Una incantevole Mariella Devia e un eccellente Giulio Zappa al pianoforte regalano al pubblico di Parma un programma variegato tra le pagine del Romanticismo Italiano e non.

Tra i concerti che costellano l’edizione 2019 del Festival Verdi un posto centrale è ricoperto senza dubbio alcuno da quello di Mariella Devia e Giulio Zappa, stella della lirica mondiale ormai entrata nella Storia l’una e pianista affermato dalle indiscutibili e riconosciute qualità l’altro.
La serata appare di particolare interesse oltre che per il valore dei suoi protagonisti, per il programma che vede una selezione Verdiana ma non solo, interamente incentrata sul Romanticismo, nelle sue più svariate e diverse forme, modalità, interpretazioni.

©️Roberto Ricci

Di straordinario interesse sono i primi tre brani, di Franz Liszt, i Sonetti del Petrarca S 270 “Pace non trovo”, “Benedetto sia ‘l giorno” e “I’ vidi in terra”, dei veri e propri Lied di carattere descrittivo, in cui sin da subito si apprezzano nella cantante la raffinatezza del canto, l’emissione variegata, la ricchezza di dinamiche e un invidiabile sostegno, la chiave di tutto.
E’ poi il momento di due godibilissime Mazurke in do maggiore e la minore di Fryderyk Chopin con cui il pianista Giulio Zappa ha l’occasione di dare prova del pianista eccellente che è, prima di riunirsi nuovamente con un’intesa a dir poco perfetta con Devia nella cavatina “Sempre all’alba e alla sera” da Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi. La splendida pagina musicale ci consente così di ammirare il mirabile fraseggio della cantante, i cui splendidi legati e le rigogliose agilità sembrano sospendere e cullare il canto nell’aria.
L’incanto non è certo destinato a concludersi quando si giunge alle melodie sublimate della cavatina “Oh, nube, che lieve…” e dalla più arrembante cabaletta “Nella pace del mesto riposo” da Maria Stuarda, opera di Gaetano Donizetti che rientra nel repertorio prediletto della carriera belcantista di Mariella Devia. Anche qui il rigoroso e meticoloso uso del fiato di chi fa della solidità tecnica la propria arma vincente, permette di calarsi appieno nella struggente nostalgia che caratterizza il brano.

©️Roberto Ricci

Verdi torna protagonista con la scena e rondò “O madre, dal cielo… Se vano è il pregare” da I Lombardi alla prima Crociata, in cui ancora una volta l’appoggio, il sostegno, un fiato dosato con assoluta maestria e una proiezione del suono impeccabile sono gli ingredienti per una performance emozionante.
Ancora Verdi, ma un Verdi maturo, poiché di Falstaff si tratta, per la precisione “Sul fil d’un soffio etesio”, per poi convergere su quella che possiamo considerare la perla dell’intero concerto: la scena e cavatina “Né sulla terra… Vola talor dal carcere…” dall’opera Il Corsaro, dove la morbidezza del legato e delle agilità e la grazia del suono e delle sfumature regalano momenti paradisiaci.

©️Roberto Ricci

Di nuovo una pagina per pianoforte solo, con Giulio Zappa che si cimenta nell’Arabeske in do maggiore di Robert Schumann, composizione dai molteplici caratteri, una splendida pagina di Romanticismo contemporanea temporalmente all’esordio operistico di Verdi.
Lo stesso Verdi che avvia a conclusione questo meraviglioso concerto con l’aria e cabaletta de I masnadieri “Tu del mio Carlo al seno… Carlo vive?”, risolti con le analoghe qualità da una interprete che sa fare anche dell’esperienza il motore di una ricerca raffinata e pregevole di abbellimenti nelle riprese.
Si può forse pensare che tutto possa finire senza che la acclamata Regina Mariella regali un bis? Ovviamente no, anche perché gli applausi e le ovazioni di un pubblico non straripante per quantità ma entusiasta non consentono vie di fuga. E’ presto fatto, ma di un solo bis si tratta perché, e solamente ora lo si scopre, Devia soffre un fastidioso raffreddore, tanto percepibile nell’annuncio parlato quanto invece incredibilmente introvabile nel canto, così morbido, facile, agile, puro nel suono e corposo nel volume. Si approda così a Giacomo Puccini e alla sua Rondine: “Chi il bel sogno di Doretta”. E parafrasando viene proprio da cantare “Ah creatura! Dolce incanto!”…Grazie Mariella.

Grigorij Filippo Calcagno

Parma, 9 ottobre 2019

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