Susanna Branchini è una delle voci italiane più importanti della sua generazione: una vocalità affascinante ed un forte temperamento che fanno delle sue interpretazioni dei ritratti unici e di ben distinta personalità. In questi giorni il soprano è Amelia al San Carlo di Napoli e in occasione di questo nuovo appuntamento con il pubblico partenopeo abbiamo avuto il piacere di intervistarla…

Non è la prima volta che ti trovi al Teatro San Carlo: quali sono le emozioni di cantare al Massimo napoletano?
Io amo il Teatro San Carlo, ha un’architettura bellissima. È uno dei pochi teatri dove avverti la tradizione, sai di doverlo rispettare. La prima volta al Massimo napoletano risale al 2005 con Tosca, quindi sono legata a questo teatro da un affetto antico e ritrovarlo oggi è emozionante. Poi, noto la voglia di lavorare e di trattarci bene, questo è un incentivo per noi artisti. È una macchina: so che c’è un numero ristretto di macchinisti e, nonostante ciò, riescono a fare dei miracoli, lavorano con onestà e impegno. C’è passione e desiderio di fare bene.

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©Lovino

Lo scorso ottobre hai interpretato Abigaille al San Carlo, mentre ora per Un ballo in maschera sarai Amelia: quali sono le differenze vocali e non che avverti fra questi due ruoli?
Abigaille e Amelia sono due personaggi molto diversi, però le accomuna la sofferenza. Abigaille è quasi una virago, anche se io nelle mie interpretazioni le conferisco un aspetto femminile, perché è pur sempre una donna. Amelia è una donna “normale”, moderna e umana, è una madre e una sposa. Vocalmente Abigaille è un ruolo difficile per la tessitura, c’è di tutto, mentre Amelia ha un canto più disteso, un altro colore. Sono contenta di alternare questi ruoli, perché ho la possibilità di rappresentare la fragilità femminile.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Amelia è una donna vittima delle violenze (anche fisiche) degli uomini e di una società e di una mentalità maschiliste: come vivi questo ruolo, soprattutto ai giorni nostri?
Quello di Amelia è un ruolo molto attuale. Un ballo in maschera potrebbe essere stata scritto due mesi fa, perché Amelia è una donna che subisce e, purtroppo, oggi il mondo è pieno di situazioni del genere. Amelia non tenta di ribellarsi né di difendersi (anche se, in realtà, non ha fatto nulla di male, ha solo dichiarato il suo amore segreto per Riccardo/Gustavo) per amore del figlio: siamo spettatori di una situazione così comune al giorno d’oggi! Anche il linguaggio mi ha stupito, è talmente moderno: ad un certo punto il marito di Amelia le dice «Hai finito? Hai finito?». Noi conosciamo Verdi per altre opere, però questa ha una marcia in più proprio per la sua attualità (e per la musica). Io la amo molto perché la sento vicina.

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Nel 2018 hai debuttato Turandot, altra eroina apparentemente forte: pensi ci siano delle analogie con altre protagoniste, ad esempio Abigaille?
Ti dirò, il pregiudizio maschilista fa parte dell’opera lirica. Tosca, ad esempio, canta sempre, mentre il protagonista maschile (questo lo dicono i tenori!) (ride) con due arie attira tutta l’attenzione del pubblico…Tornando a Turandot e Abigaille, in questi due personaggi vedo tanto sofferenza, ma in realtà questa è una difesa: c’è chi si difende costruendo un muro e chi esterna. Alla fine, Turandot si scioglie in un istante, è una donna fragile come Abigaille. Quest’ultima è “traumatizzata”, l’unica arma che ha è quella di essere un soldato. Ciò che differenzia Abigaille da Turandot è che la prima, come Lady Macbeth, non si pente mai. È vero, nell’ultima scena si presenta umana, morente, esamine, ma il tentativo di farla vedere sotto un altro aspetto dura poco.

Hai debuttato nel ruolo di Amelia nel 2016 al Teatro Municipale di Piacenza, interpretandolo poi anche all’estero; pensi che questo personaggio sia maturato nel corso degli anni?
Il debutto rappresenta il primo incontro con un personaggio, non sai cosa vuoi fare tuo e cosa vuoi dare. Ciò che mi piace di Amelia è il suo senso pratico: le interessano i suoi affetti, non tanto quello per il marito – che forse non ha mai amato –, più quello per il figlio. La prima volta puntavo più sull’aspetto romantico e sentimentale, mentre ora per me conta quello materno. Inoltre, Amelia è una donna matura e anche per questo dovrebbe essere interpretata da chi ha una certa esperienza alle spalle: Amelia non è una giovane appassionata come Aida, è una donna con il suo vissuto.

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©Lovino

Sei una delle grandi protagoniste all’Arena di Verona: che emozioni ti ha dato e ti dà ancora cantare in un luogo del genere?
La mia risposta a questa tua domanda sarà particolare. La mia prima volta all’Arena risale al 2008 con Micaela in Carmen, ma un mese prima avevo vissuto un grave lutto in famiglia. Purtroppo, lo stato d’animo non era dei migliori e questo ha influenzato il modo in cui ho vissuto l’Arena, un po’ distorto e ovattato. Quando sono ritornata, per me l’ambiente era già familiare. L’Arena è un luogo meraviglioso, unico e suggestivo. Gli allestimenti poi sono ogni anno incredibili, unici nel loro genere.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

La tua è una voce verdiana e pucciniana: c’è però un ruolo diverso, anche da un punto di vista vocale, che ti piacerebbe affrontare?
In realtà no, tutti i ruoli che desideravo li ho cantati. Sin dal primo giorno in cui ho avuto a che fare con il canto lirico, c’è stato un “colpo di fulmine” con Verdi e le sue arie. Mi sono innamorata di Lady Macbeth, il mio sogno era interpretarla e l’ho realizzato. Mi incuriosisce La fanciulla del West, rappresenta qualcosa di nuovo.
8) Ricopri i panni di donne forti: ti senti più vicina alle eroine di Puccini o di Verdi?
Il mio primo amore è Verdi, le mie caratteristiche sono tutte nelle sue opere, però da un punto di vista interpretativo Puccini ti dà più possibilità. In Verdi i personaggi sono “assoluti”, in Puccini conta molto l’aspetto personale.

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A marzo 2019 sarai di nuovo a Piacenza, stavolta per Tosca. Come ti trovi nel ruolo della protagonista, cantante e artista come te?
È vero, sono una cantante, ma gli aspetti da diva di Tosca non mi appartengono. Quest’opera deve essere fatta bene, con una buona regia, altrimenti rischia di scadere agli occhi del pubblico. Tosca è un personaggio difficile, non è solo una cantante o una soubrette ma è una donna che ama veramente: vorrei tanto che l’accento si ponesse su questa sua caratteristica, sulla sua passione da “romana verace”! Tosca indossa una maschera che è ciò che la rende femminile, ma il suo aspetto frivolo non è tutto.

A quando una Norma?
Norma ha una vocalità particolare, non si può cantare altro, dovrei dedicarmi solo a questo.

Prossimi impegni…
Tosca a Piacenza e gli altri ruoli che fino ad ora ho cantato. Poi, la vita mi proporrà ciò che deve accadere!

Grazie a Susanna Branchini e In bocca al lupo! 

Pia Lombardi

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