ma è esattamente il contrario. E’ una musica che ha una vitalità, una comunicatività e un’immediatezza assoluta. Il pubblico riceve subito questo messaggio e ne comprende profondamente il significato, pur non essendo esperto.

 

In occasione della sua ultima fatica discografica con l’Accademia Bizantina, “Il Giustino” di Vivaldi, è stato realizzato un video con il making of dell’incisione….quando è importante nel mondo della musica di oggi, fortemente influenzato dai media, realizzare un progetto come questo che svela anche il dietro le quinte di un prodotto?
E’ importante, perché bisogna anche adeguarsi ai nuovi mezzi e modi comunicativi. Abbiamo deciso e progettato che d’ora in poi per tutte le incisione che faremo, daremmo spazio ai video, come abbiamo già fatto per esempio con “Agitata”, l’album inciso con il contralto Delphine Galou e appunto con “Il Giustino”, di cui è uscito addirittura un cartone animato. I canali social sono diventati veicoli importanti per far conoscere il nostro lavoro, senza togliere il fatto che l’immagine associata alla musica, esercita da sempre grande fascino e suscita grande impatto, oggi più che mai. La sinestesia, la sorpresa che questi progetti creano, fanno parte quasi del concetto di “Meraviglia” che sta alla base della cultura barocca. E’ tutto assolutamente in linea con la musica…

Forse, in più, c’è anche una finalità “didattica”, ossia quella di veicolare a nuovo pubblico questa musica…soprattutto in una società dove l’insegnamento della musica è spesso trascurato…
Certamente! Qui entrerei per forza in polemica. La scuola italiana, paradossalmente nel paese che dovrebbe essere caposcuola, non insegna la musica. All’estero l’insegnamento della musica è dovunque migliore rispetto all’Italia. Non entro nel merito dei conservatori, anche se anche in quell’ambito ci sarebbe qualcosa da dire. Per quanto riguarda l’insegnamento nelle scuole primarie in Italia siamo a zero. Quando c’è un problema economico-sociale, come quello che stiamo affrontando in questi anni, la prima cosa che viene tagliata è la cultura, perché si pensa che sia importante solo quando c’è l’abbondanza. La cultura è la base di una società civile e senza di essa la civiltà si abbruttisce e ne paghiamo le conseguenze. Tagliare la cultura è come tagliare i fondi alla medicina, è come estirpare qualcosa di vitale.

OttavioDantone (c) Giulia Papetti
©Giulia Papetti

Prossimamente ritornerà alla Scala con un titolo rossiniano, “La Cenerentola”…e Rossini rappresenta un po’ l’altro universo della sua “anima” musicale…
Sì, possiamo dire così! Mi sono trovato a dirigere molto Rossini e Cenerentola è un titolo che ho inciso da poco e che ho affrontato lo scorso anno all’Opéra di Parigi. Mi fa molto piacere riprenderla, soprattutto in una regia così classica come è quella di Ponnelle e con un cast di giovani in grande ascesa. Spero proprio che sia una bella esperienza. Sarà una ripresa di grande lusso e con ampi tempi di prova che ci permetteranno di fare, spero, un bello spettacolo. Poi c’è anche la gioia e il piacere di tornare nella mia città.
Qual è il legame tra Rossini e il Barocco? In cosa Rossini è “conservatore” e in cosa è “innovatore”?
Rossini è un momento di passaggio, veicola uno sviluppo della musica. Ci sono molti gesti e particolari che attingono dal passato, almeno dal punto di vista musicale e gestuale. Penso alla trasparenza del tessuto musicale, all’attenzione particolare verso le parti interne, che se affrontate filologicamente, restituiscono tutta la preziosità della musica rossiniana. Per questo, anche con l’Accademia Bizantina, ci siamo divertiti a riprendere dei titoli rossiniani, come anche titoli del classicismo di Mozart e Haydn. In tutta la musica c’è sempre un filo che lega tutte le epoche. Anche da un punto di vista del lessico musicale, in Rossini troviamo molto della cultura musicale del Barocco e del Settecento, come la “messa di voce” o i trilli, che devono essere eseguiti nella stessa maniera di quelli barocchi e settecenteschi. Filosoficamente all’epoca di Rossini molto era cambiato, e la figura del musicista si era evoluta, soprattutto nel rapporto con la società, così come erano cambiate le esigenze estetiche ed espressive, ma non si deve pensare che questo cambiamento fu drastico e rapido. Certamente non si può suonare Rossini come fosse Vivaldi, ma bisogna essere in grado di capire l’evoluzione storico-musicale, conoscendo ciò che c’è stato prima e ciò che c’è stato dopo. Nella musica c’è una forte componente istintiva, ma c’è soprattutto lo studio e la conoscenza storica e storico-musicale.

Ottavio Dantone (c) Giulia Papetti
©Giulia Papetti

C’è un titolo che esula dal Barocco e da Rossini che le piacerebbe dirigere nel futuro?
Sì, “I maestri cantori di Norimberga”….ma non penso lo farò mai….non ho abbastanza tempo per imparare bene il tedesco…chissà!
Ricordiamo i suoi prossimi impegni…
Finite le due produzioni di “Rinaldo” e “Serse”, andrò a Torino per dirigere un concerto sinfonico con l’Orchestra della Rai, poi sarò in tournée nuovamente con Delphine Galou, con “Agitata” in una versione più “natalizia”, poi ci sarà “La Cenerentola” alla Scala, “Le nozze di Figaro” a Zurigo e tante altre cose fino al 2021!

Grazie al Maestro Ottavio Dantone e In bocca al lupo! 

Francesco Lodola

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