Caloroso successo a Bologna per il geniale titolo mozartiano in chiusura di Stagione, con vere e proprie ovazioni e festosi omaggi al Maestro Michele Mariotti che lascia, dopo 11 anni, la direzione principale del Teatro.
Si conclude con una standing ovation la lunga parabola di Michele Mariotti alla guida del Teatro Comunale di Bologna, tra gli applausi e le grida di un pubblico innamorato e riconoscente ad un giovane Maestro che ha saputo distinguersi per oltre un decennio caratterizzato da grande ricchezza e varietà di proposta musicale con un denominatore comune fatto di qualità e sguardo al futuro; una bacchetta preparata e sempre in grado di tirare fuori il meglio da ogni partitura, anche in questa occasione impeccabile alla guida della “sua” Orchestra, del Coro preparato da Andrea Faidutti e della compagnia di interpreti tutta.
Il Don Giovanni di Mariotti (si tratta di un debutto per lui) evidenzia ogni dettaglio della complessa architettura di quest’Opera con precisione ed espressiva teatralità, colori accentuati, suggestioni e atmosfere raccolte in una ammirevole omogeneità tra le diverse componenti della buca e del palcoscenico. Certamente tanto ancora potrà e dovrà lavorare il Maestro su un titolo così complesso ed articolato ma questo è sicuramente un inizio che apre piste importanti e numerose su cui lavorare e consolidare un’interpretazione già stimolante e convincente.

Non si può purtroppo dire lo stesso della regia di Jean-Francois Sivadier, ripresa da Rachid Zanouda, Federico Vazzola e Milan Otal, che con le scene di Alexandre de Dardel non brilla sempre per chiarezza e pare non riuscire fino in fondo nell’intento di proporre qualcosa di realmente innovativo. Tutto pare irrisolto e incompiuto, profondamente confuso e anche quelli che potenzialmente potrebbero essere spunti su cui approfondire una lettura plausibile non vengono sviluppati in modo comprensibile al pubblico. Di chiaro rimane l’ambientazione, un palcoscenico fatto di lampadine, sipari ed elementi scenici in una sorta di spettacolo in via di costruzione. Grande disparità inoltre si percepisce nel lavoro sui personaggi. Se da un lato la recitazione di Don Giovanni e Leporello è assai studiata e forse anche eccessiva al punto da arrecare qualche difficoltà nel canto, altri personaggi paiono lasciati un po’ all’approssimazione.
Il cast è composto da nomi d’esperienza affiancati ad altri più giovani e nel complesso soddisfa le attese.

Nel ruolo del protagonista Simone Alberghini si destreggia con scioltezza e grande esperienza, concentrando la propria prova sul lato interpretativo del personaggio ma assicurando una tenuta solida e corretta anche sul piano prettamente vocale e musicale.
Vito Priante supera le insidie registiche con grande bravura dipingendo un Leporello convincente e di carattere. La voce non è di volume generoso ma più che sufficiente e sempre ben emessa, il che gli consente di portare a casa un meritato successo.

Nei panni di Donna Anna vi è Federica Lombardi, soprano di indubbie qualità vocali, capace di reggere il ruolo dall’inizio alla fine con sapienza ed intelligenza. Manca in lei una certa omogeneità tra i diversi registri (in particolar modo sembra mancare di sicurezza su quello più acuto dove il suono perde di compattezza e sostegno) ma il materiale vocale è di valore così come la cura nel canto e ciò consente una performance di rilievo.

Don Ottavio è Davide Giusti, tenore dal timbro non particolarmente piacevole e morbido ma in grado di sfoggiare un utilizzo prodigioso del proprio fiato e una solida tecnica che lo portano a dare una prova di sé decisamente positiva.
Donna Elvira è interpretata da Salome Jicia, una voce di notevole corpo e volume che non senza qualche sbavatura sa entrare nel carattere del personaggio con personalità e autorevolezza.
Fresca ma mai troppo estroversa la Zerlina di Lavinia Bini.

Complessivamente positive le prove di Roberto Lorenzi (Masetto) e Stefan Kocan (Commendatore).
Al termine dello spettacolo grande successo per il sopracitato Michele Mariotti e per il cast intero, qualche contestazione rivolta palesemente alla regia nonostante l’assenza del regista stesso nel momento dei saluti finali.
Grigorij Filippo Calcagno
Bologna, 23 dicembre 2018