Nel piccolo tempio verdiano di Busseto torna in scena il geniale allestimento di Aida firmato Franco Zeffirelli con un cast giovane e complessivamente valido.

Quando in occasione del Centenario della scomparsa di Giuseppe Verdi la Fondazione Toscanini commissionò a Franco Zeffirelli la produzione di un’Opera in quella deliziosa e minuscola bomboniera che è il Teatro “Verdi” di Busseto, nessuno immaginava che la scelta sarebbe ricaduta su Aida, titolo che più di ogni altro rimanda tradizionalmente la mente a grandiose e spettacolari scenografie, stracolme di sfarzo e cornice per palchi stracolmi di masse umane (e talvolta animali!). Insomma, lo stesso Zeffirelli ci aveva sempre abituati a memorabili e maestose scene trionfali, tanto accurate nei dettagli quanto imponenti nel complesso, cosa possibile però solamente in spazi estesi come quelli dei palcoscenici di grandi teatri e arene, non certo a Busseto.

©️Roberto Ricci

Fu invece proprio in quest’occasione, nel 2001, che il compianto regista decise di cogliere la sfida e di trasformarla in opportunità: era giunto finalmente il momento di rappresentare Aida per ciò che realmente è: un Grand-Opera all’Italiana, una vicenda sì contestualizzata storicamente e geograficamente in un sfondo “grandioso”, ma di per sé privata, profondamente intima e piccola. Le esigue misure del palco, la vicinanza con il pubblico, la necessaria riduzione di organico di orchestra e coro erano tutti elementi determinanti a ricostruire una dimensione umana di quest’Opera, che rivela la propria grandezza proprio nel suo essere, per una volta, “piccola”.
A 18 anni di distanza da quel felice debutto, il Festival Verdi 2019 decide, anche in ricordo e omaggio al M° Zeffirelli, nel frattempo scomparso, di riportare in auge la cosiddetta “Aidina” e lo fa affidandone la ripresa al regista Stefano Trespidi. Non è mai facile inserire il proprio lavoro su quello degli altri, lo è ancora meno quando lo si fa su quello di un mostro sacro, è sfida da temerari quando si è condizionati da una scena e una sala anguste, in cui ogni movimento, espressione, gesto viene visto come sotto una lente di ingrandimento e necessita della massima cura. Trespidi riesce positivamente nell’operazione, pur con risultati alterni dovuti alle differenti capacità dei singoli interpreti. Lo fa avvalendosi del contributo oltre che delle meravigliose scene di Zeffirelli, dei costumi di Anna Anni (ripresi da Lorena Marin), dalle luci di Fiammetta Baldisserri e dalle coreografie di Luc Bouy.

©️Roberto Ricci

La parte musicale è affidata alla guida attenta e precisa di Michelangelo Mazza, che riesce nell’impresa di non “fare baccano” nella saletta del “Verdi” e trova i giusti equilibri tra una ottima Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, il Coro del Comunale di Bologna (preparato da Alberto Malazzi) e le voci.
I solisti, pressoché tutti giovani emergenti, compongono un cast complessivamente valido.
Nel ruolo della protagonista, Aida, canta Burcin Savigne in luogo della indisposta Natalie Aroyan. La cantante, il cui costume non aiuta a valorizzarne la figura, appare inizialmente non troppo a proprio agio sulla scena, forse abituata a spazi più ampi ma il personaggio acquisisce maggiore credibilità nel corso dell’Opera. Vocalmente è dotata di uno strumento di notevole volume e corpo nonostante qualche disomogeneità nel registro grave. Dalla sua ha altresì una buona dizione e un discreto fraseggio.
Più convincente dal punto di vista attoriale e del coinvolgimento nel personaggio ma decisamente meno sul versante musicale è Daria Chernii, Amneris. L’interprete ha buona voce e temperamento invidiabile, nonostante sia da migliorare la pronuncia.

©️Roberto Ricci

Bumjoo Lee irrompe sulla scena sin dal principio dimostrando sicurezza e solidità tecnica. Il suo Radames è aitante e spavaldo ma capace anche di raccoglimento e sensibilità. Se in “Celeste Aida” qualche sfumatura in più sarebbe richiesta, nel resto della performance il giovane tenore fa emergere varietà d’accenti e buona padronanza dei propri mezzi, anche nell’uso del fiato.

©️Roberto Ricci

Andrea Borghini è un baritono dal timbro abbastanza chiaro, che acquisisce maggiore corpo e volume “strada facendo”, dotato di buona musicalità e assolutamente credibile in scena.
Completano il cast un ottimo Ramfis, Dongho Kim, tra i più solidi e completi artisti dell’intero cast, Renzo Ran, corretto nel ruolo del Re, e i due allievi dell’Accademia Verdiana Manuel Rodriguez (un messaggero) e Chiara Mogini (una sacerdotessa).
Lo spettacolo, accolto da calorosi applausi da parte di un pubblico in gran parte proveniente dall’estero, chiude il Festival Verdi 2019, un’edizione di cui primi dati paiono confermare il meritato successo e la dimensione sempre più internazionale della rassegna.

Grigorij Filippo Calcagno

Busseto, 20 ottobre 2019

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