Per la 700esima volta il suono dei violini nelle frasi liricissime in pianissimo nel preludio si espande tra le pietre dell’Arena di Verona: sono le note di Aida, l’opera su cui si fonda il mito dell’opera in questo luogo. E ancora una volta la magia si è ripetuta con poetico e passionale coinvolgimento del pubblico, anche negli aspetti più folcloristici (come l’applauso ritmato sulla marcia trionfale e l’ovazione sugli inchini dei cavalli sempre nel trionfo del II atto).

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Per l’occasione Aida tornava all’Arena di Verona nella sua veste più tradizionale, quella del 1913, la cui messinscena è in ogni occasione perfezionata e arricchita da Gianfranco De Bosio, il quale con energia infinita cerca ogni volta di più di riprendere fedelmente questo spettacolo al suo aspetto originario. Il disegno luci è il risultato anche del contributo degli albergatori veronesi, che hanno voluto generosamente contribuire alla ripresa di Aida 1913. Si tratterà pure di una produzione vetusta, come alcuni accusano, ma rimane comunque una produzione di bellezza storica, imponente, grandiosa seppur antiquata nella sua struttura. Però si rimane affascinati dall’entrare in questo mondo parallelo e suggestivo che ci trasporta in un’altra epoca e in un altro modo di fare teatro.

Sul podio ritrovavamo Francesco Ivan Ciampa che si conferma eccellente bacchetta, uno dei pochi in grado di brillare un podio così scomodo ed imponente, risolvendo con maestria anche qualche discrepanza tra buca e palcoscenico. La sua è un’Aida ricca di colori, di preziosismi strumentali e di filigranatura cromatica. Lodiamo sempre l’amore di Ciampa per il canto al quale è in grado di stendere un tappeto di suono mai sovrastante, ma sempre avvolgente.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Nei ruoli di fianco lodiamo il grande messaggero di Carlo Bosi (a sole 24 ore dal suo eccellente Gastone nella Traviata inaugurale) e la Sacerdotessa di Yao Bo Hui, una delle migliori degli ultimi anni.

Ritroviamo Romano Dal Zovo nei panni de Il Re cantato con eccellente vocalità di basso, timbrata e ieratica, che ci fanno domandare ancora una volta il perché non venga impiegato anche in ruoli più importanti.  Bene anche Dmitry Beloselskiy nei panni di Ramfis.

Amartuvshin Enkhbat è un Amonasro di bellissimo impatto vocale grazie ad un volume importante e ad una rotondità d’emissione che gli consente di dominare il grande concerto del finale II. Forse sarebbe necessario solo un po’ più di abbandono e grinta nelle grandi frasi liriche che pure sono presenti in questo personaggio e anche nei momenti più brucianti e drammatici.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Ci sono poche parole che possono descrivere la prestazione di Violeta Urmana, forse superba è l’aggettivo che meglio si adatta. La Urmana da grande artista qual è, veste i panni di una Amneris dalla presenza vocale e scenica soggiogante, magnetica, con una vocalità che ogni volta si fa più ricca di vibrazioni emotive nuove. La scena del giudizio è come una scarica elettrica, una cascata di amore infelice, rabbia e profonda disperazione.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Murat Karahan è un Radames fenomenale al suo debutto nel ruolo, tanto da far sembrare facile questo cimento tanta è la tranquillità con cui affronta gli ostacoli di cui è disseminata la partitura. Il tenore turco interpreta un uomo innamorato, eroico certamente, ma di un eroismo profondamente romantico. “Celeste Aida” è infatti una pagina intrisa d’amore poetico e Karahan la dipinge con i perfetti colori. Difficilmente dimenticheremo il tono intriso di malinconia con cui intona tutto il recitativo de “la fatal pietra”. In tutto questo non mancano anche gli acuti gloriosi, i fiati lunghissimi che ce lo rendono uno dei migliori Radames che abbiamo ascoltato negli ultimi anni.

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©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Anna Pirozzi è un’altrettanto intensa Aida, con una bella vocalità italiana salda su tutta la gamma, tanto nei fulminei acuti che nei bei pianissimi. Il fraseggio del soprano è accorto, capace di imponenti affondi drammatici che mettono in luce il lato più spiccatamente spinto del personaggio. E’ un’Aida sfuggente alla sottomissione, ma più statuaria e possente.

Magnifica la prestazione di Petra Conti nella coreografia di delicata femminilità di Susanna Egri, affiancata da Mick Zeni e Alessandro Macario. Accanto a loro il ballo dell’Arena di Verona coordinato da Gaetano Petrosino.

Al termine un grandissimo successo con i toni di quel trionfo che Aida in Arena suscita sempre.

Francesco Lodola

Verona, 22 giugno 2019

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