Assistere ad un concerto sinfonico con ben due solisti è una rarità, oltre che uno sforzo organizzativo non indifferente. Eppure questa è stata l’eccellente proposta di Fondazione Arena di Verona per il terzo concerto della stagione sinfonica. Peccato che il teatro si presentasse ancora una volta desolatamente vuoto e dispiace per gli assenti, poiché si sono persi il migliore appuntamento della stagione (almeno per ora) per quanto riguarda la qualità musicale e l’interesse del programma proposto.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Alla guida dell’Orchestra dell’Arena di Verona avevamo il Maestro Francesco Ommassini, vecchia conoscenza del pubblico veronese, che ha avuto modo di apprezzarne le qualità anche in passato, sia in titoli operistici che in occasioni concertistiche. Il direttore veneziano si imposto per chiarezza gestuale e dialogica con l’orchestra e i solisti e per coerenza nella linea interpretative di tutti e tre i brani in programma. Citiamo un momento per tutti: il piano degli archi che apre il secondo movimento del Concerto in Mib Maggiore per pianoforte e orchestra n.5 (Imperatore) di Beethoven realizzato con bellissima rotondità sonora, grazie anche alla splendida prestazione della compagine veronese. Raffinata e brillante anche l’esecuzione dell’Ouverture di “Der Freischütz” di Weber.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Elegante Roman Lopatynskyi al pianoforte, dotato di tecnica eccellente, espressività lineare capace di reggere sia sonorità sostenute e ricche che pianissimi sempre ben appoggiati, con una lodevolissima capacità di escursione dinamica.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Chi però conquista e affascina è il violoncello di Edgar Moreau alle prese con il Concerto in Mi minore per Violoncello e orchestra Op.85 di Edward Elgar. Si tratta di un brano che può essere a buon diritto considerato un Everest per quanto riguarda il repertorio strumentale, forse paragonabile soltanto al Concerto per violino e orchestra di Čajkovskij per necessità virtuosistiche abbinate a enormi richieste espressive.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Moreau con il suo violoncello Tecchler del 1711, appare nonostante la giovane età (24 anni), interprete maturo, di intensità tragica e poetica, oltre che virtuoso impeccabile. Tuttavia non si può classificare Moreau come un semplice virtuoso, parola che indica una mera perfezione meccanica, ma lo si deve definire “Artista” che fa del virtuosismo veicolo per l’essenza emotiva della musica. Questo è il suo più grande merito.
Al termine un calorosissimo successo.

Francesco Lodola

Verona, 2 marzo 2019

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