Il mondo della lirica, in questi anni, vede brillare una costellazione di giovani stelle, tecnicamente agguerrite e teatralmente preparatissime. Barbara Massaro è una di queste, e sta emergendo sempre più come una delle realtà più brillanti nel panorama italiano e internazionale. Il giovane soprano, cresciuta tra le voci bianche del Teatro alla Scala, debutterà il 19 maggio il ruolo di Lauretta in “Gianni Schicchi” al Teatro Filarmonico di Verona, città dove è già stata un’applaudita Zerlina nel “Don Giovanni” che ha inaugurato questa stagione e Frasquita in “Carmen” all’Arena di Verona nell’estate 2018. Abbiamo avuto il piacere, in occasione di questo suo debutto pucciniano, di intervistarla.

Come ti sei avvicinata al canto lirico?
Arrivo da una famiglia di non musicisti, quindi mi sono avvicinata prima di tutto al canto pop, attraverso gli stimoli che mi giungevano dalla quotidianità e quindi dalla televisione. Cantavo moltissimo le canzoni di Giorgia…mia madre, talmente esasperata, ha cercato di iscrivermi ad un coro a Milano, la mia città. Tra le realtà per i bambini quella più importante è il coro di voci bianche della Scala e in un modo assolutamente casuale, ho fatto l’audizione con il Maestro Casoni che mi ha preso e ho fatto dieci anni di esperienza in Scala, durante i quali ho imparato moltissimo e ho affrontato il palcoscenico con molta leggerezza, senza quelle preoccupazioni che il cantante poi, inevitabilmente, sviluppa. Quello dei bambini è l’approccio al palcoscenico più bello e più naturale. In parallelo, per completarmi come musicista, fu consigliato ai miei di avviarmi allo studio di uno strumento e fu scelta la viola.

Massaro

Come ti ha aiutato nello studio del canto la tua formazione strumentale?
E’ stata fondamentale. Non sono una pianista e quindi non ho la facilità di accompagnarmi mentre canto e mentre studio, ma lo studio di uno strumento ad arco mi ha permesso di accompagnare molto spesso dei cantanti e di capire molto bene di che cosa un cantante ha bisogno e di che cosa invece l’orchestra ha necessità. Lo strumento completa assolutamente la formazione di un cantante e facilità anche lo studio, velocizzandolo. Essendo una strumentista imparo un ruolo in meno tempo rispetto ad altri. Lo strumento ad arco, soprattutto, non perdona, e ti impone un rigore e un carico di studio che poi diventano un bagaglio personale necessario anche nel canto, così come il metodo di studio che evidentemente assorbi e che non tutti i cantanti hanno e alcune volte fa la differenza.

Da questo punto di vista pensi che la figura del cantante sia cambiata nel tempo?
Assolutamente sì! Oggi dobbiamo essere multitasking, dobbiamo saperci gestire sotto tutti i punti di vista, non solo nel canto, ma anche nel modo di raccontarsi (il rapporto con i social). Anche il rapporto con il pubblico è inevitabilmente cambiato: non siamo più nell’epoca dei divi, ma invece è venuto il momento, secondo me, di mostrare la “semplicità” di questa professione al pubblico, squarciando in qualche modo il velo che si è imposto tra il cantante, che viene messo su un piedistallo, e il pubblico. Io appartengo ad una generazione giovane e cerco di esprimermi come una ragazza della mia età. Poi ovviamente, nonostante la figura del cantante sia cambiata, si deve mantenere la professionalità e il rigore che il passato ci insegna tutti i giorni. Questo è l’aspetto che io cerco di portare: la professionalità che diventa rispetto per ciò che il compositore e gli interpreti del passato ci hanno tramandato. La soluzione è di unire il passato inteso come grande tradizione al modo di raccontare del presente e del futuro.

B. Massaro - Cat. Canto

Prima hai nominato Giorgia, che ha avuto anche lei una formazione di canto lirico: cosa ne pensi del crossover e ti piacerebbe creare una commistione tra musica “leggera” e l’Opera?
Penso che il crossover non sia qualcosa di negativo. Abbiamo assistito recentemente alla partecipazione del tenore Vittorio Grigolo ad “Amici” su Canale5 e penso sia un esempio positivo. Questo aiuta a svecchiare l’immagine del cantante lirico, soprattutto se lo si fa con intelligenza e giusta delicatezza. Portare l’opera lirica in un contesto diverso è difficile, ma è importante. Se soltanto un ragazzo, o una ragazza, su un milione di telespettatori, ascoltando “E lucevan le stelle” cantato da Grigolo in TV, si sono incuriositi verso l’opera sarà una piccola grande vittoria per il nostro settore. Io sono del 1994, e la mia generazione dal punto di vista musicale è quasi completamente ignara di cosa sia l’opera. Devo dire che invece le ultime generazioni sono invece più vicini al mondo della musica classica, grazie anche ai numerosi progetti che vengono proposti dai teatri e nelle scuole: penso ad As.Li.Co che è un po’ il capostipite di questa nuova spinta propedeutica verso la musica classica e lirica. Il crossover può essere assolutamente un mezzo…io non credo sarei capace di farlo perché non saprei usare la voce in quel modo. Ho fatto però un’esperienza, quella di “Amadeus Factory” che vede la musica classica mescolata al format del reality show.

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Lo scorso anno hai debuttato all’Arena di Verona…quali sono state le emozioni di quel palcoscenico e come ti ha aiutato la tua esperienza di bambina sul palco della Scala a gestire la tensione di quel debutto?
Già solo l’audizione che ho fatto nel bellissimo Teatro Filarmonico è stata una grande emozione, poiché cantare davanti ad un’artista di così grande spessore come Cecilia Gasdia è sempre molto emozionante e difficile. Quando mi è arrivata la notizia che avrei fatto Frasquita nella nuova produzione di “Carmen” in Arena sono stata felicissima. Frasquita nell’economia dell’opera di Bizet è un personaggio importante, che ha dei momenti musicali molto belli e ampi, in cui il pubblico può sentire bene la tua voce e in cui puoi esprimerti al meglio. Verona poi è bellissima, magica come la sua Arena. La prima prova che ho fatto in anfiteatro è stata travolgente…non capivo nulla…questo spazio immenso che si apre davanti a te e ti chiedi come farà la tua voce ad arrivare al pubblico. Inoltre, durante il giorno, riesci a vedere i confini di questo spazio, ma quando sono salita sul palco alla prima recita, con il buio, è stato un colpo al cuore. Certamente, quando si inizia a cantare fin da piccoli su palcoscenici importanti, come è successo a me alla Scala, si prende un po’ quella dimestichezza con il palcoscenico che rende tutto forse un po’ più naturale. Però l’emozione è sempre forte come la prima volta. Da bambini poi si è più incoscienti, mentre crescendo si acquista consapevolezza di quello che stai vivendo e della fiducia che è stata riposta in te. E’ importante dare la possibilità ai giovani di misurarsi con esperienze di questo tipo, è un grande esempio di lungimiranza, ma è anche una grande responsabilità, e lo è anche per coloro a cui vengono date queste opportunità, e quindi è importante sfruttarle al meglio. Tutti questi fattori, certamente, ti creano un po’ più di tensione, ma credo che il giorno in cui un artista non provi più emozione o ansia sul palcoscenico, dovrà cambiare mestiere.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Veniamo a Lauretta del “Gianni Schicchi”, un personaggio che ha l’aria più celebre di tutto il repertorio sopranile probabilmente: “O mio babbino caro”…
Lauretta è un ruolo che non sta molto in scena durante l’opera, ma la sua presenza, soprattutto musicale, si avverte per tutta l’opera. Insieme a Schicchi e a Rinuccio è il terzo personaggio protagonistico dell’opera di fatto. Ha quest’aria meravigliosa che è nell’immaginario comune ed è quindi molto attesa dal pubblico. Diciamo che questo ruolo ha poche carte da giocare e quindi bisogna giocarsele al meglio. Non è un ruolo che si sviluppa nella continuità. Qualche mese fa sono stata Zerlina in “Don Giovanni” sempre al Filarmonico e quello è un personaggio già diverso rispetto a Lauretta. Zerlina non è certo Donna Anna come importanza drammaturgica, ma è comunque un ruolo che ha un suo sviluppo all’interno della storia. Questo ti permette come cantante di prenderti più il tuo tempo, di prendere confidenza con il palcoscenico e il pubblico, nonostante Zerlina esordisce sulla scena quasi immediatamente con il duettino “Là ci darem la mano”. Lauretta entra in scena e canta praticamente subito la sua romanza. E’ un ruolo di grandissima soddisfazione e penso che tutti i soprani sognino di cantare una volta nella vita Lauretta. In questa occasione sono felice di avere anche due Gianni Schicchi fantastici, Alessandro Luongo e Federico Longhi…due papà bravissimi! Da loro posso imparare molto e spero di dare alla mia Lauretta un’impronta personale, dovuta anche alla mia giovinezza. Non sarà però una giovane ingenua…Lauretta è assolutamente consapevole dei suoi mezzi e sa toccare le giuste corde quando vuole convincere suo padre…

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

 

In questo è molto simile a Zerlina…
Sì, moltissimo. Lauretta e Zerlina sanno usare le parole e il potere femminile della seduzione, senza mai scadere nell’eccesso. Riescono ad ottenere quello che vogliono attraverso le loro parole, la loro voce e anche il loro corpo in qualche modo. Lauretta è autenticamente innamorata di Rinuccio, senza dubbi, mentre nel caso di Zerlina non si capisce se il suo amore per Masetto sia sincero fino in fondo. Quando Lauretta minaccia di buttarsi in Arno, possiamo pensare che forse avrebbe davvero il coraggio di fare un tale gesto per amore, anche se ovviamente Lauretta dicendolo al padre enfatizza il tutto. Però fare una Lauretta che finge e che non crede in quello che dice, ma lo fa esclusivamente per convincere il padre, è una lettura che non mi convince. Le figlie femmine con i padri hanno sempre un rapporto privilegiato e nel caso di Lauretta, questo si unisce al sentimento sincero d’amore che prova per Rinuccio.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Questo è anche il tuo primo ruolo pucciniano…
Sì, Puccini non è un autore che canto moltissimo poiché oltre a Lauretta l’unico personaggio che vocalmente mi appartiene è Musetta de “La Bohème”. Nel mio percorso penso che tra un po’ di anni ci sarà Mimì, un ruolo di grande lirismo che ben si sposa alla mia voce. Puccini come Verdi è un autore che sento di dover affrontare a piccole dosi. Nel mio presente c’è molto Mozart e molto Belcanto e sono felice di questo.

Qual è un ruolo che sogni in questo momento?
Sarei scontata a rispondere Violetta de “La Traviata” e anche Mimì. Un ruolo che oggi sarebbe nelle mie corde e che sogno moltissimo è Susanna ne “Le nozze di Figaro” perché è un ruolo in cui mi rispecchio profondamente in maniera personale e che ho avuto modo di cantare solo al termine dell’Opera Studio. Mi piacerebbe avere la possibilità di debuttarla da “professionista”. Susanna è un personaggio completo, sfaccettatissimo e sfumata come tutti i caratteri mozartiani. Musicalmente è poi la figura che muove tutti i fili della vicenda, forse anche più di Figaro, e poi ha dei momenti di puro incanto come “Deh vieni, non tardar”. Violetta è per un soprano la massima espressione di completezza artistica e attoriale e spero che arrivi al momento giusto.

B. Massaro

Ricordiamo i tuoi prossimi impegni…
Sarò al Festival di Glyndebourne in “Rinaldo” in una bellissima produzione in stile “Harry Potter” e sono molto felice di far parte di questa stupenda realtà estera e poi mi aspetta tanto studio e altri progetti di cui per ora non posso parlare.

Grazie a Barbara Massaro e In bocca al lupo! 

Francesco Lodola

 

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