Il monumentale capo scultoreo dell’Arcangelo Michele, principe e comandante delle milizie celesti, giganteggia sul palcoscenico dell’Arena, divenendo oscuro e silenzioso testimone delle sanguinose vicende di Floria Tosca. Hugo de Ana concepisce il dramma di Puccini/Sardou come un thriller in cui gelosia, sesso e religione si intrecciano in un’atmosfera cupa e intrigante. Pochi sono gli elementi in scena, ma la vicenda acquista anche da piccoli simboli tutta la sua forza tragica. De Ana non trascura però la grandiosità del Te Deum, imponente negli straordinari e grandiosi apparati religiosi. La ripresa di questa occasione, pur se accurata, rimaneva però al di qua della concezione originale, non sottolineando a dovere alcuni meccanismi di interazione tra i personaggi, fondamentali nel disegno di de Ana.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Sul podio Daniel Oren dirigeva una Tosca ispirata, sia nei momenti più sontuosi e drammatici che in quelli più intimi e sensuali. La sua direzione trovava poi il suo momento esaltante nel grande affresco che apre il III atto, in cui l’atmosfera bucolica e pastorale dell’alba romana, con le sue campane, si confonde con il sentimento di attesa di Mario, che vede attraverso i suoi occhi passare tutta la vita davanti. Oren tutto questo ce lo ha fatto sentire in maniera struggente, con una cura delle dinamiche da grande alchimista, e in questo era sorretto da un’orchestra dell’Arena di Verona in grande spolvero. Meraviglioso il coro diretto da Vito Lombardi, anche luttuosa e inquietante presenza teatrale nel Te Deum. Benissimo il coro di voci bianche A.Li.Ve diretto da Paolo Facincani.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Sonoro, limpido, impeccabile il pastorello di Enrico Ommassini. Bene il carceriere di Stefano Rinaldi Milani così come lo Sciarrone di Nicolò Ceriani e l’Angelotti di Krzysztof Baczyk. Eccellente lo Spoletta preciso e tagliente di Roberto Covatta.
Biagio Pizzuti disegnava un Sagrestano dalla bella voce e dalla elegante linea vocale, facendo bene attenzione ad essere cinico senza cadere nel caricaturale.
Monumentale nella figura, nel gesto e nella voce lo Scarpia di Ambrogio Maestri, il quale mette in luce la nobiltà del personaggio, ma anche il potere che egli declina in maniera perversa ed affascinante. Maestri dà il giusto peso ad ogni parola, sbalzandone il senso nascosto come d’altronde farebbe un uomo colto qual è Scarpia.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Fabio Sartori porta in dote a Cavaradossi la sua eleganza di cantante cresciuto nel Belcanto e in Verdi. La sua vocalità di tenore all’italiana si accende nel raffinato accento sfumato e in un canto d’antica scuola. In “E lucevan le stelle” mette in evidenza una sincerità espressiva che gli fa guadagnare numerose acclamazioni e richieste di bis accolte e soddisfatte.

©️Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona

Saioa Hernández debuttava all’Arena con questa Tosca e convinceva i presenti grazie ad una vocalità indubbiamente importante e ad una interpretazione ben curata. Attrice energica e pugnace, aveva modo di emergere in particolare nei momenti più roventi, mettendo in luce un settore acuto di ottimo spessore e una voce di petto molto espressiva.
Al termine un grandissimo successo.

Francesco Lodola

Verona, 10 agosto 2019

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