Torna dopo un’assenza di quasi quattro anni il capolavoro verista per eccellenza del genio di Lucca: Tosca. L’opera, dall’intreccio tra i più avvincenti e intrisi di azione, viene presentata al pubblico torinese con un nuovo allestimento proveniente dal Teatro Massimo di Palermo e firmato dal regista argentino Mario Pontiggia, il quale ricrea, assieme alle scene ed ai costumi di Francesco Zito, una Tosca d’assoluta fedeltà al libretto, autentica e dettagliata, dalla cupola di Sant’Andrea vista in prospettiva come fondale nel primo atto, in cui non passava inosservata la presenza di una Maddalena particolarmente spoglia, agli eleganti saloni luoghi di torture ed intrighi politici di Palazzo Farnese nel secondo atto, alla più semplice terrazza di Castel Sant’Angelo del terzo atto, priva della consueta statua dell’Arcangelo Gabriele.

Interessanti alcune trovate registiche come l’irruzione di alcuni bonapartisti durante il Te Deum, o l’ingresso in scena nel secondo atto di un boia moro insaguinato, che dopo aver torturato il pittor Cavaradossi terrorizza con la sola presenza Tosca, o ancora i costumi dei due amanti nel primo atto, unici punti di luce in mezzo alla cupezza degli altri personaggi, come a presagire le catastrofiche vicende che avverrano da lì a poco.
Dal punto di vista musicale, iniziando dall’Orchestra del Regio in ottima forma, emerge la maestria del Maestro Daniel Oren nel dare un’impronta personale ad una partitura che rischia altrimenti di essere routinaria vista la frequenza con la quale viene rappresentata in ogni teatro del mondo; si apprezza la drammaticità e la tensione che riesce a far trasparire, senza però cadere in inutili eccessi, eccezion fatta per un paio di punti in cui la mole di suono dell’orchestra poteva forse essere meglio gestita in favore di una miglior resa dei solisti sul palcoscenico. Ottimo come sempre il Coro del Regio ed il Coro di voci bianche del Regio e del Conservatorio torinese, magistralmente istruiti rispettivamente da Andrea Secchi e Claudio Fenoglio.

Anna Pirozzi, affezionata presenza nella città sabauda, torna a vestire i panni della diva romana con una maturità artistica che le consente una perfomance completa sia scenicamente, sia vocalmente; in lei emerge perfettamente il quadro della donna – primadonna bigotta e infantilmente capricciosa, ma allo stesso tempo eroina decisa e tenace. Vocalmente la voce è di una rara bellezza, dal timbro pieno e sonante, assolutamente riconoscibile, sicuro e corposo negli acuti e nei mezzi, ma che necessiterebbe forse di maggior corpo nelle note gravi; commovente il “Vissi d’arte, vissi d’amore”: la resa della celebre aria è magistrale e dunque giustamente salutata da lunghi applausi al termine.

Marcelo Álvarez è il celebre tenore scelto per interpretare il Cavalier Cavaradossi; l’artista argentino ha alle spalle una lunga carriera ed un repertorio indubbiamente pesante, ne consegue, comprensibilmente, che la voce non conservi più la freschezza d’un tempo ed a tratti si percepisca un leggero affaticamento ed una mancanza di legato nel tentativo di raggiungere gli acuti con maggiore energia, comunque sempre intonati e squillanti. Dal punto di vista scenico, il Cavaradossi di Álvarez è a tratti esagerato nel primo atto, ma perfettamente centrato nel secondo e terzo atto. Particolare nota di merito per la resa di “E lucevan le stelle” che ha travolto il pubblico come testimoniato dai travolgenti applausi.
Il terribile Scarpia viene interpretato da Gevorg Hakobyan; il baritono armeno è pienamente convincente dal punto di vista scenico: viscido ed autoritario al punto giusto; vocalmente il timbro scuro contribuisce alla cupezza del personaggio, ma il volume è talvolta insufficiente a superare il muro proveninete dal golfo mistico.
Completo e coinvolgente il sagrestano del baritono Roberto Abbondanza e convincenti tutti gli altri comprimari, cominciando con lo Spoletta del tenore Bruno Lazzaretti, proseguendo con l’Angelotti del basso Romano Dal Zovo, con lo Sciarrone del baritono Gabriel Alexander Wernick, col carceriere del basso Enrico Bava e concludendo col pastorello della bella voce bianca di Viola Contartese.
Alla fine della recita lunghi applausi per tutti gli artisti dopo una Tosca semplicemente bella per occhi ed orecchie.
Stefano Gazzera
Torino, 27 ottobre 2019