Nella splendida Sala Grigia del Teatro dell’Opera di Roma, abbiamo avuto il piacere di intervistare nuovamente Riccardo Frizza (qui per leggere l’intervista precedente), impegnato qui a Roma nella produzione di Anna Bolena. Gli abbiamo rivolto e sottoposto questioni riguardanti l’opera, il Belcanto e la sua formazione.
Quale è il suo rapporto con questo teatro?
È un rapporto di lunga data, è stato infatti uno dei primi grandi teatri italiani a farmi lavorare. Ho debuttato nel 2003, con l’Italiana in Algeri, per questo ci sono molto affezionato da questo punto di vista. Poi vi sono tornato nel 2007 per il debutto nella Maria Stuarda di Mariella Devia e due anni fa per Linda di Chamounix, quindi ho lavorato qui con 4 titoli di Belcanto, 3 donizettiani ed 1 rossiniano.

I Puritani Budapest 2017_ph Posztós János2
©Posztós János

Quest’anno è qui per Anna Bolena, e quando ci si approccia ad essa viene subito in mente quella famosa edizione del 1958 con Maria Callas, che però dal punto di vista filologico risulta piena di tagli, è d’accordo?
Si, infatti questo è il problema moderno che si pone affrontando queste opere, in passato eseguite alla luce di una tradizione esecutiva e discografica dove venivano esaltate le qualità vocali di grandissimi artisti, ciò a discapito del teatro di Donizetti che non solo non veniva esaltato, ma ne usciva mutilato. Oggi cerchiamo di far capire che il teatro di Donizetti è un teatro estremamente ricco, importante ed interessante. Ad esempio quando tocca i temi inglesi della tetralogia Tudor, il teatro è ricchissimo: i personaggi sono ben caratterizzati dalla musica e tante volte, quando si eliminano parti di confronto fra i personaggi, si perde il carattere di quest’ultimi, e ciò è ovviamente sbagliato. Dunque la tendenza moderna è quella di riscoprire, bisogna compiere una operazione simile a quella compiuta per il teatro verdiano. Per quanto riguarda Donizetti, a mio avviso, c’è ancora molto da fare, e sono felice di contribuire a questa causa. Ovviamente fare ciò diventa complicato per le caratteristiche vocali che sono necessarie per l’esecuzione di queste opere intere, bisogna infatti trovare un equilibrio fra tempi e dinamiche per l’esecuzione ad esempio di queste grandi scene che Donizetti scrive, di solito collocate alla fine dell’opera, quando il cantante ha già cantato molto.
In questa opera uno dei personaggi più sacrificati è quello di Percy, in questa edizione sarà integrale?
Tutta l’opera sarà integrale, non subirà tagli. Ricordiamo che il ruolo di Percy è un ruolo scritto per Rubini, quindi estremamente acuto, forse anche troppo. Quindi per l’esecuzione si manterranno le tonalità di tradizione, d’altronde era costume dell’epoca, trasportare i brani.

Riccardo Frizza © Joan Tomás - Fidelio Artist (1)
©Joan Tomás

Parliamo della pazzia di Bolena, è proprio uno stato di follia?
Secondo me no, è il risultato di una vita di frustrazioni e problematiche che la porta a vivere una condizione di fragilità. Non è come Lucia di Lammermoor o meglio ancora come Lady Macbeth, una sorta di nevrosi, è il risultato di una vita difficile, e nello sviluppo dell’opera si capisce questa cosa, e in particolare in questa specifica lettura del regista De Rosa questo è molto chiaro. Ciò che bisogna capire è che Donizetti ha un teatro sotto, non è solo sfoggiare una meravigliosa linea di canto, che pure è caratteristica fondamentale del Belcanto.
Se guardiamo il rapporto fra Anna e Giovanna, che in questa edizione saranno interpretate da due stelle, Carela Remigio e Maria Agresta, come possiamo spiegarlo? Cosa spinge Giovanna e cosa Anna?
Secondo me è l’ambizione che muove Giovanna. Lei è un personaggio che scalpita nella corte. Ciò che è interessante è vedere la reazione di Anna, la quale è sempre molto composta. Innanzitutto non le dà la colpa, poiché ricorda come lei è stata in passato. Anna si rende conto che Giovanna sta cadendo nella stessa trappola in cui cadde lei stessa, sedotta dal fascino di Enrico. E poi il fatto che a cantare Giovanna sia un soprano è estremamente interessante, dato che si riesce innanzitutto a tratteggiare il personaggio più minuziosamente, e poi vi è una facilità maggiore nella vocalità. Si riesce dunque a trovare quella cifra sottile. Similmente a ciò che succede per il personaggio di Adalgisa, si tratta di un soprano secondo, diverso dall’altro ma pur sempre un soprano…

Riccardo Frizza © Joan Tomás - Fidelio Artist (2)
© Joan Tomás

Infatti, come nella Norma, c’è una grande scena di confronto, che è una cifra del teatro donizettiano…
Esatto, e l’importanza di queste scene l’ho rivissuta in ottobre nella messa in scena di Elisabetta al castello di Kenilworth a Bergamo. Anche li c’è un grande confronto fra Elisabetta e Amelia ed è presente lo stesso atteggiamento di perdono verso l’interlocutore. C’è infatti questa grande tensione che si rilassa e non sfocia in un duello, come accade spesso nei personaggi maschili, qui, nel Castello di kenilworth e nella Bolena, c’è una grande empatia femmine cosa che non troviamo nella Maria Stuarda e nel Roberto Devereux. Questa diversità dimostra come Donizetti faccia molta sperimentazione nelle sua opere.

Enrico, invece è un personaggio molto duro, sia scenicamente che vocalmente, lei come lo vede?
È il personaggio centrale dell’opera, tutto succede per lui. È un personaggio complesso a livello teatrale, e ovviamente vocalmente, dato che è il motore di tutti eventi. Nella visione di De Rosa è interessante che la corte sia dalla sua parte, nonostante si tratti di un personaggio discutibile.

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©E. Moreno Esquibel

In quest’opera quale è il ruolo del coro?
È sicuramente molto presente, ma secondo me in Maria Stuarda è più elaborato, nonostante qui abbia delle pagine totalmente ad esso dedicate. Si pensi alla prima scena, è il coro che introduce l’opera. Non è solo un commentatore, ha un ruolo drammaturgico importante che segue un crescendo di emozioni secondo lo sviluppo dell’opera.

Quali sono i suoi prossimi impegni?
i prossimi impegni sono un Falstaff e una Aida, è uso questa occasione per sfatare un mito: dirigo moltissimo belcanto, perché amo questo repertorio, ma il compositore che più ho diretto è Verdi, ho diretto 21 titoli su 27. Sono dedicato al repertorio italiano, ma nulla toglie che in un futuro possa vedere altro repertorio, magari quello tedesco. Ovviamente la nomina come direttore musicale al Donizetti Festival di Bergamo mi vede impegnato maggiormente in questo repertorio.

Riccardo Frizza © Joan Tomás - Fidelio Artist (23
© Joan Tomás

È fondata secondo lei l’impressione che vi siano titoli ed autori più adatti di altri per le inaugurazioni di stagione e che spesso Donizetti, forse tranne per Lucia, raramente sia fra questi ?
È vero, questo è un fattore molto limitante. Bisogna capire che Donizetti non è un teatro di serie B. E’ più difficile da rendere sicuramente, perché lo abbiamo studiato e sperimentato meno. Non come Verdi, che è stato molto esplorato. Bisogna avere più coraggio. Devo dire che ho apprezzato molto il gesto di inserire il Don Pasquale nella programmazione del Teatro alla Scala da parte di Chailly. Sarebbe bello che si inaugurassero di più i teatri italiani con i titoli donizettiani.

Nota anche lei un positivo proliferare di direttori italiani?
Si, secondo me sono cicli. Quando io ho iniziato eravamo molti di meno, oggi ne vedo molti di più e ne sono molto contento, perché noi dobbiamo essere gli ambasciatori del nostro repertorio. Io nel mio piccolo penso di aver contribuito, infatti ho diretto tutti e cinque i maggiori compositori italiani: Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e Puccini.

Riccardo Frizza - Enrique Moreno Esquibel_baja
©E. Moreno Esquibel

Quanto secondo lei è formativo il belcanto per un cantante?
Bellini, Donizetti e Verdi sono gli autori che fanno fare il passo decisivo. Aiutano i cantanti ad affrontare e superare le difficolta tecniche. Quindi si. Sono molto formativi.

Quale è la sua opinione sulla formazione musicale italiana?
Francamente ora non la conosco, io ho fatto il vecchio ordinamento del conservatorio, non so come sia cambiato oggi. Sicuramente mi ha molto aiutato e mi ha dato una solida base. Noi siamo sempre abituati a pensare che gli altri facciano meglio di noi, magari non è così. Quando studiavo e ho partecipato ad un concorso in Repubblica Ceca, l’ho vinto. All’Accademia Chigiana, dove mi sono confrontato con persone provenienti dal tutto il mondo, non mi sentivo meno preparato di altri. Noi dovremmo appoggiare molto i giovani talenti, come si fa all’estero e come fanno alcuni teatri, la Fabbrica qui a Roma o l’Accademia della Scala ad esempio, oppure per la direzione anche la scuola di Bologna.

Grazie al Maestro Riccardo Frizza e In bocca al lupo!

Paolo Mascari

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