“Fuoco di gioia” è un canto d’amore che “guizza” e “sfavilla”, ed è l’amore melomaniaco nelle sue forme più folli ed estroverse. Questo è il fil rouge del secondo concerto della rassegna “Viaggio in Italia nel tempo e negli stili” al Teatro Filarmonico di Verona: i grandi cori dell’Opera da Bellini e Rossini fino a Verdi, Faccio e Boito.
Grande protagonista della serata era naturalmente il Coro dell’Arena di Verona diretto per l’occasione da Matteo Valbusa, il quale riusciva a rendere perfettamente tutte le escursioni dinamiche, raggiungendo insieme alla compagine corale un risultato di alto livello espressivo, oltre che una dimostrazione della piena conoscenza dei diversi stili affrontati.

Nel florilegio di pagine scelte emergevano i cori da “Cavalleria Rusticana” e “Pagliacci” (opere che inaugureranno la stagione areniana 2020), ma ancora più curiosità destava l’Orgia da “Amleto” del compositore veronese Franco Faccio, rarità che sarà in cartellone al Filarmonico nella Primavera 2020: pagina di grande impatto come tutta quest’opera che non vediamo l’ora di vedere finalmente su un palcoscenico italiano. Altra perla della serata La notte del Sabbà dal Mefistofele, altro titolo che speriamo di rivedere presto a Verona dopo la dolorosa cancellazione della scorsa stagione.

Il concerto aveva anche il pregio di mettere in luce l’eccellenza del coro areniano, impegnando alcuni dei suoi membri in pagine solistiche: è il caso di Antonella D’Amico, meravigliosa Santuzza per intensità espressiva nell’Inneggiamo, Manuela Schenale come delicata Leonora nella celebre Vergine degli angeli e Alessandra Andreetti, Preziosilla piena di verve e liricissima Musa nell’Apoteosi finale da “Le contes d’Hoffmann”.
Al pianoforte riluceva il senso teatrale del Maestro Patrizia Quarta.
Presentava la serata con la sapienza e l’ironia che gli è propria Davide da Como.
Al termine un caloroso successo da un teatro tuttavia non esattamente pieno.
Francesco Lodola
Verona, 25 ottobre 2019