Lo scorso 15 dicembre abbiamo assistito ad una delle repliche di Rigoletto inaugurale della stagione 2018-19 del Teatro dell’Opera di Roma e nonostante si trattasse di una replica, il clima che si percepiva all’interno del teatro era comunque molto festoso e trionfale.

Lo spettacolo è stato nella sua complessità molto apprezzato dal pubblico romano che alla fine della recita ha tributato al cast e al Maestro Daniele Gatti numerose e calorose ovazioni. Il maestro Gatti è giunto, con questo Rigoletto, alla sua terza inaugurazione qui a Roma proponendo stavolta uno dei capolavori del grande repertorio italiano, infatti negli scorsi anni erano state proposte Damnation de Faust di Berlioz, caposaldo del repertorio francese e Tristan und Isolde di Wagner del repertorio tedesco. Dunque questa scelta può solo che far piacere, specialmente quando le premesse sono una rilettura della partitura verdiana epurata da tutte quelle sedimentazioni musicali aggiunte negli anni di cui però nella partitura originaria non c’è alcuna traccia, ad esempio vi è stata l’eliminazione di tutte le cadenze non scritte, come i picchiettati i il mi bemolle acuto da “Caro nome”, come pure gli acuti aggiunti alle arie del Duca e il finale dell’atto secondo. Ma l’operazione, come ha spiegato più volte Gatti durante la conferenza stampa non è solo una epurazioni di acuti, aggiunti per il vezzo dei cantanti nel tempo, ma anche di rilettura dei tempi, delle dinamiche e della volontà dell’autore dietro ogni passaggio della scrittura musicale, ciò aggiunto al bel rapporto che c’è fra l’orchestra del Teatro dell’opera e il Maestro Gatti ha creato le premesse per un lavoro splendidamente realizzato.

Questa rilettura musicale ha avuto un’altrettanta rielaborazione della regia a cura di Daniele Abbado, infatti il progetto è nato per ammissione sia del direttore che del regista a quattro mani, consistente in una trasposizione storica che porta le vicende del buffone e di sua figlia agli anni 40 del novecento, presumibilmente sotto la Repubblica di Salò. Sebbene questo spostamento temporale non deviasse dal libretto e a fine recita risultasse interessante, ciò che non ha convinto è stata una generale gestione dello spazio teatrale, specialmente nell’ultimo atto, e le scene a cura di Gianni Carlucci risultavano a metà fra la pienezza e l’essenzialità, una via di mezzo dove non si collocava però la soluzione scenica, mentre invece molto interessanti erano le luci e l’atmosfera cupa e nebbiosa. Ben elaborati i costumi a cura di Francesca Livia Sartori e Elisabetta Antico e i movimenti coreografici di Simone Bucci.

Ciò che però è stata la vera forza di questa produzione è stata la presenza di due grandissimi interpreti nei ruoli del protagonista Rigoletto, Roberto Frontali, e di sua figlia Gilda, Lisette Oropesa. I due, alla prima collaborazione insieme, oltre a sorprendenti e indiscusse capacità vocali e sceniche, hanno letteralmente il fisique du role, incarnando al meglio anche fisicamente un padre che non possiede niente se non sua figlia e quest’ultima nella sua giovinezza e innocenza.

Frontali nello specifico ha brillato per una dizione perfetta, un timbro gradevolissimo e di grande volume, tanto da vedersi tributata un’ovazione a metà del secondo atto, unico caso di applauso a scena aperta insieme a quello per la Oropesa dopo l’aria del primo atto. Quest’ultima ha una voce puntata ma molto rotonda e omogenea in tutti i registri, un timbro pastoso e purissimo che la giovane soprano statunitense sa usare perfettamente con diversi colori e dinamiche, il che favorisce un canto mai piatto e di piacevole ascolto.

Meno convincente è stata la performance di Ismael Jordi, il quale, nonostante un timbro squillante tipico del tenore lirico, non ha sempre fornito un canto espressivo, si pensi al recitativo dell’aria di apertura del secondo atto, eseguito tutto di un fiato, senza dare troppo peso alle pause orchestrali che avrebbero permesso una maggiore libertà interpretativa, stesso discorso per la cadenza della stessa aria, e alcuni acuti nel terzo atto risultavano “indietro”.

Si è andati invece a colpo sicuro con Sparafucile interpretato da Riccardo Zanellato, estremamente virile nell’emissione e statuario nella presenza scenica, e la Maddalena di Alisa Kolosova, sensuale nella voce e nell’interpretazione. Completano il cast Irida Dragoti, proveniente da ” Y.A.P. Fabbrica”, interpretante Giovanna, Carlo Cigni nel ruolo del Conte di Monterone, Alessio Verna nel ruolo di Marullo, Antonio Taschini nel ruolo del Conte di Ceprano, Nicole Brandolino nel ruolo della Contessa di Ceprano, Fabio Tinalli nel ruolo dell’usciere di corte e Stefania Rosai nel ruolo del Paggio della Duchessa. Non da ultimo è necessaria una menzione d’onore alla compagine maschile del coro del Teatro dell’opera di Roma che preparato brillantemente dal Maestro Gabbiani ha dimostrato ancora una volta il suo altissimo livello.
Paolo Mascari
Roma, 15 dicembre 2018